Non c'è cultura senza educazione

Creato il 04 novembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Non sopporto l'atteggiamento di quelle persone che vogliono a tutti i costi dimostrarsi raffinate amanti della cultura e che partecipano a mostre, convegni e spettacoli solo ed esclusivamente per essere riconosciute come tali, ma finiscono inevitabilmente per rivelare la loro vera natura di incivili. Roba da far invidia a Homer Simpson che, almeno, è un personaggio che non si dà arie da intellettuale.

Un evento ben preciso dà origine a questo sconcerto, ma sedimenta su una gran mole di indignazione cui ho assistito personalmente negli ultimi anni.
Durante la rappresentazione all'Arena del Sole di Le voci di dentro, dramma di De Filippo interpretato da Toni Servillo, gli squilli dei cellulari hanno spinto l'attore ad uno sfogo più che comprensibile; Servillo, secondo quanto riporta Repubblica, avrebbe gettato a terra il bastone che impugnava, gridando “Basta, controllateli ‘sti cellulari”, e questa non sarebbe stata la prima occasione di interruzione per gli stessi motivi della recita nei giorni di messa in scena a Bologna.
La totale mancanza di rispetto nel pubblico degli eventi culturali (un pubblico da cui ci si aspetta non solo educazione, ma anche attenzione e una certa sensibilità nei confronti del prodotto acquistato, d'altronde entrare in un teatro non è come andare allo stadio o al lunapark) non è, purtroppo, un fatto isolato.
Le ultime due recite areniane cui ho assistito (Turandot l'anno scorso, La traviata quest'anno) quanto mi hanno incantata sotto l'aspetto scenico e musicale, tanto mi hanno disgustata per il comportamento del pubblico: fischi e applausi prima che l'orchestra finisse il proprio pezzo, sbevazzamenti di birra e champagne ad ogni nota (ma di questo è colpevole l'organizzazione, che permette il consumo di cibi e bevande a rappresentazione iniziata) e, alla fine dello spettacolo, montagne di cartacce e bicchieri lasciati fra le poltroncine.
La presentazione della mostra allestita in Gran Guardia riservata a giornalisti, fotografi e stampa non ha goduto di un trattamento migliore: i cellulari che squillavano sono stati solo il minore dei mali, se consideriamo che, a pochi istanti dall'inizio dell'intervento del curatore, un fotografo ha scavalcato i distanziatori per effettuare uno scatto ravvicinato, scatenando ovviamente le ire del direttore; dopo l'invito a non compiere più un simile gesto, peraltro, il fotografo ha lasciato definitivamente la mostra con aria infastidita.
Comportamenti tanto villani mi lasciano senza parole, perché ritengo che non possa esistere cultura senza educazione e rispetto. Non so se il dilagare di questi atteggiamenti sia più dovuto alla mancanza totale di percezione del limite della decenza o se, invece, alla base vi sia la convinzione che un pubblico pagante possa essere un cliente dotato della ragione assoluta, cui gli artisti e gli organizzatori devono sottomettersi senza fare una piega.
In entrambi i casi è una vergogna.
Questo articolo è dedicato a tutti coloro (e, fortunatamente, sono tantissimi) che danno un valore sacrosanto all'educazione e si avvicinano alla cultura con un atteggiamento umile e sincero.
C.M.

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