In altri tempi si sarebbe potuto parlare, a ragion veduta, di un risultato eclatante, di un vero e proprio strike del centrosinistra, in questa tornata di elezioni amministrative. Nonostante gli ultimi mesi di apoteosi del tafazzismo, i progressisti conquistano la pole position, in alcuni casi direttamente la vittoria, praticamente in tutti i comuni interessati. Di contro, gli antagonisti sono costretti a una brusca frenata.
Il centrodestra viene umiliato a Roma e nel Nord-est, dove, a Vicenza e a Treviso, pezzi grossi dei padroni di casa leghisti, come Dal Lago e Gentilini, vengono letteralmente doppiati dai candidati del centrosinistra, nel capoluogo Berico con elezione al primo turno. Il Movimento5stelle brucia, in un colpo solo, tutto il voto di opinione che era stato capace di raccogliere a febbraio, ottenendo di fatto una sonora bocciatura della strategia messa in campo nella corrente legislatura. A Siena, il fiasco è totale, visto il contesto turbato dallo scandalo Mps e la sostanziale tenuta, rispetto al resto del centro-nord, dell’affluenza.
Non c’è comunque da cantar vittoria, per il centrosinistra, non solo perchè la tendenza emersa dovrà essere confermata, o parzialmente rovesciata, dai ballottaggi. Il punto critico è la frammentazione della coalizione. Il centrosinistra vince con candidati diversissimi fra loro, appartenenti a tradizioni che finora hanno dimostrato di non essere in grado di avere un dialogo interno franco, tantomeno di fare squadra. La pluralità è una ricchezza, ma se non è indirizzata da una linea generale chiara, rischia di sfociare nell’anarchismo.