Ecco cosa risponde Vertecchi su Tuttoscuola “L’Italia non è la Francia, dove i programmi sono stati predisposti con l’esplicito intento di consentire agli alunni di imparare quasi tutto in classe. Da noi gli alunni della scuola primaria stanno a scuola per meno tempo, e ciò che si apprende in classe deve essere integrato da un impegno di studio extrascolastico”. Benedetto Vertecchi, ordinario di pedagogia sperimentale all’università di Roma 3 e già presidente dell’Invalsi, così risponde alla domanda rivoltagli da Tuttoscuola sulle iniziative anti-compiti a casa in corso in Francia. A suo giudizio la situazione della scuola primaria italiana, con la parziale eccezione delle scuole a tempo pieno, non consente, almeno per ora, di realizzare in classe gli obiettivi di apprendimento stabiliti nelle ‘Indicazioni nazionali’. Dunque serve una equilibrata distribuzione del tempo dedicato allo studio tra scuola e casa. L’argomento è dibattuto. La psicologa Silvia Vegetti Finzi, per esempio, sostiene che a partire dalla terza elementare sia impossibile non assegnare compiti a casa, ma che essi “dovrebbero essere ridotti all’essenziale in modo che i bambini li eseguano presto e da soli”, senza essere assillati da genitori ansiosi. In Europa si discute di come alleggerire i compiti a casa. Opposto è l’orientamento prevalente nei Paesi dell’Estremo Oriente, dove invece, con l’accordo dei genitori, si studia a casa (soprattutto nelle scuole medie e superiori) per un numero di ore da noi impensabile, per un totale che può raggiungere, come in Giappone, le 60-70 ore.
Ecco, infine, cosa risponde Profumo: Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo apre alla proposta che si sta discutendo in Francia di limitare per gli studenti i compiti a casa (i francesi parlano di almeno due settimane senza compiti per la scuola primaria). «Credo che oggi nella scuola i nostri ragazzi imparino solo una parte delle loro competenze: molti sono input che vengono da altre sorgenti . Se quei 15 giorni fossero utilizzati per rafforzare altri canali, perchè non farlo». Per Profumo, quindi, il senso è limitare «i compiti di tipo tradizionale: le forme di partecipazione degli studenti sono diverse, si possono dare stimoli senza che siano propriamente compiti. È un buon tema su cui ragionare». «Io facevo una scuola ancora molto tradizionale: c'era un rapporto molto più diretto tra studente e scuola, ma oggi sono cambiati i contorni e possiamo cambiare anche le relazioni», ha concluso il ministro. La proposta raccoglie adesioni anche in Italia, quindi.
Neppure a dirlo ma nei commenti coloro che si sono opposti a questa iniziativa in modo acceso e spesso con toni quasi violenti sono stati proprio i genitori. In molti hanno preso la notizia e l'hanno commentata così, senza nozione di causa, confondendo i vari ordini di scuola ed i vari tipi di compiti, mischiando l'istruzione con la cultura e, inveendo di volta in volta contro gli insegnanti da una parte, e contro "questi giovani inebetiti" (non sono mie parole!) dall'altra. Ogni volta che si parla di scuola se ne parla in modo acceso, ma poi tutto finisce lì e, non si fa mai niente di veramente concreto per cambiare la situazione. E quando si parla di giovani se ne parla sempre come degli inetti, come se gli adulti di riferimento fossero sempre e comunque dei grandi modelli di virtuosismo (leggeteci del sano sarcasmo). Io personalmente, sono d'accordo con l'abolizione dei compiti a casa - vorrei ricordare che la proposta riguarda i bambini della primaria- innanzi tutto perché sia che frequenti il tempo ridotto o prolungato è costretto a stare fermo per ben 5 o 8 ore, in un età in cui il movimento fisico è fondamentale. In secondo luogo, in base, alle conoscenze di psicologia dell'attenzione sappiamo che la lezione/spiegazione non può durare per più di 10-15 minuti, il tempo restante è sufficiente per rafforzare le conoscenze appena acquisite. Inoltre come insegnante, pedagogista e mamma ritengo che sia qualitativamente inutile per un bambino completare a casa 10-15 schede di seguito, come spesso avviene di Italiano e matematica che restano ancora, nella nostra scuola le materie con più ore, spesso anche a discapito di tutte le altre. I bambini non hanno bisogno come dice il ministro di quei 15 giorni per rafforzare altri canali - e dovrebbe spiegare meglio cosa intende, perché per ora l'unica cosa che si è capita è che non conosce la scuola italiana- ma hanno bisogno di tempo per stare in famiglia, giocare, annoiarsi - a volte- e purtroppo per fare quelle cose che teoricamente andrebbero fatte anche a scuola: coma la musica, l'attività motoria, i laboratori artistici,linguistici, scientifici e così via, ma che invece sono lungamente disattese. La scuola oggi è, purtroppo , ancora molto tradizionale! La scuola in Italia è a volte un parcheggio, un alibi, un luogo che si abita ma non in modo efficace. I compiti a casa spesso sono solo un modo per dimostrare che a scuola si è lavorato, ma di fatto spesso creano un sovraccarico di lavoro inutile per bambini che hanno tra i 6 e i 10 anni, e creano una disaffezione a tutto ciò che in qualche modo li rimanda alla scuola. La scuola é allo sfacelo, parlare di inezie, è un modo per spostare lo sguardo dai problemi più importanti. Concordo con Vegetti Finzi, i bambini che a scuola hanno già lavorato non hanno bisogno dei compiti a casa, va bene una pagina o due in modo che siano autonomi nell'eseguirli senza avere lo stress da prestazione, e credetemi, i bambini di oggi sono molto più pressati rispetto a quelli degli anni passati.
Riparlerò dell'argomento nei prossimi giorni e, in particolare della circolare ministeriale del 1969 e precisamente la n° 14. Seguitemi! Alla prossima.
Simonetta