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Nightmare

Da Straker
Nightmare
Qualche settimana addietro la Rete è stata invasa da articoli riguardanti la cosiddetta “paralisi notturna”: a parere degli “scienziati” sarebbe dovuta ad un disturbo del sonno, laddove la tradizione la attribuisce alla Pandafeche, una creatura soprannaturale che prende le sembianze di una strega o di un demonio o di un gatto dall’aspetto umanoide.
Il professor Romanelli ci indottrina ricordando che la paralisi in esame “è un'incapacità di muoversi, quando ci si risveglia durante la fase del sonno R.E.M. quella nella quale avvengono i sogni ed il corpo normalmente si paralizza proprio per impedirci di 'vivere i sogni', agire e farci male involontariamente”.
Secondo quanto emerge dallo studio, “il soggetto che vive la paralisi del sonno si trova in uno stato di semicoscienza in cui non è fisicamente in grado di muoversi, ma è mentalmente e psicologicamente consapevole di poterlo fare. Tutto questo crea nella persona un senso di disorientamento che induce le vittime del sonno a vedere demoni o presenze non del tutto chiare”.
Problema che interesserebbe circa il 30 per cento delle persone, la paralisi notturna è stata così liquidata grazie alle folgoranti intuizioni del Professor Romanelli. Invero, quella riferita è un’ipotesi medica per nulla recente, frutto del solito riduzionismo “scientifico” che cancella con un colpo di spugna tutte le interpretazioni non ortodosse. Eppure non solo le leggende, ma anche alcuni ambiti di ricerca escludono che il fenomeno si possa sempre e comunque spiegare appellandosi ad una sindrome del sonno.
Il termine inglese “nightmare” con cui in origine si designavano gli incubi, ossia le entità malefiche che si appoggiano al petto del dormiente, prima di indicare un sogno dai contenuti angoscianti, colloca il fenomeno in un preciso contesto temporale. Infatti nightmare, equivalente al francese cauchemar, evoca presenze che con il favore delle tenebre seducono o tormentano le loro vittime.
Alcune frange dell’Ufologia (si pensi, ad esempio, a Withley Strieber) collocano i presunti rapimenti alieni quasi sempre nel cuore della notte (di solito verso le tre), individuando sintomi molto simili, se non identici, a quelli descritti nella tradizione: il senso di soffocamento, la notevole difficoltà a muoversi, la lucida consapevolezza di quanto sta avvenendo, ma senza poter agire.
Il matematico Jacques Vallée, che scorge un continuum tra manifestazioni fisiche e parafisiche, tra la casistica ufologica ed il retaggio popolare, abitato da fate, coboldi, gnomi..., osserva: “come le donne rapite ai nostri giorni ed esaminate da Budd Hopkins, le streghe spesso avevano uno strano simbolo o cicatrice da qualche parte sul corpo”. Vengono in mente i segni, di solito visibili in corrispondenza della tibia, di chi si suppone sia stato sequestrato.
Anche le tradizionali immagini degli incubi (demoni e strani gatti raffigurati in modo sinistro da artisti romantici come Füssli) hanno qualche parentela con la xenologia contemporanea: esseri notturni dalle parvenze terrifiche, con occhi grandi di felini o di strigidi, sono pressoché una costante nella letteratura ufologica.
Le abductions sembrano la versione attuale di eventi soprannaturali antichi quanto l’uomo a tal punto che se ne reperiscono indizi nelle cultura cinese, babilonese, ebraica, fenicia, romana e via discorrendo. Intendiamo gettare alle ortiche millenni di memorie, insieme con le pionieristiche ricerche di odierni investigatori? Lo studio del Romanelli e della sua geniale équipe sarebbe stato più attendibile, se si fossero cercate tracce fisiche e corrispondenze significative: una scienza non multidisciplinare non è scienza, bensì mera erudizione.
Le spiegazioni cliniche e psicologiche, che ignorano vasti e conturbanti territori limitrofi alle paralisi notturne, ci paiono riduttive, anzi dogmatiche, quando intendono definire tutte le cause della sintomatologia, sbarrando così la strada ad altri indirizzi di ricerca.
Si sa, però, che, in questo come in molti altri campi, “la scienza ha fatto passi da gigante”. Certamente... all’indietro.

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