Fago, dopo mesi spesi alla ricerca di accordi per salvare il giornale, ha lanciato lo stesso giorno dell’assemblea il suo j’accuse: “Risale, ormai, ad un anno e mezzo fa il mio ingresso nel capitale della Nie, prima come semplice azionista-sostenitore per evitare l’imminente chiusura, poi, a seguito di continue emergenze finanziarie, come socio di maggioranza. In tutto questo tempo, nonostante i diversi progetti ipotizzati e messi in campo, ho assistito al progressivo defilarsi degli altri attori e soci di questa impresa. Mi sono ritrovato, così, da solo, a sobbarcarmi di responsabilità finanziarie e anche politiche che, ad oggi, non sono più sostenibili. Lo stato patrimoniale, finanziario e gestionale del giornale era ed è molto grave”.
Fago ce l’ha con gli altri azionisti tra cui compare Renato Soru, ex governatore della Sardegna per il Pd, già editore de l’Unità e oggi sceso al 14% circa della Nie, ma ce l’ha direttamente anche con il Partito democratico di Matteo Renzi, chiamato in causa pure dalla redazione alle prese con stipendi in sospeso o versati in ritardo. A Fago non è andata meglio con i soci che sono entrati per ultimi nella Nie, come la Partecipazioni editoriali integrate (al 14%) della ex senatrice di Forza Italia Maria Claudia Ioannucci. Il suo arrivo ha sollevato la protesta dei giornalisti del giornale di centrosinistra, portandoli allo sciopero. Restavano due strade tra cui scegliere, secondo lo stesso azionista di maggioranza: “Fallimento della società e conseguente chiusura de l’Unità oppure cercare una soluzione finanziaria e organizzativa che permetta al giornale di continuare a esistere per non disperdere un patrimonio culturale, politico e sociale che da novant’anni presidia gli interessi e i valori dei lavoratori e delle classi meno agiate”.
Optando per l’ipotesi della newco, che è la seconda, nella cordata è finito anche Mian che di recente si è però scontrato con la Nie per avere indietro 4 milioni di euro prestati negli ultimi anni. Di soldi infatti non ce ne sono molti in azienda, e solo da inizio 2013 fino a fine luglio scorso, secondo gli ultimi dati disponibili, le perdite hanno superato i due milioni di euro. Perdite che si sommano a quelle 2012 di 4,6 milioni di euro, a quelle 2011 di 4,3 milioni e ai 1,6 milioni del 2010. Mentre sono stati nominati i due liquidatori della Nie (Emanuele D’Innella, titolare dell’omonimo studio romano che si occupa di consulenza societaria, e Franco Carlo Papa, partner del gruppo di consulenti Dgpa e membro del cda della società immobiliare Risanamento), Fago vuole riportare “l’Unità ad essere il punto di riferimento politico e culturale della sinistra italiana”.
“Inaudito, inaccettabile, da padroni delle ferriere”, così reputa la redazione il comportamento dell’editore che non ha avvisato i dipendenti della messa in liquidazione. “Mancano certezze sulla continuità delle pubblicazioni” così come sul fatto che non ci saranno esuberi nel passaggio della testata da una società all’altra.“Per questo lo sciopero delle firme prosegue”, hanno concluso i giornalisti, “ed è convocata per venerdì 13 un’assemblea straordinaria per decidere nuove iniziative di lotta”.
Daniela Santanchè proprietaria de l’Unità? Per qualcuno dei lettori ed elettori storici è un’apocalisse, ma i rumors ci sono. Per Dagospia e Huffington Post è una delle ipotesi di salvataggio del giornale che ormai ha un mese di vita e, a meno di colpi di scena, sarà costretto a chiudere.
Da Antonio Gramsci a Forza Italia: incredibile ma verosimile. Il contatto, secondo quanto è stato ricostruito, sarebbe avvenuto in mattinata, ma per ora il suo desiderio non è stato esaudito: i conti del giornale non li ha ancora visti. Il cdr prepara la resistenza; in una nota del comitato interno di redazione si legge: “In merito alle indiscrezioni riguardanti un’offerta di Daniela Santanchè per rilevare l’Unità. Il Cdr del giornale informa che si tratta di un’ipotesi che non avrà alcun futuro. Da quanto ci dicono i liquidatori, la sola idea che questa testata possa andare a finire nelle mani di una esponente di Forza Italia è incompatibile con la storia del giornale e quindi con la sua valorizzazione”. Intanto i giornalisti dell’Unità hanno inviato un video-appello al presidente del Consiglio: “Matteo non abbandonarci”.