Sul territorio che cosa resta dello Stato? Il Parlamento da anni non riesce a legiferare: malauguratamente l’esecutivo assorbe poteri che non gli spettano e accresce il disagio esistente. Senza leggi nazionali discusse e approvate da una maggioranza consistente, sostenute da un consenso sufficientemente ampio e informato, quali regole normano i conflitti sociali ed economici, i comportamenti e le scelte dell’impresa privata e della pubblica amministrazione? Sul territorio restano Regioni in balia delle caratteristiche lobby e gruppi di interesse, Province deboli e demonizzate, Comuni bastonati dallo Stato e sindaci scelti dalle segreterie provinciali dei partiti in base al criterio della convenienza.
Così i cittadini si ritrovano le istituzioni del territorio schierate contro di loro, sindaci che assolvono a doveri di parte, non di rappresentanza o di presidio civile.
Sorgono impianti inquinanti in piccoli Comuni, le aziende maggiori e minori trovano campo libero, molti cittadini non hanno le conoscenze giuridiche e tecniche per competere con poteri consolidati e organizzati. Il perfetto amministratore – e si può temere che questo sia solo l’inizio del futuro – è colui che non ha la competenza per intervenire.
Intanto si parla di presidenzialismo, un elemento di governo centrale che dovrebbe essere bilanciato da poteri territoriali forti.