Magazine Diario personale

Ninuccia e le scarpe degli Angeli( fine del VII cap)

Da Gattolona1964

Parcheggiata su di un lato vi era già la corriera Cosenza-Marano Marchesato. Salì immediatamente senza tanti ripensamenti e pagò il biglietto direttamente al controllore, dato che non aveva fatto in tempo ad acquistarlo in stazione. Stupito per il biglietto da cento euro che Ninuccia gli porse, le chiese, alzando un sopracciglio, “E lei pretende che io a quest’ora di mattina abbia già il resto da darle? “E lei pretende che alle otto e cinque, io abbia già avuto il tempo di andare in banca a cambiare in spiccioli?” Tutti e due si guardarono seri, ma dopo pochi istanti scoppiarono a ridere! Non era poi una cosa così tragica! Il controllore le disse che le avrebbe cambiato lui quel pezzettone e mentre si aggiustava il nodo della cravatta, si presentò:”Le chiedo scusa per l’arroganza, ma sa, da queste parti non siamo molto aperti nel dare confidenza agli estranei e non cambiamo così d’acchito biglietti di questo calibro al mattino presto, soprattutto la persona non è da noi conosciuta. A proposito io mi chiamo Tirotta di cognome e Mafaldo di nome, per servirla, signora? Con chi ho il piacere di parlare? “Sono Dora Scalzi, il piacere è tutto mio”. A Ninuccia si mossero le budella nello stomaco e le tre brioches inghiottite al bar iniziarono a fare il girotondo. “Ma se mi riconosce come faccio? Non sono ancora pronta per la nuova identità, proprio Mafaldo dovevo incontrare per primo, dopo così tanti anni?!
Poi quest’ora del mattino, su questa corriera scalcinata..” Fece finta di nulla e si calò sulla fronte il colbacco di pelo, in modo che il viso non si vedesse bene, pregando la Madonna di non essere riconosciuta subito. Si diedero la mano e il controllore cambiò finalmente il biglietto da cento euro a Dora. Ninuccia, sudata per quel breve colloquio, si sedette sulla prima poltrona libera, impaziente di arrivare. Il controllore continuava a convalidare gli altri biglietti dei passeggeri e non si curò più di lei. Ringraziando il cielo anche Mafaldo era invecchiato parecchio e con quei fondi di bottiglia che aveva sugli occhi, poteva stare tranquilla. Si era ricordata che da giovane, egli soffriva di una malattia agli occhi rara ed ereditaria, che lo avrebbe portato si mormorava allora, alla cecità quasi completa. A giudicare dagli occhiali e dalle gomitate che dava alle persone in piedi, probabilmente non c’era nulla da temere, non avrebbe potuto riconoscerla in quelle condizioni! Quel viaggio, così pieno di imprevisti e di situazioni nuove da affrontare, la stava già mettendo a dura prova, ora era veramente sola e non c’erano i preziosi suggerimenti di Rosina, sempre pronta a correre in suo aiuto in qualsiasi momento. Già Rosina! “Non la vedo da un giorno e mi sembra un’eternità, come farò senza di lei? Appena arrivo al paese la chiamo subito: voglio sentire come sta e se quella nevrotica di Greta, le ha fatto un danno veramente importante alla gamba. Non è più una ragazzina e con l’osteoporosi che si ritrova, anche una banale scheggiatura per lei può rivelarsi fatale. Non permetterò a niente e a nessuno che me la riduca su di una sedia a rotelle.“Serve nulla signora Dora? E’ tutto a posto? Il tragitto è di suo gradimento? A proposito dove scende lei?” Era immersa nei suoi pensieri quando sentì la voce carezzevole che le rivolgeva tutte queste domande. “Tutto bene, la ringrazio signor Tirotta, scenderò a Castrolibero, spero tra pochi minuti” “Sì, tra pochi minuti lei sarà arrivata, in effetti è un viaggio breve. Tra sole cinque fermate tocca a lei e me ne rammarico molto. Chissà! speriamo di rincontrarci ancora, se lei prenderà di nuovo questa linea!” Così le disse il Sig Mafaldo Tirotta, vecchio amico d’infanzia che finalmente annunciò la fermata di Castrolibero. Ninuccia, con il cuore che le batteva all’impazzata e un mezzo attacco di panico in agguato, si alzò dalla poltrona, raccolse le sue cose e salutandolo in modo caloroso scese. Lui fece appena in tempo a gridarle in mezzo alla porta”Ma non ci siamo già conosciuti? Ma noi ci conosciamo perbacco!” Nel gelo di quel mattino del sedici Gennaio duemiladieci, dove il termometro segnava meno nove, Ninuccia e Dora erano già lontane diversi metri per sentire quella importante domanda.

(fine settimo capitolo).



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