Noi speriamo che ce la caviamo

Creato il 28 marzo 2012 da Tnepd
“We don’t need no education. We don’t need no thought control. Hey, teacher, leave the kids alone.” (Pink Floyd, “The Wall”) Chi l’avrebbe mai detto che la frase di Eduardo De Filippo “gli esami non finiscono mai” sarebbe divenuta l’epigrafe da apporre al posto di “la legge è uguale per tutti” (ormai troppo comica ed eversiva),  a simboleggiare l’attualità italiana? Perché, se non ve ne siete ancora accorti, siamo tornati tutti a scuola con il preside, la vicepreside, i professori e, per non farsi mancare un pizzico di atmosfera d’accademia, gli assistenti saputelli e odiosi con il piglio del kapo. Come nei peggiori incubi notturni degli ex-universitari, scopriamo con orrore che non siamo affatto dottori come pensavamo ma ci mancano ancora due o tre esami da superare, i più tosti. Diciamo un “Patologia generale” e un “Fisica 1″ come minimo. Chi di noi credeva di essersi lasciato le interrogazioni alle spalle ormai da anni, e di non dover più subire le paternali da sala dei professori, è servito. Tutti back to school con il grembiulino ed il fioccone, la cartella, i compiti, le interrogazioni, le scuse tipo “a casa la sapevo”, le note sul registro, le minacce d’espulsione per i più indisciplinati e il sei in condotta. Finalmente c’è capito perché la Gelmini ha avuto mandato di distruggere la scuola. Perché era superata, finita. E’ stata una demolizione controllata. Con il governo dei professori già nell’aria, la scuola come l’abbiamo sempre immaginata, per i bimbi e i giovani, era diventata superflua. Ora c’è la scuola dalla culla al cofano d’abete, con le paternali, le orecchie d’asino e gli esami che, appunto, non finiscono mai, per tutta la cittadinanza. Anche per i cinquantenni e oltre. Perché siamo tutti un po’ scriteriati e scavezzacollo da raddrizzare. Una scuola continua, a tempo pieno, che ritorna a tradimento dopo anni nei quali avevi imparato ad apprezzare la bellezza della libertà da libri e quaderni e, perché no, anche di un bel po’ di ignoranza di ritorno. La libertà di poter leggere solo Topolino in bagno invece di tutti quei mattoni che da giovane ti avevano fanculizzato la vista. Gli italiani sono stati tutti trasformati in scolaretti piuttosto somari che si sono ridotti all’ultima settimana prima degli esami senza aver studiato un piffero, in preda al panico perché in commissione ad attenderli c’è il il Gran Maestro Monti, la vicepreside Elsa Fornero che non distribuisce caramelle ma bacchettate sulle nocche e paccate di quattro e tutta una serie di professori usciti pari pari dal peggior “Nightmare” che si sia mai visto.Non ce ne siamo accorti in tempo perché eravamo troppo intenti ad esultare per la cacciata del Nano e del suo Circo e a ridare forma ai coglioni spappolati dal suddetto. Avevamo anche inteso, capendo male, che questi fossero tecnici come gli idraulici, i carrozzieri, i falegnami o quelli che ci aggiustano l’Elleciddì fullaccaddì.
Sbagliato, sono professori. Un professore, anche di fronte a Gesù Cristo e al di lui Padre, Creatore e Signore, proverà sempre la pulsione irrefrenabile di correggere l’eloquio e riprendere il comportamento dell’interlocutore. Non dite che non è così. Non dite che non avete mai avuto un cliente professore/professoressa che vi abbia corretto l’ortografia o il qual è, dopo un ovvio “mi scusi sa, ma è l’abitudine”. Io, quando fanno così, li ammazzerei e sono tutti così, almeno dalle mie parti. I professori – dal maestro elementare al rettore universitario – hanno l’impressione di trovarsi sempre in cattedra con la mission di dare il voto a tutti, e se viene dato loro il potere di trasformare un paese in un’immensa scuola, anzi in un Collegio Pierpaoli, è la fine.Che questa forma mentis, questa spocchia cattedratica della Mafia del Trenta, sia diventata prassi di governo con decisione di vita e di morte su milioni di scolaretti inconsapevoli, che meritano la punizione perché sono stati cattivi e non meritano le caramelle, lo trovo agghiacciante.  Senza contare che, per aggiustare veramente le cose, purtroppo ci vogliono proprio i tecnici, non i professori.

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