Alcune di noi nonne – le più giovani, ma non è detto – hanno per fortuna ancora i genitori. Gratificante situazione, di vantaggio anche ai nipoti, che entrano in rapporto con tre generazioni. I bisnonni sono portatori di ulteriore “sapienza”, il legame familiare assume una prospettiva più ampia, la memoria storica se ne avvantaggia.
I nostri papà e mamme sono vecchi e spesso bisognosi di presenza costante o assistenza vera e propria. E prima o poi purtroppo accade che, in maniera ci auguriamo “lieve” e serena, la loro esistenza si avvii alla fine. Nell’occuparci (preoccuparci) di loro dobbiamo fare delle scelte, possibilmente giuste, ed è inevitabile pensare anche alla nostra età avanzata. Sarebbe il caso di mettere a punto un orientamento generale su come, se ne avremo modo, vorremmo gestirla. Per il momento occupiamoci delle mansioni filiali, che diventano talvolta problematiche quando la salute dei nostri cari declina.
Niente di personale, non ho più i genitori . La riflessione mi viene comunque suggerita dalla cerchia parentale allargata, in cui ci sono tre bisnonni. A gestirsi in quasi autonomia è stata finora l’ ultranovantenne vedova, mentre la coppia (qualche anno in meno ma più malandata) si avvale di una badante diurna. I figli sono coinvolti con ruoli più o meno importanti, i loro coniugi e anche i nipoti hanno qualche compito. I casi concreti mi hanno posto questioni che provo a estendere e generalizzare. Le elenco in forma interrogativa, partendo dall’ipotesi che le figlie, cioè noi nonne, siano libere dal lavoro e da pressanti impegni di famiglia.
- E’ opportuno indurre il genitore autosufficiente che non lo desidera (pur avendone i mezzi) ad assumere una badante o simile per sentirsi più tranquille?
- E’ giusto cercare di convincerlo alla casa di riposo per il timore di una futura invalidità? O, al contrario, distoglierlo dall’entrarvi per motivazioni economiche o sociali?
- Se occorre assistenza, come comportarci quando fratelli e sorelle, pur in condizione di collaborare, si dimostrano poco disponibili?
- Dobbiamo porre dei limiti alla nostra sollecitudine? Se la condizione di malattia, pur grave, si protrae a lungo, è corretto mantenere (o quasi) un normale ménage domestico? Per es., garantita l’adeguata assistenza, possiamo andare in vacanza? Non troppo lontano, direi.
- In caso di malattia, è giusto celare al genitore indipendente e lucido una diagnosi infausta?
- Lo è, allo scopo di meglio assisterlo, organizzarne il trasferimento lontano dall’ambiente in cui è sempre vissuto? Ovvero: noi figlie dovremmo – essendone in grado – abbandonare il nostro per trasferirci in casa sua?
Per il momento mi fermo qui. Dedicherò il prossimo post alle opinioni che ho trovato su questi temi. Tristi quanto poco eludibili, almeno in prospettiva; e infatti, come in premessa, mi propongo di parlare un po’ anche della nostra vecchiaia.
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