Qualcosa non andava per niente nel Pd, prima dell’arrivo del segretario Titta Magnoli. Che all’interno del partito fosse attivo un potere interno, silenzioso, che lavorava nel silenzio e produceva nomine di cui i consiglieri comunali non erano informati se non a giochi fatti, lo si intuiva dalle relazioni pubblicate dal nuovo segretario provinciale, che ha avviato un processo di rinnovamento talmente difficile che occorre aver letto il giornale La Provincia durante e dopo i giorni delle primarie dei parlamentari per rendersene conto.
La lettera di Caterina Ruggeri, aiuta a comprendere ancor meglio, anzi getta luce su un partito invecchiato nella ripetizione di procedure non più discusse né partecipate. Il Pd, dalla tradizione così vincente a Cremona, aveva perso l’abitudine a confrontarsi al proprio interno senza alcun timore, faccia a faccia, per far emergere le ragioni migliori come si usa ovunque. In qualsiasi azienda, in un giornale, in una bottega artigiana, in un negozio o supermercato, il gruppo dirigente è costretto ad aggiornarsi e a confrontarsi apertamente, a cercare nuove idee e a scegliere le strategie migliori dopo averle analizzate con scrupolo.
Da un lato le dichiarazioni di Giuseppe Tadioli, dalle idee in passato tanto discusse e criticate (“dobbiamo tornare a discutere tra di noi, a confrontarci su quello che avviene nel territorio”), dal punto di vista del metodo fanno pensare non poco. Ma Caterina Ruggeri, trattando di coloro che se ne sono andati dal Pd a Italia Futura con la stessa disinvoltura con cui si cambia treno o taxi, getta luce sul lato oscuro del Pd. Quei conti di Aemcom, quelle spese, hanno già irritato o lasciato perplesso più d’uno. E ora il salto sulla scialuppa di salvataggio preparata da Montezemolo.
Le incredibili critiche che ha subito il segretario Titta Magnoli valgono più che mai quanto un incoraggiamento.