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Non è colpa mia... l'allenamento mentale contro le scuse

Creato il 19 aprile 2010 da Ekis Sport Coaching @Ekis_srl

Non è colpa mia... l'allenamento mentale contro le scuseEcco una delle arti in cui moltissimi atleti, dirigenti e società con cui ho lavorato come mental coach sono maestri: la “scusite” ossia l’arte di trovare delle scuse per non aver fatto le cose oppure per non aver ottenuto la performance che desideravano.

Nella top ten delle scuse troviamo: “è colpa dell’allenatore perché…”, “è colpa della società perché non…”, “non si può giocare su un campo del genere”, “è colpa del preparatore atletico perché…”, “è colpa del mio compagno di squadra perché…”, “i tifosi ce l’hanno con me e mi creano stress”… e sai benissimo che potrei continuare con una lunga lista.

Ma gli atleti non sono gli unici. Dall’altra parte ci sono staff e società: “se fosse andato a letto prima…”, “è colpa sua che non si impegna come dovrebbe”, “è colpa sua perché manca di motivazione”, “non si comporta da atleta professionista”, “gli sponsor non ci hanno pagato”…

Insomma la morale è che è SEMPRE COLPA DI QUALCUN ALTRO e nessuno tende a prendersi le proprie responsabilità! Questo vale ovviamente in primo luogo per gli sport di squadra, ma ho visto anche atleti di sport individuali esercitarsi nel trovare scuse creative.

Sai quando nascono i veri problemi? Quando una persona arriva a raccontarla (e raccontarsela) così bene che inizia a crederci veramente!

Ok, non voglio farla troppo lunga sul concetto, a buon intenditor poche parole… vorrei invece soffermarmi sul come “curarsi” da questa malattia che infetta lo sport.

Rudyard Kipling diceva: “Ci sono quaranta milioni di ragioni per fallire, ma non una sola scusa”. La storia è piena di personaggi che avrebbero avuto delle ragioni eccellenti per fallire, eppure rifiutarono di darsi per vinti! Vuoi sapere qual è l’antidoto? È il tuo atteggiamento mentale… e, come ogni altra abilità, anche questo può (e deve) essere allenato!

Non so se il nome Johnny Weissmuller ti dice qualcosa: nel suo palmares di campione di nuoto puoi trovare 5 ori olimpici, 52 titoli nazionali statunitensi e 67 record mondiali stabiliti in carriera… non male, eh? Ma essendo gli anni ‘20 forse andiamo un po’ troppo indietro per ricordarlo… vediamo se ti aiuta quest’altro passaggio: finita la sua carriera da nuotatore Johnny, con il suo fisico statuario, si diede al cinema e passò alla storia per essere diventato il primo e più famoso “Tarzan” del grande schermo. Perché ti ho raccontato questa storia? Perché Johnny Weissmuller prima di essere Tarzan e prima di essere un campione di nuoto, era un ragazzino poliomielitico (e ti ricordo che siamo attorno al 1915), che iniziò a nuotare perché il medico gli disse che poteva aiutarlo nel combattere la sua malattia… aveva un’importante scusa fisica, ma non lo fermò!

Veniamo ai nostri giorni. Conosci il giocatore di basket Nate Robinson? Lo scorso febbraio ha vinto per la terza volta lo storico NBA Slam Dunk Contest (2006, 2009, 2010), l’annuale “gara delle schiacciate” a cui partecipano i migliori giocatori dell’NBA. Se non segui la pallacanestro probabilmente ti starai chiedendo “beh cosa c’è di strano?”. Ebbene, Nate Robinson è alto 1 metro e 75 (con le scarpe)… In mezzo a questo mare di giganti spicca un nanerottolo che ha deciso di non fermarsi al “cambia sport, tanto sei un tappo e non arriverai mai da nessuna parte” e si è andato a conquistare uno degli storici trofei del campionato più prestigioso del mondo. In una delle sue epiche schiacciate, ha addirittura saltato sopra all’avversario Dwight Howard (vedi la foto), un armadio a quattro ante alto 2 metri e 11.

Ti parlo di Nate perché (almeno guardando i risultati) credo sia un esempio del tipo di atteggiamento che dovrebbe avere un atleta.

Tutti gli atleti di successo con cui ho lavorato da mental coach, hanno in comune una cosa: non cercano qualcuno o qualcosa su cui scaricare la colpa e si concentrano invece su cosa possono fare per cambiare un risultato che non li soddisfa. Il lamentarsi e il trovare delle scuse sono il cancro dell’atteggiamento che, invece, fa ottenere risultati eccezionali addirittura ribaltando i pronostici più “ragionevoli”.

Se vuoi davvero qualcosa hai non solo il diritto, ma anche il dovere di giocarti tutte le tue carte. E soprattutto non devi essere tu il primo a razionalizzare il non averci provato con qualche scusa più o meno plausibile e motivata.

Rimanendo in tema basket, Michael Jordan ha intitolato un suo libro I can’t accept not trying, non posso accettare di non provarci… credo che valga la pena di fare tua questa filosofia!

Se hai voglia di cimentarti, questo è un esercizio utile di allenamento mentale che faccio fare durante le sessioni di sport coaching:

- Scrivi quali sono le cinque maggiori scuse e “false” razionalizzazioni che usi di solito per evitare i passi più importanti nel raggiungimento dei tuoi obiettivi.

- Nelle prossime tre settimane prendi l’impegno di non utilizzare nessuna di queste scuse e, nel caso ti trovassi in una situazione in cui ti farebbero comodo, fai un bel respiro profondo e agisci con determinazione.

Ti lascio con un video molto bello in cui è proprio protagonista Michael Jordan. Dura solo 1 minuto ed è sottotitolato in italiano… trai ispirazione!

Buona visione.

Non è colpa mia... l'allenamento mentale contro le scuse
Di Alessandro Mora


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