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Eccomi finalmente, dopo i primi 3 capostipiti del zombesco ("White Zombie", "I Walked with a Zombie" e "The Plague of the zombies") all'indiscusso Capolavoro del genere, che è anche una rivoluzione dello stesso. Gli zombie di Romero han perso la natura di "automi a comando" dei precedenti, sono fuori dal governo degli uomini, non sono frutto di stregonerie. La stessa parola "zombie" nel film non viene mai pronunciata.
2 righe sul plot, tanto il film è arcinoto: siamo negli stati uniti, zona di campagne immense. 2 ragazzi in visita ad un cimitero vengono assaliti da un essere che si muove come frankenstein, il ragazzo viene ucciso mentre lei in fuga si rifugia in una casa isolata, dove si ritroveranno in diversi, tutti asserragliati ché fuori il numero di quegli esseri è diventato un esercito. Si nutrono di carne umana, lo dice anche la radio e poi pure la televisione che riusciranno a mettere in funzione e le vittime stesse, se ne rimane qualcosa, diventano zombie e loro volta: un'epidemia su scala nazionale. Solo modo per ucciderli, si scoprirà, distruggergli la testa o staccargliela, meglio poi dare fuoco ai resti. Fuori si mobiliteranno, ma dentro la casa sarà un incubo ed anche per i soccorritori pensare che lì dentro si possa essere salvato qualcuno è impossibile a credersi...
Su questo film, d'importanza storica, si sono scritti fiumi di parole, se le merita tutte, basti leggere l'ottima, per sintesi anche se non brevissima, pagina wiki dedicata. Leggetela, non mi metto certo a fare copia-incolla di tutta quella roba. Parliamo di un horror a basso costo che fu sconvolgente, l'impatto emotivo ancora oggi è notevolissimo, alcune scene per violenza hanno fatto scuola (cannibalismo esplicito) nonostante il budget per gli effetti speciali fosse quasi inesistente, con protagonista eroico principale un afroamericano senza che una sola volta venisse pronunciata la parola "negro", nell'America in piena fase Vietnam già calante e "assediata" dalle proteste giovanili come il resto del mondo, anche la musica dei tempi è emblematica, lo stesso argomento delle radiazioni (che hanno dato vita ai morti) con la guerra fredda in essere: era il 1968, l'anno più conosciuto storicamente di altri del secondo dopoguerra.
Insomma, ce n'erano di ragioni per dare al film una gran messe di significati, anche se per la verità quando uscì non ricevette, almeno a livello di critica, tutte le gratificazioni che ora gli sono riconosciute.
L'interpretazione testuale, che mai dev'essere ignorata, è semplice. Come detto, anzitutto un film horror fuori dagli schemi e a parte le notevoli (per l'epoca) crudeltà mostrate l'angoscia, che si vive in quella casa, è quanto più stordisce. Fuori hai un nemico lento, prevedibile nei movimenti, apparentemente battibile nella realtà invincibile, non è umano, non teme di morire e poi sono tantissimi, una massa critica in grado di distruggere una casa con la sola forza delle mani. Una trappola senza uscita è la condizione peggiore e nel gruppo all'interno si manifesteranno fenomeni umani, sia in senso alto che basso del termine, estremi. Anche solo come visione horror è imperdibile! Ci sono state diverse revisioni della pellicola, anche a colori. Io ho visto quella in bianco e nero, non è solo una questione di fedeltà all'originale, è che sono i "colori" che amo particolarmente.
Sulle interpretazioni esegetiche c'è di che sbizzarrirsi, io ho provato per tutto il film 2 sentimenti contrastanti sui quali mi concentro, ne parlo alla cieca senza confrontarmi con quanto c'è in giro. E' incredibile questa cosa, non m'è mai capitato prima: non sapevo per chi tifare! Un continuo passare tra lo sperare che gli zombie compissero un massacro apocalittico si opponeva al tifo per l'eroica difesa degli occupanti della casa. Non mi sono invece mai piaciuti i gruppi armati che davano la caccia agli zombie, questo mentre scrivo ancora non so spiegarmelo. Zombie che rappresentano i peggio aspetti della società del potere, che si nutre della carne degli uomini dimenticando ogni senso di solidale fratellanza, anteponendo il bisogno egoista a tutto, un bisogno talmente forte da accecare completamente ogni traccia di umanità; oppure zombie che, pur frutto di un potere degenere, ad esso si ribellano anche se non lo fanno con piena coscienza, la situazione li ha portati a rinascere e fin a moltiplicarsi, diventando una variabile impazzita. La seconda visione (sicuramente sbagliata...) mi affascina, è come se l'umanità, zombizzata da un uso del potere e dei media diabolico, si ritorce contro chi l'ha ridotta in quelle condizioni. Sarebbe fantastico che chi detiene il potere pensasse che l'elevamento intellettivo e culturale della popolazione non fosse una minaccia per il controllo del potere bensì una ricchezza.
Si dovrebbe poi parlare delle reazioni all'interno della casa, dei giovani più disposti a sacrificarsi degli adulti, del padre che compie gesti vergognosi illuso così di tutelare al meglio la figlia che poi lo divorerà, dell'eroe nero e della fine che farà. Si dovrebbe parlare della paura ancestrale dei morti, magnificamente rappresentata da questo come anche da altri generi di film, qua come zombie ed altrove come spiriti, fantasmi, sempre e comunque rappresentanti torti, sensi di colpa non reprimibili. Le squadre antizombie piene di civili armati in modo esagerato, come detto prima, mi urtavano, toccavano corde intime, forse mi han fatto venire alla mente la violenza incontrollata che si genera dalla paura che tutto giustifica? Probabile, la paura è uno dei capisaldi per la gestione del potere. Questo film è un'overdose di messaggi, diretti e non, ma mi fermo qua, troppo lunga ed illeggibile poi la recensione.
Ci sono colpi di genio a volte che nascono semplicemente come film di genere e poi finiscono per diventare simboli d'una generazione. Le metafore nascono e crescono durante le riprese stesse e le successive visioni. Ho la sensazione che siamo in uno di questi casi, e il mio non è affatto uno sminuire: i messaggi più belli e veri sono questi, un po' come le fotografie a soggetto sono molto più belle se il soggetto stesso conduce la sua vita quotidiana quando il fotografo lo riprende, mentre col soggetto in posa si perde moltissimo.
Eccezionale opera prima, Olimpo ovviamente. Sono molto curioso di vedere cosa Romero è poi riuscito a fare dopo un simile ed impegnativo esordio.
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