Niente La7 per Santoro. Cerchiamo di capire perché
Creato il 01 luglio 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Che papà Silvio si fosse mosso lo si era capito alla presentazione dei palinsesti Mediaset 2011/2012. Piersilvio era stato chiaro e sibillino al tempo stesso: “La7? Non ci preoccupa”. Tempo tre giorni e, con una nota tanto ufficiale quanto sospetta, l’editore di quello che avrebbe dovuto essere il terzo polo televisivo annuncia la rottura della trattativa con Michele Santoro per portare Annozero sulla tv della Telecom. Ripercorriamo brevemente la vicenda. Giovanni Stella, amministratore delegato di Telecom Italia Media, appresa la notizia della risoluzione consensuale del contratto fra Santoro e la Rai, avvia immediatamente i contatti per assumere il conduttore transfuga a La7. La cosa sembra fatta, tanto che un giustamente soddisfatto Enrico Mentana da la notizia del quasi concluso acquisto nel corso del suo Tg. Gli effetti della notizia investono la Borsa e il titolo TIM schizza alle stelle aumentando in un amen il valore delle azioni di oltre 20 milioni di euro così, senza colpo ferire. Visti i risultati, si attende da un giorno all’altro l’annuncio della chiusura della trattativa. Santoro ammette che c’è ancora qualche particolare da limare e sul quale concordare mentre entrambi dichiarano che non ci sono assolutamente problemi dal punto di vista economico. Il presentatore accetta una sorta di contratto “al minimo” affidando agli ascolti di Annozero l’eventuale conguaglio di una prestazione pagata meno della metà di quanto la pagasse la Rai. Poi, all’improvviso, dopo l’ingaggio di Roberto Saviano (e di Fabio Fazio da maggio 2012) per “Vieni via con me”, tutto si blocca. L’editore inizia a fare strane richieste a Santoro il quale più di una volta gli domanda: “Ma ci sono problemi? Volete farlo Annozero?” Stella risponde sempre di si ma inizia a mettere paletti che a Santoro puzzano di bruciato. Un paletto oggi, un paletto domani, il giornalista si rende conto che l’aria è cambiata, che qualcuno dall’esterno ha fatto capire che quel matrimonio non si deve fare e che il presidente di Telecom, Franco Bernabé, quel contratto non lo firmerà mai. Essendo abituato a lavorare più con l’ascia che col cesello, Santoro saluta tutti e se ne va promettendo di tornare in autunno con Annozero, magari su una piattaforma multimediale. A questo punto Enrico Mentana e Gad Lerner vogliono vederci chiaro e vengono a sapere che TIM ha adottato nei confronti di Santoro lo stesso atteggiamento che la Rai sta avendo per Report e per Milena Gabanelli: far mancare l’assistenza legale in caso di controversie giudiziarie. C’è di più. TIM impone a Santoro una direzione giornalistica a copertura delle notizie, questione che si risolve in un attimo visto che Mentana si offre di prendere sotto il Tg la trasmissione. Ma a Telecom Italia Media evidentemente non basta ancora e Santoro toglie il disturbo. Lerner e Mentana si dicono sconcertati per la fretta con la quale l’annuncio della rottura della trattativa con Santoro è stato dato e chiedono lumi all’editore. I due giornalisti di punta di La7 vogliono sapere, testuale, “se ci sono state pressioni esterne affinché non si concretizzasse l’arrivo di Santoro” nella tv per la quale lavorano. Siamo tutti in attesa della risposta di Stella ma soprattutto di Bernabé che in tutta questa vicenda ha giocato il ruolo del pesce in barile. L’unico risultato raggiunto dai vertici di TIM è stato che le azioni sono crollate del 4,59 per cento. Noi proviamo a dire la nostra, sperando di non beccarci qualche querela perché, come la Gabanelli e Santoro, non disponiamo della copertura legale di nessun editore né grande né piccolo. Per far ciò occorre partire dai due soggetti che oggi fanno