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Non e' soltanto una tazza di te'

Creato il 05 febbraio 2013 da Giuseppeg
NON E' SOLTANTO UNA TAZZA DI TE'E ora prendetevi un po’ di tempo per voi. Preparate le vostre tazzine, il vassoio, il servizio da tè. Scegliete le foglie migliori, preparate l’infuso. L’acqua non deve per forza bollire, deve assumere l’aspetto di cui parlava Lu Yu, il Signore del tè: bollicine in movimento, “come gocce che rotolano in una fontana”. Mentre versate l’acqua nella teiera, imparate ad apprezzarne il suono. Immaginate di ascoltare un ruscelletto che si getta in una conca; immaginatelo, ma non chiudete gli occhi: lo fareste traboccare! Date infine un’occhiata alla stanza. Disponete gli oggetti secondo il vostro gusto, ma non eccedete: un eccesso porterebbe ad un dispendio di energie; l’attenzione degli occhi verrebbe distolta, e forse il tè assumerebbe un sapore sbagliato. Se avete dei fiori, questo è il momento di disporli. In Giappone, i fiori non mancavano mai in una Casa del tè (Chashitsu). La loro sistemazione all’interno di un edificio era una vera e propria arte, e si chiamava ikebana. Li si disponeva in maniera apparentemente casuale, asimmetrica: l’asimmetria delle grandi foreste, dei giardini naturali, delle gole di montagna. L’asimmetria è sinonimo di incompletezza, ma non di mancanza: l’esistenza è un lungo flusso ininterrotto, mai concluso, che disegna le sue forme e poi le cambia, le scompone e ricompone. Non solo. La simmetria è di per sé appagante, non richiede alcuno sforzo della mente per essere percepita e apprezzata. L’asimmetria, al contrario, lascia a noi il compito di ristabilire l’armonia, in noi stessi e nel mondo; che è poi quello che cerchiamo in questo tè.
Quando l’infuso è pronto – non più di tre, quattro minuti se è tè verde, ancora meno per il bianco -, versatelo con calma nelle tazze: vi accoglierà un vapore bianco, trasparente, come le nuvole in certe giornate di autunno. A questo punto, siete pronti. Sedetevi, prendete un bel respiro, e rilassatevi. Dimenticate tutto ciò che non siete; escludete i pensieri, i pregiudizi, le paure, e tutto quanto vi possa distrarre da quest’attimo. La respirazione è importante. Respirare significa instaurare un certo tipo di rapporto con il mondo. Chi non respira abbastanza, o chi respira male, pone delle resistenze fra sé e l’esterno; al contrario, chi sa respirare liberamente, ha un interscambio ideale: riceve e dà, allo stesso tempo; acquisisce e ripropone, immagazzina e crea. Nella nostra esperienza quotidiana, troppe volte tratteniamo il respiro; vuoi per lo smog, per la tensione o altro, fatto sta che ci sentiamo troppo soli, e che spesso ce ne chiediamo il perché. Aspirate il buon profumo della tazza: lo vedete? Per un momento avete detto di al mondo; avete restaurato un frammento della vostra armonia. E poi, lo vogliamo assaggiare? È buono? Vi trovate a immaginare una cascata, il vento, una radura silenziosa; tutto ciò che vi appariva insignificante, ora si esalta nella vostra mente; ma non è la cosa in quanto tale, siete voi che siete cambiati.
Provate a considerare che in Giappone, prima del rito del tè, gli ospiti venivano fatti attendere in una piccola anticamera. Da lì potevano ammirare il giardino del Maestro, e preparare il loro spirito al momento in cui sarebbero entrati nella Casa. I giardini erano semplici e complessi al tempo stesso; i loro prati, i loro alberi erano disposti in modo da sollecitare lo spirito di osservazione, senza essere appaganti di per sé. Gli scorci erano accuratamente studiati, e richiedevano un percorso particolare (roji) per essere pienamente apprezzati. I segreti del giardino non si offrivano al primo sguardo, ed ogni angolazione forniva una visuale diversa. Le pietre del sentiero che conduceva alla Casa erano piatte e larghe, disposte in maniera irregolare sopra il muschio e le felci rare; ad ogni passo ci si liberava dal peso del mondo, ci si sentiva più leggeri. Una volta arrivati alla Casa, per entrare bisognava chinarsi: l’uscio era infatti molto basso, e imperatori e generali hanno dovuto umiliarsi nei secoli, abbandonando sulla soglia ogni potere.
Avete mai osservato i vostri gesti? Vi ci siete concentrati? Probabilmente no. Per noi occidentali, ogni azione è conseguenza del pensiero, che contiene in nuce tutto quanto il mondo. Da qui nasce la svalutazione del gesto, la sua poca importanza nelle nostre vite. L’azione è solo il mezzo per raggiungere uno scopo. Eppure è solo nell’azione che esistiamo veramente. Il pensiero è un tentativo posteriore di fermare il tempo, ed ha quindi un valore puramente progettuale, orientativo. Ma noi siamo solo ciò che facciamo: è nell’azione che lasciamo il segno, che incidiamo su noi stessi e sugli altri; lo stesso pensiero è solo il figlio delle nostre scelte, e si struttura proprio in base ai nostri gesti quotidiani. Da qui l’importanza attribuita alla gestualità complessa del Maestro, durante la cerimonia del tè. Per noi occidentali si tratterà probabilmente di un’enorme perdita di tempo, che allontana i commensali dal momento dell’assaggio. Per il Maestro e per i suoi invitati, invece, ogni singolo gesto è importante, ed ha tanto più valore quanto più è disciplinato e preciso. La disciplina del gesto lo conduce alla piena padronanza di sé. La nostra esistenza ha valore nell’attimo, nel singolo movimento in cui si esprime tutta quanta la nostra vita; essa non viene né prima né dopo, nel rimpianto o nel progetto. Non bisogna aspettare di essere: si è già; dobbiamo solo agire.
Vi siete rilassati, adesso? Avete fatto il vuoto? Terminato il vostro tè, sarete come il fondo della vostra tazza. Gli elementi accessori che credevate fossero parte integrante di voi, li avete erosi a poco a poco con il vento del vostro respiro; la vostra bevanda ha trascinato i sedimenti. Persino il vostro nome, le opinioni e i sentimenti, tutto ciò non eravate voi stessi. Alla fine ciò che resta è una specie di zoccolo duro, una pietra levigata ancorata sul fondo. È questo il ki, l’unità originaria; sinolo di corpo e spirito, il ki rappresenta il nostro aspetto più profondo, la fonte segreta della nostra identità. Al tempo stesso, il ki è l’energia che muove il cosmo, l’armonia che sta dietro le cose: in questo modo, scavare in noi stessi significa ristabilire il legame perduto con il mondo. Niente male, per una tazza di tè!

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