Magazine Cinema

Noah

Creato il 19 aprile 2014 da Jeanjacques
Noah
Prima di iniziare la recensione vorrei fare un discorso su come la penso sulla religione. Perché sì, questo film parla di Noè, quindi ragionando per semplicismi potremmo dire che è un film religioso. Io non sono un credente, lo specifico subito. Mi definisco agnostico, ovvero non posseggo conoscenza alcuna per poter stabilire se Dio (o una qualsiasi figura divina al suo posto) esista o meno. Ma cerco di portare avanti questa 'ricerca' alla mia maniera. Non ho mai condannato gli atei e l'ateismo, ma per quella che è la mia personalità la vedo come una pratica limitante, ed è da qui che è nata in parte la mia passione per la mitologia e le religioni, ovvero come una sorta di ricerca per poter comprendere qualcosa che ignoro. Quindi, nonostante una sequela di bestemmie giornaliere derivanti però dalla subcultura delle malghe trentine, non ho nulla contro la religione. Anche se a fine dei fatti è nata per poter spiegare cose alle quali i primi uomini non sapevano dare risposta, non la definisco come un atto di ignoranza. Anzi, per me fra i miti dei popoli possiamo trovare quella che a conti fatti è la vera ricchezza del nostro mondo. Ma posso dire do avercela con la chiesa, quella di ogni culto, perché quella non fa parte della sfera divina quanto di quella umana. E nelle mani dell'uomo la religione è come il fuoco: può riscaldare oppure essere usata per distruggere.

La storia è quella di Noè, decimo della stirpe di Set, figlio di Lamech e nipote di Matusalemme, raccontata dal quindi fino al nono capitolo della Genesi. Insomma, non è che ci sia molto altro da dire...

Film fortemente voluto dal regista, che è un fanboy della figura di Noè da che ha tredici anni. Questa pellicola ha avuto una gestazione travagliata, così come tutti i film particolari, tanto che per realizzarlo si è dovuto ricorrere a delle pratiche decisamente non ortodosse. Inizialmente infatti Aronofsky aveva scritto la sceneggiatura insieme ad Ari Handel, per poi lasciarne fare una trasposizione fumettistica al cartoonist canadese Nico Henrichon. Solo dopo la realizzazione della graphic novel  la Paramount ha stretto un accordo col buon Darren, facendogli riscrivere la sceneggiatura assieme a John Logan - Il gladiatore, Sweeney Todd e Skyfall. Il risultato è qualcosa di strano, cosa tipica di ogni film di Aronofsky, solo che a questo giro la stranezza non è concentrata su un film indipendente, ma su un kolossal da centoventi milioni di dollari. Viene quindi da chiedersi se l'autore abbia avuto qualche restrizione dalla major, specie per il tema affrontato, ma credo che questi saranno quesiti che non avranno mai risposta. L'unica certezza è che questo Noah - altra domanda senza risposta: perché lasciare il titolo inglese se per tutto il film lo chiamano Noè? - è un film di estrema ambizione che cade più volte sotto il peso dell'importanza che si affibbia da solo. Si vede che il regista crede in maniera fin troppo esagerata a questo film, ma viene da chiedersi se durante il processo creativo non abbia avuto un po' di confusione. Si nota la corrente più ebraica che cattolica che permea tutta la pellicola, ma è quella stilistica dell'uomo creativo che non convince. Quando vuole esplodere lo fa con tutta la potenza del mezzo che Aronofsky ha dimostrato da sempre di saper ottimamente gestire, ma in più di un'occasione si dimostra uno strano ibrido che non sa da che parte stare. In certe sequenza usa il linguaggio tipico di un certo cinema indie che il regista ha frequentato per molto tempo (e per ironia della sorte, a mio parere sono quelle meglio riuscite), dall'altra invece ha la spettacolarità barocca ed esagerata di certo cinema fantasy, e per certi versi si avvicina maggiormente alle atmosfere della storica trilogia tolkieniana di Peter Jackson che a quelle di un film religioso - se si lascia da parte la religione implicita in Tolkien, a un certo punto. Tutte cose che a me non hanno dato fastidio, anche se ammetto che certe sequenze sembrano un film di Fantastica avventura ben finanziato, come il flashback che vede entrare in azione in giovane Matusalemme, una scena così strana e fuori luogo da risultare fastidiosa ed inutile al contempo. La vera attenzione però è da spostarsi su Noè (interpretato da un bravissimo Russel Crowe), qui rappresentato in una visione più umana. Non è un uomo sicuro delle proprie azioni, è un essere umano comune che prova timore, ansia e paura, e per quanto egli sia un prescelto, non esiterà a macchiarsi le mani in maniera dolorosa, come dimostra la sequenza a naufragio iniziato. Alla fine si arriva a fine visione con un po' di noia, ma consci di aver visto qualcosa che cerca di andare oltre e che ha i suoi momenti. Peccato che la testa rimbombi per tutte le nozioni e le informazioni visive ricevute, perché a conti fatti questo film è davvero troppo. Troppo auto compiaciuto, troppo esagerato e troppo sicuro della propria importanza per risultare emozionante e coinvolgente come vorrebbe. Resta un qualcosa di innocuo, che non scuoterà né l'ateo né il fervente cattolico, il che è impensabile, specie dopo tutto l'estremismo che Aronofsky ha cercato di portare sullo schermo. E finché non è la parte umana a subire qualcosa, progetti simili restano inutili, perché senza l'uomo non esisterebbe manco Dio. E viceversa.

Forse il regista voleva spingere lo spettatore a porsi delle domande che, magari, non sono accessibili alla mia mente primitiva. Però l'unica domanda che mi sono posto è stata quella su come fa Emma Watson a essere sempre più figa mano a mano che passano gli anni.Voto: ★½
Noah
Noah
Noah
Noah
Noah
Noah

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :