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New York/ Trade World Center, 10 anni dopo.

Creato il 10 settembre 2011 da Antonio Conte

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New York, 11 settembre 2001 – 2 Boeing 767, 10 anni fa, abbattevano le due torri gemelle del Trade World Center, passato il dolore gli americani sentirono il dovere di fare qualcosa, di reagire. Ma il vuoto lasciato da quelle torri è incolmabile anche dopo 10 anni, migliaia di persone sono letteralmente scomparse, consapevolmente. Esse sapevano cosa stava accadendo, erano consapevoli che le torri stessero, come implose, cadendo su se stesse, verticalmente, altre persone si stimano da 50 a 200, si sono buttati nel vuoto, alcune tenendosi per mano, da centinaia di metri, l’altezza delle torri, infatti era di 415 mt.

L’immagine delle Torri rimane nelle nostre menti, fortemente impressa, come icone. Un altissimo valore simbolico che spiega la ragione della potente e protratta reazione americana. Un dolore immane, con un’onda emotiva lunga, che ancora si espande, una cicatrice visibile, inferta alla faccia stessa della terra.

Quelle torri, con la loro forma geometrica perfetta, rigorosa e netta, spiegano lo slancio economico americano, come nessuna altra costruzione poteva fare, ed era questo il vero obiettivo dell’attacco all’America. Quelle torri, come istogrammi di un rapporto finanziario, simboleggiano il fatturato alto e egemonia economica dell’industria degli Stati Uniti nel mondo. Erano l’incarnazione simbolica del “Sogno Americano” realizzato, uno status inequivocabile, indiscutibile, visibile, non obiettabile, non ambiguo.

La certezza che l’America ‘era’ il mondo stesso, e questo mondo si rispecchiava in essa, quale modello economico finanziario, dal carattere di monopolista.

Le Torri del Trade World Center pertanto erano li come in una sfida, nate per essere abbattute, create per essere contestate. E, la contestazione ci è stata l’11 settembre 2001, una contestazione che ha negato il linguaggio stesso della sfida, non una torre ancora più alta, ne una più grossa e neanche una più bella. Niente di tutto questo. Nulla poteva davvero contestare l’egemonia Americana se non l’azzeramento stesso di quell’istogramma, la sua cancellazione. In che modo? Così come quando i dati in tabella si azzerano e l’istogramma si appiattisce. Quello svuotamento numerico dei dati che restituisce non gia un ‘pilastrino’ del grafico economico, ma, niente più che una linea piatta. Ecco la vera, dura, terribile ed insindacabile contestazione all’idea a quell’idea del “Sogno Americano” realizzato.

Una contestazione sullo stesso piano, ma contraria per registro linguistico, per l’iconografia utilizzata, aulica e potente, ed al tempo stesso sicura: l’uso di un altro simbolo economico come gli aerei di linea, dirottati, 2 boeing 767, uno per torre. L’effetto? Hanno azzerato le altezze delle torri riducendole a cumuli di macerie, in pochi minuti. Un terzo aereo è finito nel fianco dell’edificio del Pentagono. Il dirottamento, anche questo simbolo di qualcosa? Della corruzione forse, insita nel capitalismo? Chissà?!

Ma le torri rimangono il segno indelebile della diatriba economica e culturale del mercato mondiale, e tale evidente significato simbolico è tenacemente sancito proprio dalla loro scomparsa. Solo questa le ha elette a portatrici di significato. Precedentemente se ne stavano li beate quasi indifferenti nello skyline di New York, a simboleggiare unicamente la potenza, ma forse anche l’arrivismo economico di un noto magnate.

10 anni fa, quindi l’ America e il mondo occidentale capiva che era imponente di fronte ad una nuova minaccia, quella terroristica. Quell’ingenuità di credere in una vita spensierata e veramente libera, vissuta tra prati, barbecue, passeggiate solari e partite di baseball o correre nei parchi, tutte cose che appartenevano a quel sogno perbenista americano era svanito per sempre.

Ad Obama, ancora nove anni dopo, non rimase che pronunciare parole dettate da un dolore mai rimosso: “Siamo riuniti per celebrare l’ unità del paese in un giorno di ricordo e riflessione. Dobbiamo onorare il ricordo dei nostri cari rinnovando il senso di comunità e unione del paese, non dobbiamo dividerci”.

Antonio Conte

Riferimenti: per elaborare l’articolo sono state usate ancore idee suggerite dalla lettura di un articolo di Jean Baudrillard.


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