Il sito ufficiale del Ministero degli Esteri russo ha fatto sapere che le sanzioni non solo vanno contro le regole dell’organizzazione mondiale del commercio ma di fatto sono “sconsiderate ed irresponsabili”. Inevitabilmente, per i russi, porteranno ad accrescere i prezzi dei rifornimenti sul mercato europeo dell’energia. Il commissario europeo per l’Energia Gunther Oettinger ha smentito questa nefasta possibilità, convinto di aver le spalle coperte dai contratti stipulati col partner orientale che lo legano a tariffe fisse fino al 2035. Oettinger è un po’ smemorato e forse ha dimenticato il polverone alzato dall’UE, con la richiesta di revisione dei prezzi del gas alla Russia, nonostante gli accordi stipulati, quando questi subirono un forte ribasso sul mercato dei quali noi europei non potevamo avvantaggiarci in quanto legati al sistema take or pay, improvvisamente considerato troppo oneroso. Facciamo come i bambini, quando ci conviene chiediamo di stracciare gli accordi pregressi, quando no li consideriamo inossidabili e pietrificati. In secondo luogo, nonostante quello che afferma il nostro ottimista Oettinger, non saremo in grado di differenziare o sostituire le fonti nel giro di un inverno. Ci vorranno almeno dieci o quindici anni. Tempi lunghissimi per una UE che non può permettersi di aggravare la sua crisi a causa di burocrati capricciosi senza contatto con le circostanze concrete. Bruxelles vorrebbe anche puntare su uno sfruttamento più intensivo dei giacimenti norvegesi ma Il Ministro del Petrolio e dell’Energia norvegese Tord Lien ha spento i facili entusiasmi della Commissione: “Nel breve termine, saremo in grado di aumentare la produzione di gas, ma non di moltissimo, nel 2020 la produzione del paese aumenterà: da 110 miliardi di metri a 130″. Pochino per lasciarsi andare alla manifestazioni di giubilo. Se Bruxelles ha altro in mente lo renda pubblico, purché non siano le solite baggianate irrealistiche delle cosiddette fonti alternative, solare ed eolico, che ci hanno già fatto perdere soldi, tempo e pazienza. Ci salverà, allora, il gas di scisto americano? Mancano i presupposti ed anche la materia prima. Gli statunitensi sono generalmente più pragmatici di noi e non regalano niente a nessuno. Ci vendono bene il loro sogno, secondo dettami opportunistici, ma quando si tratta di business è il denaro che conta. Le piazze asiatiche, sotto questo profilo, sono molto più allettanti per la commercializzazione del loro gas, che in ogni caso deve assicurare la loro autonomia energetica. Non ne hanno a sufficienza per tutti. Fine della storia. E’ ora che noi europei prendiamo di petto le nostre esigenze. Non c’è alternativa all’oro blu di Mosca. Impegniamoci a completare il South Stream e togliamoci dagli impicci. Facciamolo finchè possiamo. Le grandi narrazioni le dedicheremo ad un momento successivo, quando avremo più fiato per parlare perché ci saremo assicurati il gas per carburare.
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