Magazine Diario personale

No panic!

Da Suster
No panic!
Ogni volta che mi assento dallo scrivere su queste pagine per più di un giorno e mezzo, penso sempre: adesso tutti quelli che mi seguono crederanno che ho partorito, o che lo sto facendo! Quindi mi viene la smania di aprire un nuovo post e di rassicurare tutti, che, no no: no panic! Tutto ancora tace.
Un po' egocentrico come pensiero, lo riconosco, anche perché immagino che l'unica che si stia facendo divorare l'anima giorno dopo giorno dall'ansia sia solo io.
E' vero, sono un tantinello ansiosa alla presa di coscienza che, oh, davvero oramai siamo agli sgoccioli, e giacché necessito condividere quest'ansia con il mondo intero, sappiate che a oggi siamo precisamente a meno una settimana, che è come dire: potrei anche partorire domani, volendo o nolendo...
Manca una settimana e ancora non ho preso appuntamento per il tracciato.
Manca una settimana e ancora deve venire l'operaio a rifare l'intonaco fracico in camera.
Manca una settimana ed ho finalmente acquistato un fantastico armadio al mercatino dell'usato che ho pagato, tra acquisto, trasporto e montaggio, all'in circa quanto avrei pagato un equivalente prodotto nuovo di pacca da Mondo Convenienza, e pure azzurro, come lo voleva Mimi, che ora invece dovrà accontentarsi di un rimediatissimo marrone-legno. Ma non importa: coinvolgere amici vari in scarrozzamenti automobilistici fuori porta con Mimi che se la dorme due ora secche nel seggiolino mentre io rovisto tra robavecchiume altrui appizzandoci interi sabati pomeriggio, per quanto stuzzicante e stimolante, è pur sempre un'attività che alla fine deve trovare un approdo in qualcosa, a meno che tu non abbia iniziato a mettervi mano almeno con un due-tre mesi di anticipo, e questo, l'avrete capito, non è certo il mio caso.
Quindi mi accontento e godo, anche se per la verità mi chiedo cosa mai mi sia venuto in mente di farmi arrivare l'armadio a  casa proprio nel bel mezzo del mio soffertissimo count-down. Eh sì, perché giovedì saremmo a meno 4 giorni, e nelle mie peggiori previsioni mi vedo lì che smanio a cronometrare contrazioni mentre i due incaricati trasportatori se la litigheranno con ante e cassetti che non ne vogliono sapere di andare al loro posto, e a voler sguinzagliare poi del tutto la mia fervida e catastrofica immaginazione, mi ci vedo, lì a congedarli sull'uscio rassicurandoli che, no no, sto benissimo non vi preoccupat... ops! Me la sono fatta sotto! La bambina, intendo.
No panic: cose che capitano, un attimo che raccatto il cordone, faccio una telefonatina al 118 e avverto il nido che oggi magari mando un'amica a recuperare Mimi, ché tanto il padre non risponde mai al telefono e figurati se lo fa oggi, che minimo minimo gli sarà arrivato un ordine straordinario di 24 agnelli e starà lì a squartarseli a colpi di mannaia dimentico del mondo circostante...
Ecco, questo accade nelle mie peggiori previsioni, cui forse dovrei iniziare a mettere un freno, visto che, guarda un po', ultimamente hanno una fastidiosa tendenza ad avverarsi, almeno in parte eh!
Ultimamente i miei sogni mi rimandano con insistenza l'immagine di me che mi reco all'ospedale in macchina in mezzo a un traffico esasperante, e penso che se la bimba dovesse nascere mentre guido, almeno finisce sul pedale del freno, e non sul''acceleratore, quindi tutto ok (povera psiche mia).
Stanotte il mio consueto e movimentato dormiveglia continuo che in genere si protrae circa dalle due in poi ha visto tramutarsi in nefasto insieme di visioni oniriche alcuni pensieri infelici che l'ansia mi ha suggerito nel mio immediato stato di discesa nel sonno. Mi sono svegliata di merda, passando dall'orrore di tragici pronostici, al grigio uniforme di un'ennesima giornata di secchiate d'acqua e depression mood.
Però.
Però un'insperato due giorni di sole e bel tempo mi ha permesso di lavare-asciugare una caterva di vestitini variamente rimediati e finora inscatolati alla rinfusa, dagli 0 ai 18 mesi: un delirio di taglie e stagioni che per il 50 % non riuscirò probabilmente a far inzertare, e che mi ha costretto ad immolare tre intere mattinate alla pratica continua dello stendere e ritirare, piegare e, udite udite, persino stirare (quando mi pigliano certi raptus non c'è niente da fare), e infine di stipare il tutto, ordinato per taglie e stagioni in una decina di scatole da guardaroba (sempre in attesa del famoso armadio marrone), una volta esaurito lo spazio in quella che ormai amichevolmente chiamo semplicemente per nome di battesimo: Malm, la cassettiera dei tuoi sogni.
