Voglio rendere omaggio ad un illustre Catanese, tale credo si possa considerare, benché nato a Belpasso, Nino Martoglio, cui sono legato da un ricordo personale.
L’11 novembre del 1973, a Roma, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, ebbi il piacere e l’onore di conoscere sua figlia Maria, che presiedeva la giuria del premio di poesia intitolato al padre.
I giurati erano divisi tra il poeta di Sciacca Vincenzo Licata e mia madre e fu proprio grazie alla determinazione di Maria Martoglio, dopo una movimentata seduta, che la giuria si risolse ad assegnare il premio a mia madre.
“Sarebbe piaciuta a mio padre” ella affermò riferendosi all’opera premiata, aggiungendo che sarebbe arrivata al punto di sfoderare la spada di Nino Martoglio, per imporla sulla concorrente.
Martoglio, infatti, oltre che di parola era svelto anche di spada, fu protagonista di numerosi duelli e, non a caso, chiamò la rivista da lui fondata “D’Artagnan”.
Nella stessa circostanza conobbi anche il professor Santi Correnti, anch’egli membro della giuria, che conosceva la Sicilia pietra per pietra. Ebbi modo di incontrarlo altre volte e di godere della sua grande sapienza. Uomo di spirito, in occasione di una cerimonia iniziata con grande ritardo e alla quale numerosi invitati non erano presenti a causa del traffico impazzito di Roma, ci accolse, prima di pronunciare il suo discorso, con le parole: “A costo di esser tacciato di nostalgia del passato regime, salve o popolo d’eroi!”
A lui è intitolata l’ottava sala del Museo nazionale delle paste alimentari, che ha sede in Palazzo Scanderbeg a Roma. In essa sono esposte le testimonianze relative all’invenzione della pasta nel secolo XII.
La cosa potrebbe destar meraviglia, ma anche questa è storia e cultura e Correnti era un grande esperto anche in tale materia. Una sera, mentre cenavamo in un locale del quartiere catanese di Canalicchio, lo sentii affermare: “La melanzana è una colonna della cultura siciliana”. Impossibile dargli torto, davanti a un piatto di pasta alla Norma.
IN BIDDA MEA
“Mala nova, comare,
mala nova.
Notte notte at* cantau s’istria
in sa turre pisana.
Notte notte sos canes
ant abaulau a sas animas.
Mala nova
nos battit custa die.
Un’omine** comare,
un’omine ant bidu
mortu in terra,
masellau che anzone
e imbolau
in su terrinu pintau
chin fiores rujos de sambene.
Un’omine
chindunu viore
de samben e de carre
in su sinu.
Cucuzzadelu
chin su mantu ‘e sa piedade,
chi no lu biat sa mama.
Mala nova a sa mama
eris l’at nau
su sale ghessau e issaghinau
in su pamentu ‘e sa cochina,
mala nova
ant annunziau sos canes
e s’istria.
Semper novas malas,
dae semper,
in bidda mea.”
Daniela Murru
1 – In sardo il verbo avere non vuole l’H.
2 – Un’omine si apostrofa per l’elisione della U di unu.
(Premio “Nino Martoglio” 1973 – Sala della Protomoteca del Campidoglio)
Illustrazioni:
1 – Nino Martoglio
2 – Copertina della rivista “D’Artagnan”
3 – Santi Correnti
4 – Daniela Murru
Federico Bernardini