Non date la colpa all’Euro, il vero problema sono le mancate riforme

Creato il 19 febbraio 2014 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Il tema dell’euro, sulla permanenza dell’Italia nella zona-euro e sui benefici o danni che l’adozione di questa valuta ha provocato, sta accendendo una discussione molto vivace nel nostro Paese. In vista anche delle elezioni europee di quest’anno riteniamo opportuno dare voce a tutti i punti di vista e le idee che si confrontano sul campo.

In passato abbiamo dato spazio sia alla versione dell’uscita dall’euro, espressa dal prof. Bagnai, sia alla versione dell’economista premio Nobel Joseph Stiglitz che invece richiamava ad una maggiore integrazione delle politiche economiche europee fino all’unione bancaria.

Oggi, fedeli al nostro spirito liberale, vogliamo dare voce anche a chi non crede che le cause della crisi che sta investendo il nostro Paese siano da ricercare al di fuori dei nostri confini nazionali e che le responsabilità siano strettamente legate alla nostra classe dirigente e alle scelte fatte da quest’ultima negli ultimi vent’anni.

L’occasione ci viene data da Pietro Monsurrò, ingegnere e firma del Chicago Blog, che dopo uno scambio di mail sull’argomento ha acconsentito la pubblicazione della sua tesi.

Ci sono due tesi che mi lasciano perplesso.

La prima è l’idea che l’Italia abbia le mani legate e il suo futuro si decida all’estero. Nessuno in realtà impone all’Italia di avere un’amministrazione corrotta e inefficiente, una giustizia indecente, infrastrutture mediocri, una spesa pubblica elevatissima soprattutto per pensioni e interessi, una scuola – soprattutto al sud – di mediocre fattura, etc. Nessuno ha costretto l’Italia a non fare riforme, a rispondere alla crisi fiscale solo sul lato entrate, a mandare Razzi e Scillipoti in Parlamento, ad avere la tassazione su imprese e lavoro a livelli record, ad avere un mercato del lavoro a due binari. Sono decenni che questi problemi sono arcinoti, ma nessuno ha mai avuto la minima voglia di affrontarli.

La seconda è ritenere che Berlusconi sia diverso dagli altri politici. L’aumento delle tasse con cui si rispose alla crisi fiscale iniziò a Giugno 2011 sotto Berlusconi, non a Dicembre con Monti, dopo anni di menzogne berlusconiane sulla crisi che non esisteva. Chi ha del resto fermato la riduzione del debito pubblico dopo il 2003? Aumentato la spesa primaria nella prima decade del XXI secolo? Governato otto anni su dieci senza riformare nulla? Sprecato soldi per salvare Alitalia e Roma Capitale? Le responsabilità di Berlusconi sono evidenti. Letta e Prodi hanno dimostrato che la sinistra non è migliore. Monti ha dimostrato di essere pusillanime, e dopo la buona idea della riforma delle pensioni (1-2 punti di PIL di risparmi: la differenza tra crisi e bancarotta), si è fermato, rivelandosi un incapace come predecessori e successore.

Fallirà anche Renzi, probabilmente, ma non certo per complotti internazionali: è l’Italia che è in bancarotta istituzionale, morale, culturale. Renzi è soltanto il meno inverosimile, principalmente perché sembra nuovo. L’Italia declina perché agli italiani, a chi governa e a chi amministra va bene così, e infatti nessuna alternativa politica seria nasce da un paese con elettroencefalogramma piatto, che preferisce una lenta agonia a dolorose riforme. Diamo la colpa all’UE, agli USA, alla Cina, alla globalizzazione, alla finanza, agli speculatori. Tutto tranne che ai veri responsabili dello scempio del paese: gli italiani e la loro classe digerente (sic), amministrativa o politica, di destra o di sinistra. Si potrebbe fare molto se si volesse, anche se il sistema istituzionale italiano e la cultura italiana rendono le riforme improbabili.


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