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New York Times: “Paese delle contraddizioni: piacevolissimo ma arretrato di 30 anni”

Creato il 18 maggio 2015 da Vesuviolive

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L’editorialista del New York Times, Roger Cohen, dopo essere stato allExpo, racconta del suo viaggio in una Milano rimasta indietro di trent’anni. Il giornalista, infatti, più di trent’anni fa è vissuto per un periodo nel nostro paese, e secondo lui da allora poco è cambiato.

Choen parla soprattutto dell’efficienza che, secondo l’editorialista è una delle cose che l’Italia non ha imparato dalla modernità”.

L’articolo apparso sul New York Times inizia, infatti, con una serie di racconti, tra le navette che portano all’aeroporto di Linate che non sono mai cambiate, bancomat rotti, il banco informazioni dell’aeroporto deserto e i Black Block che sfasciano la città e picchiano i poliziotti. Insomma uno scenario veramente desolante.

Ma non mancano nemmeno gli elogi. Secondo Choen infatti “ci sono ancora sorrisi innocenti in Italia, qualcosa che si può chiamare umiltà. Qualcosa che non ti insegnano nei corsi di marketing. Si torna in Italia per le sue bellezze certo, ma anche per un rifugio dal ritmo senza scampo che ci schiaccia altrove”. Un’Italia, quindi, divisa tra inefficienze e debolezze umane, fatta di posti dove poter trascorrere il proprio tempo nell’ozio. Un paese quasi invivibile da un punto di vista lavorativo, ma piacevolissimo da godere. Un pese fatto di sole curve, ma è in questo difficile esercizio di equilibrio che si affina l’arte tutta italiana di arrangiarsi.

Il pensiero dell’editorialista ricorda un po’ quello di Platone nella sua lettera VII, quando il filosofo descriveva l‘Italia e soprattutto gli italiani e le impressioni avute durante il suo primo viaggio in Sicilia, a Siracusa. “Una volta arrivato, non mi piacque affatto la cosiddetta dolce vita, fatta tutta di banchetti italioti e siracusani, di una esistenza passata a riempirsi due volte al giorno, mai soli la notte, […] i cui cittadini si credono in dovere di dilapidare ogni sostanza in spese pazze, e stimando quasi un obbligo l’ozio, interrotto solamente da banchetti, libagioni e piaceri d’amore.


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