Nato il Liguria nel 1993, oggi professionista nella Lampre, Bonifazio è stato il 21enne che in assoluto ha vinto più corse (cinque) nel 2014, nonostante un’altro ciclista – il danese Cort Nielsen – ne abbia vinte di più, ma includendo anche gare con mezza stagione disputata ancora come Under 23. In un’articolo di Ciro Scognamiglio sulla Gazzetta, vengono riportate le parole con cui il ragazzo al tempo si presentò tra i prò, speranzoso di diventare “un bravo ciclista”. Fino a qui siamo al pensiero che accomuna tutti i ciclisti più giovani. C’è altro che dovrebbe far piacere alla maggior parte degli appassionati. Maggior parte, perché ce ne sono anche molti che se ne fregano totalmente se uno si ficca in vena chissà cosa, basta che questo ‘uno’ dia spettacolo anche dopo 200 chilometri riuscendo a sparare 50 scatti in 2 chilometri lungo una salita. Nell’intervista sopraccitata riguardante Niccolò Bonifazio, vi sono altre poche parole dello stesso che aprono uno spiraglio di luce riguardo alla testa dei ‘ragazzini’ del gruppo; “…non ho idoli. Quelli che avevo si sono rivelati tutti falsi”. Ecco, non è dato sapere come andrà la carriera di Bonifazio e quindi quali saranno i suoi risultati sportivi. Quello che è augurabile è che vi siano in arrivo, o vi siano già, altri Bonifazio in giro e dentro il plotone. Per far capire a quelle persone che vengono presentate come appartenenti alla “grande famiglia del ciclismo” (che avendo un cuore grande tutti ama e quindi tutti protegge, anche troppo), che le favole potevi raccontarle quando c’era un solo canale televisivo, l’Italia era mezza analfabeta e un giorno a settimana la gente andava al bar per guardare Lascia o Raddoppia. «Quando hai mangiato tutta la merda che abbiamo mangiato noi corridori negli anni Novanta, fai di tutto per non farla mangiare ai tuoi ragazzi» disse tempo addietro Luca Scinto, oggi DS auto-dimessosi, esausto di magagne continue, per colpe anche sue, che spuntavano dalle sue ultime squadre. Con buona pace di Princess Alexandra in the Fabulous Wonderland e i suoi tentativi di raccontarla come conviene per difendere il movimento della “grande famiglia”.
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Nato il Liguria nel 1993, oggi professionista nella Lampre, Bonifazio è stato il 21enne che in assoluto ha vinto più corse (cinque) nel 2014, nonostante un’altro ciclista – il danese Cort Nielsen – ne abbia vinte di più, ma includendo anche gare con mezza stagione disputata ancora come Under 23. In un’articolo di Ciro Scognamiglio sulla Gazzetta, vengono riportate le parole con cui il ragazzo al tempo si presentò tra i prò, speranzoso di diventare “un bravo ciclista”. Fino a qui siamo al pensiero che accomuna tutti i ciclisti più giovani. C’è altro che dovrebbe far piacere alla maggior parte degli appassionati. Maggior parte, perché ce ne sono anche molti che se ne fregano totalmente se uno si ficca in vena chissà cosa, basta che questo ‘uno’ dia spettacolo anche dopo 200 chilometri riuscendo a sparare 50 scatti in 2 chilometri lungo una salita. Nell’intervista sopraccitata riguardante Niccolò Bonifazio, vi sono altre poche parole dello stesso che aprono uno spiraglio di luce riguardo alla testa dei ‘ragazzini’ del gruppo; “…non ho idoli. Quelli che avevo si sono rivelati tutti falsi”. Ecco, non è dato sapere come andrà la carriera di Bonifazio e quindi quali saranno i suoi risultati sportivi. Quello che è augurabile è che vi siano in arrivo, o vi siano già, altri Bonifazio in giro e dentro il plotone. Per far capire a quelle persone che vengono presentate come appartenenti alla “grande famiglia del ciclismo” (che avendo un cuore grande tutti ama e quindi tutti protegge, anche troppo), che le favole potevi raccontarle quando c’era un solo canale televisivo, l’Italia era mezza analfabeta e un giorno a settimana la gente andava al bar per guardare Lascia o Raddoppia. «Quando hai mangiato tutta la merda che abbiamo mangiato noi corridori negli anni Novanta, fai di tutto per non farla mangiare ai tuoi ragazzi» disse tempo addietro Luca Scinto, oggi DS auto-dimessosi, esausto di magagne continue, per colpe anche sue, che spuntavano dalle sue ultime squadre. Con buona pace di Princess Alexandra in the Fabulous Wonderland e i suoi tentativi di raccontarla come conviene per difendere il movimento della “grande famiglia”.
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