Padre e figlia, madre e figlio: sintetizzando, senza che l’approssimazione cambi il senso della storia, la contrapposizione tra queste due coppie (e soprattutto tra i due genitori divorziati) è il fulcro della vicenda. Ettore (Fabrizio Gifuni) è un “artista” squattrinato e pigro, la figlia Emma (Lucrezia Guidone) una hippie idealista che condivide col padre l’intolleranza per la rigidezza e l’apprensività della madre, Lara (Ksenia Rappoport). Quest’ultima, invece, è più in sintonia col figlio Giacomo (Francesco Bracci Testasecca), che pure è spesso schiacciato dalla sua invadenza. Un modello in cui molte famiglie possono riconoscere i loro pregi e difetti, certo, ma non una rappresentazione tanto più realistica della produzione media italiana, che Francesco Bruni ha talvolta sceneggiato (da Ovosodo e Baci e abbracci a Studio illegale e Tutti i santi giorni) e che adesso comincia a dirigere: il suo primo film Scialla! è del 2011. Il regista, infatti, afferma di non essere soddisfatto del modo in cui i colleghi affrontano il tema. Apprezzando il suo impegno, l’agilità della trama e le prove degli attori, non possiamo però essere entusiasti della sceneggiatura, che doveva peraltro rendere molto appetibile un soggetto non troppo originale, in fin dei conti. Il difetto più ricorrente, ma non così presente da essere grave, è la ridondanza: sarebbe stato sufficiente ammettere qualche dialogo che nulla aggiunge alla situazione, e anzi la depotenzia perché superfluo; non dimenticarsi di qualche particolare rivelatore, o non nasconderne le conseguenze, che fanno assomigliare questa commedia a qualcosa di troppo conservatore rispetto a cosa avrebbe potuto o desiderato essere. Non ci sembra corretto svelare di cosa si tratta nello specifico, ma pare che l’unico personaggio che doveva ancora evolversi per ricostruire l’equilibrio familiare non l’abbia fatto, seppure la storia avesse preparato gli altri a compiere questo passo. Ma non ci pare la scelta migliore nell’economia della storia, ma la rispettiamo perché non è fuori tema. Ma ci poniamo una domanda provocatoria: perché è così difficile lasciare che sia lo spettatore a ricostruire il realismo della vicenda, senza nessun libretto d’istruzioni per l’uso?
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