Ninuccia non riuscì nemmeno a dirle che le voleva bene, sperava che fosse sottinteso e giurò a sé stessa che l’avrebbe chiamata, non appena messo piede a Castrolibero. “Bene, ora che il piano procede in modo quasi egregio, mi devo dedicare al bagaglio da portare con me. E soprattutto non devo dimenticare le mie medicine, senza quelle purtroppo arriverei poco lontano.” Lo disse a malincuore, rattristata dall’incapacità di vincere in modo definitivo gli attacchi di panico, anche se con gli anni si erano molto attenuati. Non aveva ancora imparato a dominarli, a farseli amici come le diceva sempre il suo analista. Peccato che il suo cervello così intelligente e preparato alle evenienze più catastrofiche che il mondo le potesse offrire, se da un lato le aveva insegnato come fare per affrontarle dall’altro, non le dava la forza per farlo. Strano il destino, machiavellico il mondo! Conosceva a menadito le tecniche per guarire, sapeva molto sul panico e sulle depressioni, ma ancora non riusciva ad applicare queste regole su sé stessa, mettendole in pratica. “Non ce la faccio ancora sono a buon punto ma il fuoco divampa all’improvviso, dilaniandomi l’anima ed il cuore. Se non sono ancora impazzita in questi anni, non impazzirò mai più: di questo oramai ne sono certa!” “Non si impazzisce, nemmeno viene un infarto per gli attacchi di panico, stampatelo bene in testa! Sono anni e anni che te lo dico, sei la donna più sana di mente che io abbia mai conosciuto, sei intelligente, ma ti frega l’emotività. Devi anche smettere di andare a disturbare la tua equipe medica quando hai le palpitazioni: è solo per rispetto nei tuoi confronti che non ti danno un calcio nel tuo adorabile deretano! Hanno di meglio e di molto più importante da fare, se non vogliono essere licenziati da te! Ogni volta ti devono rassicurare come si fa con una bimba piccola, ti ripetono stanchi ed esausti che sei sana di mente, sanissima intendo! L’ansia non è una malattia patologica, ma fino a che tu non lo recepisci io ne sono felice! E’ una grossa fortuna per me, che tu non lo voglia comprendere e razionalizzare, altrimenti come farei ad abitare in questa splendida villa, senza i tuoi quattrini? Queste erano le rincuoranti, anche se ciniche parole che le scandiva bene, come un mantra il professor Ugoletti Fortunato. Glielo ripeteva fino all’imbecillità, ma Ninuccia ogni volta che un pensiero sul passato e sul suo bambino riaffiorava, aveva un colpo al cuore e uno allo sterno. Erano le dodici e un quarto, il suo stomaco reclamava qualcosa da mangiare, lei abitudinaria fino allo spasimo, mollò la vecchia valigia di cartone chiusa con lo spago che serviva a suo padre Biagio per prepararle l’altalena e si precipitò in cucina.
Quando arrivò in quella che veniva comunemente chiamata cucina principale, Ninuccia con un leggero battito di mani accese la luce e percorrendo quei venti metri di lunghezza, tanto era lunga la stanza, si diresse al maestoso frigorifero. “Mi auguro che Rosina abbia messo in salamoia lo scamone, ed in freezer il vino”. Aveva molta fame e quando era affamata, non sentiva né vedeva più nulla, il buio totale si impadroniva di lei. Sentendosi quasi svenire per il languore, mise lo scamone sulla piastra elettrica per cucinarlo ai ferri. “Al naturale” diceva lei, “metterò solo un rametto di rosmarino, sarà nel vaso degli odori presumo”. Finalmente dopo quattro minuti di cottura, tempo che a lei parve interminabile, prese una forchetta d’argento, un calice di cristallo di Murano e si versò il primo bicchiere di Traminer, fatto arrivare per lei direttamente dalle sue coltivazioni di Bolzano.“Sì, Rosina hai ragione, sono a conoscenza dell’etichetta e conosco perfettamente la lezione: il Gewurztraminer Doc è adatto ai crostacei alla griglia e non alla carne! Ma a me provoca un brivido al palato, mi piace da impazzire! Come impazzivo per un uomo alto almeno un metro e novanta, in boxer attillati di Armani, camicia bianca slacciata e Patek Philippe al polso, perciò me ne frego dell’etichetta e me lo gusto! Anzi versatene un calice anche tu e siediti con me.” “Ma che fantasticheria stupida:io che penso ad un uomo seminudo, con quello che sto per iniziare, ci vuole un bel coraggio Ninni! Credo sia la fame che mi fa venir ancora più fame di carne, non può essere diversamente!”
Complice lo scamone ben grigliato ed il vino che comincia a riscaldarla, aiutata da una croccante baguette che Rosina le era andata ad acquistare nel loro forno pasticceria di fiducia, Ninuccia parlava da sola come se in cucina ci fosse Rosina con lei, odiava mangiare da sola e parlava per farsi coraggio. O forse in quel momento Rosina era lì con lei, riusciva a percepirne la presenza anche se si trovava in un letto d’ospedale. La sua figura rassicurante ed amorevole riempiva l’enorme cucina e questo le bastava.“Sorelle per la vita” diceva Ninni, “E oltre” rispondeva Rosa, quando cantavano e ballavano per le stradine di Castrolibero,mezze nude con i piedi ghiacciati a chiedere l’elemosina. E così fu. Il rumore molesto di un gallo arrabbiato che cantava, la svegliò di soprassalto. Altro non era se non un allarme che segnalava la presenza di qualcuno in cucina, che si era addormentato da troppo tempo vicino al gas. Guardò immediatamente il Patek Philippe d’oro massiccio che portava al polso destro, uno degli innumerevoli regali del suo ultimo marito il Cavalier Sangalli Pietro e si svegliò di botto, rendendosi conto che era tardi. Scattando in piedi come avesse preso la scossa, realizzò che erano le diciotto del pomeriggio e alle diciannove aveva il treno. Non c’era più tempo per nulla, buttò l’orologio dentro al lavandino, andò a recuperare la valigia che era ancora nella sua camera da letto, si infilò il loden al rovescio e chiamò un taxi. L’ora era giunta.(fine quarto capitolo).
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