Non e' bello quel che e' bello?

Creato il 03 novembre 2013 da Giuseppeg

"Sedetevi, anzi stendetevi su una poltrona..."

Facendo un passo indietro, e riprendendo da dove eravamo rimasti, proviamo a fare un piccolo esperimento. Sedetevi, anzi stendetevi su una poltrona - meglio se con le gambe allungate -; rilassatevi e chiudete un occhio. Proprio così, chiudete un occhio. Cosa vedete? Che ne so, la vostra stanza? Molto bene. Adesso prendete carta e matita e mettetevi a disegnare esattamente tutto ciò che vedete - sempre nella stessa posizione, s’intende. Andate un po’ a vedere il risultato della vostra opera e scoprirete che con ogni probabilità avete dimenticato di inserire la vostra arcata sopraccigliare e la vostra buona metà di naso, oltre ad uno dei baffi - se li avete. Proprio come accade invece nel disegno del filosofo Ernst Mach, che voi potete vedere riprodotto nella figura. Cosa vuol dire? Vuol dire che è difficile dare un giudizio effettivo sulle proprie esperienze, ed è ancora più difficile riportarle e tradurle complessivamente nella loro totalità. Voi non avete incluso nella vostra visione del mondo quella parte della vostra faccia che sporgeva verso il vostro campo visivo; in una parola, avete escluso voi stessi come soggetto conoscente, e avete lasciato tutto il campo alla realtà che è fuori di voi.

E' solo questione di punti di vista...

Ma le cose nell’esperienza non stanno esattamente così: noi non possiamo immaginare la realtà fuori di noi come indipendente dalle nostre percezioni, che la modificano e la improntano con le nostre proiezioni, i nostri desideri, le nostre frustrazioni e soprattutto i nostri pregiudizi. Per sperimentare una cosa, infatti, conta molto la struttura che precede l’esperienza, e che è riassumibile nelle nostre convinzioni morali e scientifiche, nella nostra visione del mondo e nelle nostre opinioni.  Persino la scienza è sottoposta a questo genere di limitazioni, se pensiamo che anche la scienza ha una storia e che teorie che oggi ci sembrano evidentissime un tempo non soltanto non erano accettate, ma neppure lontanamente intuite, proprio perché esulavano da quella precisa visione del mondo. L’esempio più eclatante è ovviamente la teoria geocentrica, che corrispondeva perfettamente al modo di vivere e di pensare religioso e gerarchico di tutta l’epoca pre-moderna. Ma questo aspetto lo approfondiremo un’altra volta quando parleremo della storicità della scienza. Per ora basti quanto si è detto. Se non mi piace il latte, e attribuisco elementi di ‘lattosità’ ad alcuni cibi come appunto la panna, o i formaggi o i ripieni di ricotta, ecco che mi precludo o comunque pregiudico le mie esperienze ‘assaggiatorie’. Ancora, restando in campo gustativo: se una persona mi fa assaggiare un cocktail che non ho mai provato, e prima ancora mi dice che conoscendomi sa già che non mi piacerà, è possibile che il cocktail non mi piacerà davvero, o che comunque non sarà il mio preferito di sempre. Facciamo presto a parlare, insomma, a gridare le nostre opinioni pretendendo di attribuire ad esse un valore oggettivo. Prima di parlare di un tale valore, però, come si vede c’è una strada bella lunga.

Le illusioni ottiche non sono fenomeni passeggeri, ma
sono il sintomo delle possibilità polivalenti delle nostre
percezioni

E' questo il percorso della Fenomenologia, ed è questo il suo valore nella vita di ogni giorno, oltre che nella ricerca filosofica e scientifica. Il mondo è pieno di illusioni che compromettono in tanti modi la nostra vitaA volte sono illusioni utili, che ci aiutano a vivere e ad evitare di incappare in qualche guaio - non so se è davvero un'automobile quella che vedo, in senso fenomenologico intendo, però intanto mi sposto, così evito l’incidente di cui parlavo nell’articolo precedente -, ma molto spesso sono invece perniciose e devianti, ed influenzano negativamente le nostre scelte e la nostra vita. Un esempio? La pubblicità, o il sistema di coercizione basato sull’inganno di una libera volontà - compro quello perché mi piace e non, come invece è realmente, perché vi sono costretto dai lavaggi del cervello del mercato. È il discorso portato avanti dalla Gestalt - vedi Il vaso di Rubin -, ovvero dalla scienza che si occupa della nostra percezione delle cose, riservandoci delle sorprese a volte veramente niente male! "Non crediamo a tutto quello che vediamo, fermiamoci e facciamo epoché!". Vi immaginate una pubblicità che ci rivolge questo appello? Sarebbe come darsi la zappa sui piedi, sarebbe come dire, insomma, che non è bello quel che è bello, ma che è bello quel che piace - a loro, e quindi, di conseguenza, deve piacere anche a noi. 

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