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"Noi del rione Sanità " di Antonio Loffredo" (Mondadori editore) /Il libro del week-end

Creato il 06 aprile 2014 da Marianna06

 

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Non c’è solo l’Africa con gli enormi problemi di sviluppo bloccato, di migrazioni forzose e di soprusi cui è difficile sottrarsi.

E questo specie quando la classe politica locale la fa da padrone con prepotenza ed è in sintonia con certi poteri forti, per cui finge di non vedere e di non sentire.

E, intanto, continua a lavorare esclusivamente “pro domo sua” e cioè per arricchirsi  con lo sfruttamento dell’ ignoranza e della povertà.

Napoli, un’ampia fetta del meridione d’Italia, e, a Napoli, ad esempio il rione Sanità, è in particolare proprio  uno di questi ghetti (ma in città non è il solo), dove un giorno arrivò come parroco don Antonio Loffredo.

Gradualmente, don Antonio, senza alcuna supponenza, lasciandosi studiare lui dai suoi parrocchiani, ha provato nel tempo ad operare  il miracolo.

Quello che egli definisce il miracolo della “bellezza”. E protagonisti assoluti di questo miracolo erano e sono ancora oggi, sopratutto, i giovani del rione Sanità.

E protagonisti, per altro, in un luogo ricco di storia antica, che il degrado per incuria degli amministratori politici aveva fato andare da tempo in malora.

Chiese, palazzi e monumenti.

Chiese che oggi sono contesti di aggregazione, scuole popolari per chi intende apprendere e togliersi  dalla strada, laboratori per poter imparare un mestiere.

Diciamo che si tratta di una scommessa sulla cultura, raccontata per filo e per segno in questa egregia testimonianza autobiografica senza alcuna supponenza.

Restaurando le pietre- dice don Antonio - si restaurano anche le persone. Non più furti. Non più spaccio. Qui ci serve mandare in frantumi il ghetto (una città nella città fatta di cinquantamila abitanti) e l’anima sorda del quartiere tutto.

Occorre- continua- gente e cultura per fare breccia e costruire impresa sulla bellezza, utilizzando l’arte e la bellezza quali strumenti per un adeguato impegno civile.

Ecco allora una modalità, senza troppe pretese ma seria, di fare chiesa uscendo dalle sagrestie.

Un graffiare la realtà- come dice di lui l’amico don Ciotti- per offrire delle opportunità a chi non ne ha.

    a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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