Magazine Diario personale
Comincio a pensare che davvero si è chiusa una porta e si è aperto un portone.Speravo un giorno di arrivare a dire che quello che è successo ad ottobre si è rivelato infondo un colpo di fortuna. Non solo perché per il calcolo delle probabilità, ora sfighe basta.Ma perché la mia vita ha subito una svolta.La sosta forzata mi ha portato a riflettere se la mia esistenza (professionalmente) fosse quella che davvero volevo. Non parlo solo dei sogni nei cassetti, scrivere in riva al mare, per dirne una. O aprire un ristorante in cui gli allergici trovino finalmente comprensione delle proprie esigenze, ma senza essere ghettizzati.Lavorare bisogna e sembra ingeneroso, quando si ha un lavoro, lamentarsene solo perché non si è realizzati. Il 27 del mese è spesso una realizzazione sufficiente, se si considera che c'è chi non ha di che sfamare la famiglia. Poi il destino decide diversamente. E' stata una mazzata, inutile lo neghi. E quando si è presentata l'opportunità di tornare a lavorare (presto per fortuna) non me la sono lasciata scappare, non ho riflettuto se era quello che volevo, un figlio ed un mutuo sono motivi sufficienti per non farsi troppe domande, quando arriva una risposta.
Poi una telefonata, passeresti a fare un colloquio? Sotto casa, in un'azienda sana, con persone che conosci e stimi, non era difficile decidere che fare.Da poco più di un mese ho iniziato nella nuova azienda (la terza in sei mesi, ma non mi lamenterò mai, a guardare avanti ci si guadagna in salute).Non mi dilungherò sulla magia di una quotidianità finalmente normale. Fine delle sveglie alle 5 e mezza, delle due ore di auto. Pause pranzo con le gambe sotto al tavolo. Oppure la ceretta (eh, si sa, noi maniaci non cambiamo mai..) e poi fare in tempo a prendere un gelato prima di tornare al lavoro.
Mi dilungherò invece sulla qualità del lavoro.Ma prima una premessa. In questi mesi di disoccupazione e rioccupazione ho fatto vari colloqui con headhunters. Ti chiamano, ti intervistano ed inevitabilmente chiudono con "ci tenga aggiornata sul suo cv, se per caso trova o cambia occupazione". Poi loro non li senti più. E deduci che la ricerca è conclusa e hanno preso qualcun altro, o nessuno, a scelta. Nessun riscontro, ma cos'altro hanno da fare? Solo in un caso una mail automatica, simil out-of.office a notificare (dopo 5 mesi) che l'azienda aveva abbandonato la ricerca.Anche oggi uno mi ha chiamato e quasi mi ha rimproverato di non averli avvisati che lavoro, ricordandomi di mandargli l'aggiornamento.Ciò che non capisco è perché le aziende si rivolgano a sistemi di ricerca così obsoleti e poco rispettosi delle persone e soprattutto se funzionino. Per me rimane un mistero.
Ma torniamo a noi.Sto vivendo un'esperienza nuova. Un'azienda sana non solo dal punto di vista dei conti, ma soprattutto dei principi. Dove nessuno timbra, perché c'è fiducia che saprai gestire il tempo.La cui sede oltre ad essere una struttura energeticamente indipendente ed ecocompatibile, ha una mensa gestita da una ragazza che al mattino fa la spesa e cucina tutto senza usare preparati e non spreca, perché raccoglie le ordinazioni il giorno prima.C'è anche il nido e con stupore ho assistito ad una scena che mi ha scaldato il cuore. Ora di pranzo, entra in mensa una bimbetta di neanche due anni, pigiama rosa, guance rosse di sonno appena svegliato, vede la mamma, le vola in braccio felice e la mamma pranza con la bimba in braccio e poi la riporta al nido.Ovviamente serve una grande intelligenza e lungimiranza dall'alto per costruire una realtà in cui c'è rispetto reciproco, in cui si valorizzano le individualità, incentivando il lavoro di gruppo.Ho trovato apertura mentale, curiosità verso il nuovo, attenzione alle persone ed alla comunità in genere. Un mondo del lavoro, che è anche appartenenza e partecipazione alla società civile e non solo microcosmo volto al raggiungimento di un risultato economico.
Vado al lavoro di buon umore e carica di entusiasmo. Faccio cose che mi piacciono e posso finalmente mettere a frutto la mia esperienza e le mie capacità. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, con quello spirito un po' pionieristico che ha animato le mie prime esperienze professionali, ma più solido perché condito di esperienza.
Naturalmente il licenziamento mi ha costretto a ridimensionarmi sia economicamente che come livello, ma questo mi importa poco in questo momento. Ho di che vivere serenamente con mio figlio, grazie ai risparmi di questi anni ho abbassato il mutuo e non ci manca nulla di davvero importante. Possiamo ancora concederci di entrare in libreria ed uscirne con tre libri a testa. Di andare a mangiare una pizza se non ci va di cucinare. E di fare una spesa di qualità per la nostra dispensa.Possiamo insomma nutrire il corpo e la mente in maniera sana e sostanziosa e quindi (dal mio punto di vista) siamo ricchi.
Fa pensare solo che (io per prima) ci si stupisca di realtà etiche e sane, quando l'eccezione dovrebbero essere quelle che non lo sono. Sarebbe bello che la politica riflettesse anche su questo, anche sull'impatto che l'economia ha sulla società e non banalmente solo sulla matematica.
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