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Nietzsche tra l’apollineo e il dionisiaco

Creato il 09 novembre 2011 da Illcox @illcox

Nietzsche tra l’apollineo e il dionisiaco

L’equilibrio si fonda su due principi eternamente in lotta, una lotta che non sparge sangue , che non ha l’obiettivo di annientare la parte contrastante, ma semplicemente la pretesa di non farla prevaricare sull’altra. Non è altro che la traduzione del principio dualistico: le tenebre che si alternano alla luce, la stasi al movimento, la quiete al caos, la razionalità all’irrazionalità.

Più che di irrazionalità si può parlare di follia nel caso di  Friedrich Wilhelm Nietzsche,noto  poeta filosofo del Novecento,famoso oltre che per il suo genio poetico , per la sua pazzia.

Egli nasce a Röcken, nei pressi di Lipsia in ambiente protestante.

Dopo aver conseguito studi classici alla scuola superiore si iscrive all’università di teologia  di Bonn che abbandonerà presto per riscriversi all’università di Lipsia di filologia classica, sua vera passione.

Quelli dell’università saranno anni di studi intensi, i cui frutti saranno organizzati in un vario complesso di opere.

Nel 1869 viene chiamato alla cattedra di filosofia classica dell’università di Basilea, ma all’età di soli 34 anni si ritira dall’insegnamento in parte per i suoi attacchi di emicranie in parte x dedicarsi al suo lavoro di scrittore.  Sono anni prolifici per i suoi scritti.

I momenti di lucidità cominciano sempre più a vacillare, si alternavano sempre più frequentemente momenti di follia.

Si sa che l’equilibrio è troppo spesso vittima della  vertigine, quella spinta che propende verso il basso, verso la natura più animalesca,più vera, più cruda,e  come dice lo stesso Nietzsche “ Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te” .                                                                                                                                            

Nel 1888 Nietzsche si trasferisce a Torino, solo un anno dopo avverrà il suo  crollo mentale.

Il filosofo era affetto fin dalla gioventù da un  disturbo bipolare, che in seguito si sarebbe trasformato in pazzia vera e propria. Alcuni credono che la causa della sua follia fu proprio la costanza e l’impegno dedicati alla smania  creativa, che lo accompagnò per tutta la vita,altri credono che in gioventù avesse contratto una malattia venerea, dal rapporto avuto con una prostituta.

Nietzsche nel 1899 viene ricoverato  prima in una clinica psichiatrica a Basilea ,viene trasferito poi a Naumburg per esser assistito e curato dalla madre, e in seguito dalla sorella.

Nietzsche trascorre il suo tempo in silenzio,alienandosi al suono del pianoforte e passeggiando con i suoi amici, fino all’aggravarsi delle condizioni fisiche .

Muore di polmonite il 25 agosto 1900.

La natura della sua follia rimane un mistero. Che fosse una follia volontaria, quale tentativo di raggiungere un’ascesi mistica? I folli d’altronde vengono visti con un riverente timore, rispettati perché detentori di una maggiore consapevolezza, proprio quella che l’ha portati all’insania, ma allo stesso tempo pericolosi per la loro imprevedibilità.

Una teoria più semplicistica voleva la causa del suo collasso nervoso al grande sforzo impiegato nella sua attività filosofica-letteraria.

Nietzsche è il filoso del nichilismo, del senso di frustrazione che perviene dalla consapevolezza che i principi consolatori che l’uomo ha creato  intorno a  sé, per non sentire il vuoto sono ormai  demistificati, è il filosofo che afferma che Dio è morto e che siamo stati noi ad ucciderlo, è il filosofo del super uomo, ma non quel super uomo tanto caro in ambiente nazista, che millantava una superiorità razziale, la superiorità di cui parla Nietzsche è un superiorità intellettuale.

Il super uomo è colui che , ormai privo di ogni credenza imposta, scarno di strascichi stagnanti di consapevolezze fallaci,  può approcciarsi in modo sano e veritiero alla vita.

La sua diversità si misura dal grado di verità raggiunte, è una diversità da difendere e da ostentare..

Ma  Nietzsche fu soprattutto  un uomo dedito all’arte, in tutte le sue espressioni ,egli stesso dice“..il grande occhio dell’arte mi fissava, staccandomi dal mondo; io vi vedevo malattia e salvezza, esilio e rifugio ed inferno quanto paradiso” .                                                                                                                                                                                 

Interessante è il tipo di visone che il filosofo aveva del teatro, o meglio della tragedia greca.             

Nell’opera “La nascita della tragedia”, pubblicata nel 1872, Nietzsche offre la propria immagine della tragedia greca: unione di aspetti contrastanti ma che necessitano di  procedere affianco per creare qualcosa di grandioso, all’aspetto astratto e irrazionale si oppone quello lineare e razionale.                                               

 Il pensiero apollineo e quello dionisiaco sono perciò così definiti:

 « Finora abbiamo considerato il pensiero apollineo e il suo opposto, il dionisiaco, come forze artistiche che erompono dalla natura stessa, senza mediazione dell’artista umano, e in cui gli impulsi artistici della natura trovano anzitutto e in via diretta soddisfazione: da una parte come mondo di immagini del sogno, la cui perfezione è senza alcuna connessione con l’altezza intellettuale o la cultura artistica del singolo; dall’altra parte come realtà piena di ebbrezza, che a sua volta non tiene conto dell’individuo, e cerca di annientare l’individuo e di liberarlo con un sentimento mistico di unità ».

Il palcoscenico così diventa strumento per rappresentare la vita con tutte le sue sfaccettature. All’apollineo, alla razionalità , a quel prototipo del normale che echeggia spesso nelle nostre orecchie, ma che troppo spesso non riusciamo a  comprenderne il significato, perché concetto troppo relativo per essere concepito in maniera unanime, si oppone il dionisiaco, quel principio di caos, quello slancio che ci porta a dare sfogo alla nostra natura più intima, più controversa, che teniamo nascosta nelle viscere della nostra anima e a cui ci abbandoniamo episodicamente.

Nel teatro questi  aspetti convivono armonicamente, nella vita reale un po’ meno..Troppo stesso si è portati ad assecondare la vertigine , a cedere alle pulsazioni del basso ventre,altre volte si ha la smania di porre tutto sotto il controllo della ragione…E si finisce per vivere di equilibri precari..

Ma l’importante resta comunque vivere, che siano equilibri instabili, precari, questo non conta, l’importante è essere attori e non spettatori , prendere parte attiva nella nostra vita e non assistere in maniera passiva. L’importante è tuffarci , ed è quello che ci proponiamo noi con il nostro blog, immergerci tra di voi ed iniziare lo spettacolo.

                 

 


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