Nel 2006, quando Lou Reed portò in tour l’album del 1973 Berlin, andai a sentirlo al Traffic Festival e mi fissai talmente tanto con quei brani che li ascoltai ininterrottamente per mesi, arrivando anche a trarne dei racconti.
La bellezza dei vent’anni.
Stamattina, vegetante sulla poltrona dell’ufficio che è ricoperta di plastica trasparente e fa rumori imbarazzanti ogni volta in cui decido di muovermi, ho avuto la malaugurata idea di riascoltare tutto l’album.
Neanche a ragionarci per ore avrei potuto avere un’idea peggiore.
Berlin è un’opera rock che racconta di Jim e Caroline, due tossicodipendenti che vivono a Berlino e le canzoni sono caratterizzate da un malessere strisciante (Reed compose i brani poco dopo il tentativo di suicidio di sua moglie) che oltre a non farmi uscire dallo stato vegetativo, mi ha regalato un mal di testa coi fiocchi.
Ecco quindi un prontuario con una top five da non ascoltare in orario di ufficio, quantomeno se la propria occupazione professionale non contempla la creazione di contenuti oscuri, mortiferi e deprimenti.
- Lou Reed, Berlin, 1973
Jim e Caroline condividono una camera d’albergo fatiscente e maleodorante nei pressi del Muro di Berlino, sono eroinomani, la loro relazione è caratterizzata da picchi molto alti e sprofondamenti estremi. I servizi sociali gli hanno portato via i bambini.Occasionalmente, Jim picchia Caroline. Alla fine, Caroline si suicida e Jim pensa che strana sensazione. Prima o poi parleremo di questi maschi inutili rappresentati nella musica rock degli anni Settanta.
Per il niente che capisco di musica, è un capolavoro troppo a lungo incompreso. Ma a meno che non siate operatori del SERT in cerca di una piùprofonda connessione con i vostri pazienti, anche no.
Ci vuole un certo impegno a risultare deprimente anche quando i brani vengono remixati da dj di fama mondiale, e Lana ci riesce benissimo. Amori finiti male, nostalgie e tristezze che neanche quando avevo quattordici anni e mi vestivo solo di nero. La monoespressione plastificata della cantante non aiuta particolarmente la voglia di vivere.
Quindi NO, a meno che non siate una madre in apprensione per la figlia adolescente che passa i pomeriggi a fumare sigarette girate nel cimitero del paese.
Non so che dirvi, a me la sigla di True Detective Far From Any Road fa ancora tremare le ginocchia. Certo potrebbe essere un incentivo, potrebbe farvi scoprire che il nostro posto di lavoro non è poi tanto male, a meno che non lavoriate in una scuola cristiana in cui si utilizzino gli scolari per dei riti satanici.
Ad ogni modo, qui il verdetto è NI: NO se siete impressionabili, se avete la tendenza a saltare di palo in frasca sulla base di ispirazioni estemporanee (ieri sono finita a guardare dei documentari sul satanismo nelle zone meno alfabetizzate degli Stati Uniti), SÌ se il vostro posto di lavoro è orrendo e volete rasserenarvi con le disgrazie altrui. Che brutte persone siete però.
- Raffaella Carrà, TUTTO
Soprattutto i brani più famosi, che è un attimo prima che le cuffie si stacchino dal pc e l’intero ufficio ci visualizzi nel mezzo di una serata BananaMia del Centralino. E voi avete sempre finto di essere personcine raffinate e a modo, nevvero?
Però SÌ se anche voi lavorate in un luogo tipo questo, perché il trenino su Brigitte Bardò Bardò è dietro l’angolo e la giornata può prendere pieghe che neanche lo speciale del 31 Dicembre di Canale5.
- Bright Eyes, I’m Wide Awake It’s Morning, 2005
Poche cose sanno deprimermi, sul lavoro, come Conor Oberst e soci. Intendiamoci, li venero profondamente, ma l’orario di ufficio non è proprio il momento più adatto a sentirsi dire che Non siamo in alcun luogo, ed è ora, o che c’è un aereo che cade in mare e tutti muoiono felici.
Quindi per me è NO, non perché non mi siano arrivati ma per il motivo opposto.
Però fatemelo dire, le domeniche mattine con i Bright Eyes sono spettacolari.
A meno che non le passiate in ufficio, a quel punto forse solo Marilyn Manson potrebbe esprimere i vostri sentimenti.