Ah, caro tutti... ah, caro Gramellini...
Come sarebbe bello... Come sarebbe bello se il mondo fosse ancora così! Se ci fossero ancora l'arte e la spazzatura, il bello e il brutto, la merda e l'eccellenza, i ricchi e i poveri, i muri e i Rosenberg, noi e loro, noi che siamo puri di cuore e spontanei e loro che sono pretenziosi e ingenui, noi che facciamo solo quello che è alla nostra portata e loro che invece le sparano grosse per non far vedere di avercelo piccolo.
I cineclub artistici... le mostre con i quadri appesi al contrario e la metafora del potere ribaltato... Incredibile. Sono anni che tutto questo è scomparso, come orizzonte culturale, come pratica artistica, e il più famoso giornalista italiano ci costruisce sopra una visione del mondo da propinare ai suoi lettori boccaloni. Non so, forse esagero, ma mi viene da pensare che sia proprio questa roba, questo qualunquismo spacciato per buon senso (ma il qualunquismo è sempre spacciato per buonsenso), uno dei motivo per cui in Italia è difficile fare cultura.
Mi viene in mente quello che ha scritto Alberto Pezzotta nell'introduzione di Spazzatura, arte, cinema di Pauline Kael tradotto proprio l'altro giorno da Filmidee. Quel testo fondamentale della critica cinematografica venne scritto quarant'anni fa, quando ancora il cinema artistico aveva un senso, un riferimento preciso, e allora si poteva - sbagliando, per carità, ma essendo in qualche modo giustificati - opporre Kubrick a Bergman, il trash d'autore a Bunuel, mentre oggi, scrive Pezzotta,
la sola idea di opporre qualcosa a qualcos’altro fa solo sorridere: c’è posto per tutti, nel sistema culturale o nel pantheon del cinefilo illuminato, per Lav Diaz come per Quentin Tarantino, per Apichatpong Weerasethakul come per Bruno Mattei. E quindi non c’è posto per nessuno, e niente significa più nulla.Ecco com'è oggi, cari tutti noi e caro Gramellini, il mondo di certi cineclub e di certe mostre: un mondo dove niente più significa nulla e dove i primi 50 minuti invertiti di The Tree of Life sono scambiati per giusti da un pubblico inconsapevole, proprio perché tutto ciò che siamo diventati è un pubblico inconsapevole e accecato. Sarebbe bello tracciare delle linee tra il sopra e il sotto, tra il giusto e lo sbagliato, tra il dritto o il rovescio. Sarebbe bello ma inutile, tanto quanto è stupida e vecchia e pure un po' pericolosa la pseudointelligenza del buongiorno di Gramellini.