a cura di Dale Zaccaria
“Noi ci dobbiamo ribellare prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente”
I cento passi M. Tullio Giordana/Claudio Fava/Monica Zappelli
“ Ribellarsi è giusto.”
Jean Paul Sartre
Ribellarsi “ perché chi non sa va illuminato” come le parole di Alberto Moravia ai funerali di Pier Paolo Pasolini: “perché io so che voi sapete chi era Pier Paolo Pasolini”.
Ribellarsi per poter far luce su ciò che è giusto e ingiusto, per stabilire il confine netto, la linea tra legalità e illegalità, per dividere il bene dal male. Per ristabilire l’ordine sul disordine.
Ordine morale sul disordine morale, etico, intellettuale e quindi spirituale.
Ribellarsi alla mafia nella pratica quotidiana. Non scendere a compromessi. Non avvallare il sistema mafioso fatto di favori e clientele su tutti i suoi livelli. Fatto di occupazione di posti ,di luoghi, di realtà sociali e metaforiche non per merito, per talento, per virtù professionali, ma per miseria.
Ribellarsi alla miseria umana. Alla sua ipocrisia: “non vedo, non sento, non parlo”. Al principio di omertà e di occultamento della verità che la caratterizza. Al principio di non -verità che i mafiosi in tutte le sfere, da quella economica-politica a quella artistica, dal gradino più basso a quello più alto, praticano quotidianamente, con le proprie scelte e con i propri atti di forza e di potere.
Scegliere di ribellarsi. Di non temere le pratiche di minacce, la strategia della tensione e della paura, che mette sempre in atto colui o coloro che vogliono stabile il controllo su un individuo o su un gruppo di persone per de-motivarne le scelte appunto, per causarne l’arresto, la possibilità sovversiva.
Ribellarsi è decidere di sovvertire. Di cambiare un sistema e le sue pratiche. E’ scegliere con chi stare e dove stare. E’ scegliere per il proprio presente e futuro e quello delle generazioni più giovani. E’ scegliere quale mondo si vuole costruire e si vuole lasciare a chi verrà dopo di noi. Ribellarsi per tracciare quelle linee, per creare quel confine, dove la visione tra ciò che è mafia e ciò che non lo è sia chiara. Per permettere di distinguere e di sapere, perché infondo nel caos si “comanda” meglio. Perché dis-informare equivale a creare quella spirale di caos e di confusione dove non si distingua più il bene dal male.
Ribellarsi per distruggere gli atti di manipolazione propri di ogni pratica mafiosa. Manipolare è un’altra forma di non verità, di occultamento della verità, è plasmare nature essenze persone contenuti sociali a proprio vantaggio. E’ un atto di non-conoscenza.
A tutto questo ci dobbiamo ribellare. Giorno dopo giorno. Nella pratica quotidiana. Con il rifiuto. Rifiutare è scegliere. Rifiutare un compromesso, una mazzetta, un rapporto di potere è scegliere. E’ un atto di ribellione. Affinché questo rifiuto, questa ribellione sia molteplice, siano più voci, e sempre di più, e sempre di più.
Ribellarsi significa ricordare. Ricordare la morte di Peppino Impastato, di Pier Paolo Pasolini, di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ricordare lo stupro politico fatto a Franca Rame nel 1973.
Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima che ci abituiamo alle loro facce. Prima che ordine e disordine coincidano, che bene e male coincidano, e che tutto rientri nella normalità. Prima che non si sappia più dov’è lo Stato e l’anti-stato, Cristo e l’anti-cristo e aggiungo la Poesia e l’anti-poesia. Prima che questi due aspetti opposti non siano altro che la stessa cosa. Ribellarsi è capire e dividere, fare ordine, portare alla luce.
Ribellarsi perché i Signori e le Signore dei Morti: dell’anti-stato, dell’anti-cristo e dell’anti-poesia non determino il caos, il clima di minaccia e di paura, la non conoscenza. Rifiutare i loro principi manipolatori e mafiosi. Rifiutare il loro sistema di controllo nazifascista, smascherali dietro nomi e cognomi, smascherare il loro finto principio di sinistra (o comunista) nel quale si nascondono, perché appunto destra e sinistra non siano anche qui la stessa cosa, e come capita spesso sentire: “tanto sono tutti uguali”.
Ribellarsi appunto per ricordare gli uomini migliori come è stato Enrico Berlinguer per il Partito Comunista Italiano. Perché i Signori e le Signore dei Morti non facciano sì che il nostro paese sia solo “senza verità e memoria”( P.P.P ) e quindi fare sì che questi signori/e distruggano sogni, possibilità, vita e speranze attraverso il loro principio camaleontico di dis-ordinare.
Ribellarsi è combatterli e rifiutarli.
Ribellarsi è ristabilire l’ordine al loro principio di disordine, alla loro pratica di confusione e di occultamento della verità. Alla loro insana ideologia di morte che penetra lentamente nella testa, nella mente, nei corpi, come le non lontane camere a gas. Ma i metodi oggi sono più raffinati, subdoli e cinici. Anche qui dal gradino più basso a quello più alto.
Noi ci dobbiamo ribellare. Dobbiamo rifiutare l’insana ideologia di morte dell’anti-stato, dell’anti-cristo, dell’anti-poesia, il loro fanatismo, le loro pratiche, la loro follia, la loro stupidità, idiozia, “perché soltanto gli stupidi come i corvi sentono le cose morte” diceva Leonardo Sciascia.
Ribellarsi è scegliere un mondo onesto quello che si augurava Rita Atria. E’ scegliere un sogno. E’ scegliere la vita. La poesia. La forza della giustizia e dello Stato sull’Anti-Stato.
Ribellarsi è anche scegliere di combattere. Combattere con le idee, con la cultura, con la sovversione artistica, con le parole, con la forza, l’audacia delle parole. Perché le parole possono essere spade, e la voce, la propria voce può essere una lama lucente.
Ribellarsi decidendo di scegliere la verità. Perché solo con la verità si raggiunge la vera conoscenza. “Studiate, perché solo con la cultura si può distruggere la mafia” affermava la mamma di Peppino Impastato, Felicia.
Ribellarsi significa conoscere i dispositivi di potere che aveva ben capito Pier Paolo Pasolini, che aveva ben portato alla luce Michel Foucault in tutta la sua trattistica filosofica.
Ribellarsi significa scegliere tra bene e male. Tra ordine e disordine morale e spirituale. E ristabilirne il confine.
E noi ci dobbiamo ribellare prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente.
Noi ci dobbiamo ribellare.
Perché la montagna si muove solo se siamo noi a muoverci. E noi la “montagna di merda” vogliamo smuoverla per avere una visone più chiara onesta e bella del mondo.