informazione televisiva in Italia: la Rai e Mediaset. Appena asceso al cielo del potere, proprio come Gesù quando decise di raggiungere il Padre, Berlusconi ha messo le mani sulla Rai. L’ha trasformata negli anni in una specie di succursale di Mediaset (“complementare” la definì l’allora presidente Letizia Moratti) con un duplice scopo: il primo, quello di controllare a mano armata l’informazione, il secondo di depauperarla in termini di qualità e di ascolti per favorire gli introiti pubblicitari dell’azienda di famiglia. Da quel momento il lavoro di Silvio è stato puntuale come la morte che quando arriva ti prende e ti porta via. Ha piazzato tutti i suoi uomini (e donne) ai vertici dell’azienda televisiva di Stato e tentato in tutti i modi di togliere di mezzo i personaggi a lui scomodi ma che, guardate un po’ la coincidenza, sono anche quelli che fanno gli ascolti più alti e garantiscono alla Rai i maggiori introiti. Dopo l’annuncio dell’abbandono ancheda parte di Lucia Annunziata, la Rai è in preda al panico. Ha visto andarsene in pochissimo tempo tutti i suoi pezzi più pregiati fino a spogliare quasi del tutto il patrimonio rappresentato dai gioielli di famiglia. Eppure l’azienda televisiva di Stato è saldamente in testa agli ascolti nei confronti di Mediaset, anzi li ha aumentati portandoli dal 40,6 per cento al 41.2. Nonostante questo però la Rai si è ritrovata con un introito pubblicitario in calo del 3,9 per cento al contrario di Mediaset che è scesa negli ascolti ma ha aumentato gli incassi con un 6,7 per cento in più che va contro ogni regola economica. E se quanto sta accadendo in Rai e a Mediaset non ha spiegazioni dal punto di vista del mercato le ha, eccome, da quello politico. L’appeal delle reti del Biscione nei confronti degli inserzionisti ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Nell’Italia della corruzione e dei privilegi, dei maggiordomi e dei leccaculi come si può non affidare la propria pubblicità al presidente del consiglio? Non sia mai servisse un favore la posizione dalla quale si parte sarebbe comunque di vantaggio. Qualcosa però deve essersi inceppato nel meccanismo quasi perfetto del do ut des politico-commerciale di Mediaset. La cassaforte di Silvio sta attraversando uno dei periodi più brutti della sua storia recente: gli utili sono in discesa, la consociata Endemol è in profondo rosso e in più si sta profilando il rimborso ultramilionario (si parla di oltre 500 milioni di euro), a Carlo De Benedetti per lo “scippo” Mondadori. Piersilvio ha lanciato l’allarme e si è detto preoccupatissimo non per l’infima qualità del prodotto televisivo che elargisce al rincoglionito popolo italiano, ma per l’aria che tira nei confronti del padre dal quale, il figliolo ne è convinto, prima o poi inizieranno a prendere un po’ tutti le distanze. Finito l’appeal del Capataz, a Mediaset non resterebbe che piangere. A fronte di previsioni fosche e nerissime per l’immediato futuro, l’arrivo sul mercato di una tv competitiva sarebbe stato un disastro e il boom delle azioni di La7 alla sola notizia del passaggio di Santoro fra le sue fila, ne era stata la conferma. Queste sono le ragioni per le quali abbiamo ritenuto molto sospetta la frase di Piersilvio “La7? Non è un problema” alla presentazione dei programmi delle sue reti. D’altronde lo sanno tutti, Telecom è una concessionaria di servizi dello Stato, cosa accadrebbe se lo Stato (cioè Silvio) decidesse di non avvalersene più? Continuano gli effetti dell’”editto bulgaro” ma in più, in questo momento, si sono aggiunti anche problemi di natura economica. E Silvio, capace di spergiurare perfino sulla testa dei figli, può sopportare tutto meno che qualcuno gli metta le mani in tasca. Meglio nella patta.
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