Non avete idea di quanti di quei minuscoli vestitini riescano ad entrare in quelle accidenti di scatole da guardaroba. ogni volta che credevo da aver finito ne spuntava fuori un'altra. Davvero un delirio. Un delirio per lo più a tinte rosa pastello, ma pur sempre un delirio.
Però sono abbastanza soddisfatta di me, intanto perché ce la siamo finalmente risolta con la storia del nome, malgrado dobbiamo farci ancora l'abitudine, sia all'averlo finalmente scelto, sia al nome stesso, che con democraticissima imposizione, non so come l'ho tirato fuori da qualche interstizio malato dei miei lombi cerebrali; roba che oggi nel rispondere alla maestra Adriana che mi chiedeva se avessimo finalmente dato un nome alla creatura, ho vissuto una sorta di esperienza extracorporale, e mentre il mio apparato fonatorio pronunciava quelle cinque lettere in fila, il mio io cosciente si interrogava: "Lo sai, vero, che d'ora in avanti dovrai vederti sempre quelle facce davanti ogni volta che comunicherai a un qualunque estraneo il nome di tua figlia?" Sì? beh: chissenefrega, rispondeva il mio io subcorticale, quell'idiota di un sottosviluppato, tanto ci sono abituata. Ancora ricordo quella dolce vecchina che mi interrogò sulla strada per Montemagno, mentre io scutuliavo in carrozzina una pupa di un mese e poco più su e giù per l'erta sassosa che conduceva alla famosa casa-mulino delle nostre prime vacanze insieme, una pupa se mi consentite quasi sempre incazzata nera, non so se per lo scutuliamento o per le coliche o per la contrarietà dell'esser stata messa al mondo da cotanta incapace di madre. la dolce vecchina, dicevo, che mi chiese il nome, anche allora, della creatura, e io che, arrossendo fino alle radici pilifere della mia cespa di capelli, rispondevo, e sentivo a mia volta rispondermi: "I... I... AS... MINE? Oh, signore! E che nome è?" Manco le avessi detto che la frugola chiamavasi Satanassa!
Ecco, ecco che è tornato anche quel "che nome è?" e allora prendo atto che cominciano ufficialmente i miei dejà-vu da gravida-partoriente-puerpera, quelli che avrei volentieri rinchiuso nel più profondo degli anfratti della mia memoria, ma che ho volontariamente e deliberatamente deciso di ripercorrere...
E insomma: mica facile trovare un compromesso, cosa vi credete. Metter d'accordo capra e cavoli senza ferire e sconvolgere le fragili aspettative di nessuno, nemmeno del primo pinco pallino che finge una solidale curiosità per i fatti tuoi, e si aspetta risposte come Giulia, Sofia, Emma, Viola, Greta (che ultimamente sono i nomi più in voga, a quanto pare, ed è obbligo che ci si chiami almeno una neonata su due... senza offesa per nessuno, eh! Ricordate che sono quella che rifila alle sue figlie nomi da Anticristo!)...
...e invece si sente rispondere: RANIA. Strabuzza gli occhi, la maestra Adriana, se lo fa ripetere, una, due, tre volte. Tenta di storpiarlo in vari modi per renderlo più di suo gusto, ma alla fine capitola: "Oh, deh! Ma che nome è?"
Colpita e affondata. E avanti così! Pensare che ero tanto orgogliosa della mia scelta... e va be'.
Si abituerà (la bambina, agli strabuzzamenti oculari).
Ma comunque invece Mimi l'ha presa bene, eh: "No! Non si chiama codì! Si chiama NO-E-MMA! Mamma, e 'ccuda, non ti piace Noemma?"
Mentre pare che la suocera abbia gradito, anche se si è azzardata a suggerire anche lei qualcosa: "Mh, sì, carino Rania, ma che ne pensate di Randa? Anche quello è un bel nome, no?" Cara innocente suocera, se tu sapessi! Il figlio è stato costretto a dirle che in italiano non suona proprio bene, perchè... perchè... Randa significa "piedi" (la verità era indicibile, c'è da dire però che nella cultura islamica i piedi sono considerati parti del corpo piuttosto impure).
Per quanto riguarda mia madre, invece, ancora non ho avuto modo (e coraggio) per metterla al corrente della mia felice scelta onomastica, malgrado telefonata apposita, che però ha preso alte pieghe.
La mia solita amichetta, per suo conto, mi fa giustamente notare che Rania, scritto con la "I" al T9 del cellulare vien fuori "PANIC", mentre con la "Y" dà un simpaticissimo "PANZA", il che ancora per poco ma mi sembra quanto di più appropriato alla mia attuale situazione addominale.
Per il panic preferisco aspettare almeno l'avvento della prima contrazione, poi vi fo sapere, eh!

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