Non dimentichiamo Kobane

Creato il 28 gennaio 2015 da Davideciaccia @FailCaffe

La notizia della liberazione di Kobane era iniziata a circolare già domenica sera su Twitter e su alcuni gruppi Facebook, ma solo lunedì è arrivato l’annuncio ufficiale: i curdi del YPG e del YPJ hanno riconquistato la città, cacciando i miliziani dell’Isis. Le foto della bandiera gialla, verde e rossa che sventola in cima alla collina, vicino al confine, ne è la dimostrazione.

Per settimane Kobane è stata il centro del mondo. I giornalisti di tutte le maggiori testate internazionali sono arrivati per raccontare quello che stava accadendo. Alcuni l’hanno paragonata a Stalingrado, altri hanno tirato in ballo la guerra civile spagnola per sottolineare come in quella città di confine si combattesse una lotta di dimensioni epocali. In gioco non c’erano solo case, strade e terreni dall’importanza più o meno strategica, ma due modi di vedere il mondo. Da un lato gli uomini del Califfato, che hanno conquistato intere regioni dell’Iraq e della Siria, in alcuni casi quasi senza combattere. Sul loro cammino hanno incontrato gli yazidi, popolazione millenaria che hanno sterminato e ridotto in schiavitù. Dall’altro lato i curdi del Rojava, che hanno costruito un’alternativa democratica nel caos mediorientale e che stanno conquistando sul campo il loro diritto, se non alla completa indipendenza, almeno a una larga autonomia. Un racconto forse un po’ semplicistico, ma che sicuramente ha un fondo di verità.

Il pericolo è che ora il mondo, con la riconquista di Kobane, si dimentichi di loro. È già successo con le primavere arabe, con i manifestanti di piazza Maidan a Kiev, con Gezi Park a Istanbul, con il movimento degli ombrelli a Hong Kong. La questione curda è lunga e complessa, coinvolge quattro stati (Turchia, Iraq, Iran e Siria) e oltre 30 milioni di persone. Per anni i curdi sono stati definiti da alcuni come dei terroristi, termine che, dopo Kobane, non usa quasi più nessuno.

I giorni dell’assedio hanno ricordato al mondo che i curdi esistono e sono pronti a difendere i propri diritti e il loro territorio, dimostrando così quello che molti già sanno ma tendono a dimenticare: è impossibile portare la pace in Medio Oriente se prima non si risolve la questione curda. Proprio per questo, non dobbiamo lasciali soli.


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