Ogni venerdì ilballodelcervello.com ospita una mia rubrica cinematografica dal titolo “and the winner is…”, nella quale consiglio i film che credo valga la pena di vedere.
“Quante pareti sottili abbiamo sopportato insieme! Quanti sarcofagi di camere! Le camere d’albergo sono inquietanti per definizione. Quante persone hanno dormito in quel letto prima di te? Quante di loro erano malate? Quante di loro sono impazzite? Quante di loro sono morte?”
…and the winner is “1408“!
Trama: Mike Enslin (John Cusack), un tempo brillante scrittore con alle spalle un ottimo romanzo d’esordio, non è mai riuscito a superare il trauma della morte della figlioletta e ha perso scrittura e moglie dopo il dramma. Da tempo accumula la stesura di innumerevoli libri fra il cinico e il sensazionalistico in cui racconta la sua permanenza notturna in vari luoghi (cimiteri, camere d’albergo, case, castelli…) famosi per la presenza di fantasmi, poltergeist e fenomeni soprannaturali. La serie di lunghe notti solitarie alla ricerca di fantasmi inesistenti, tuttavia, è destinata a interrompersi quando Mike entra nella stanza 1408 del famigerato Dolphin Hotel. Sfidando gli avvertimenti di Gerald Olin, direttore dell’albergo (Samuel L. Jackson), decide di pernottare proprio nella stanza in cui hanno trovato la morte decine di ospiti dell’albergo, nella speranza che possa essere l’inizio di un nuovo bestseller. Ben presto Mike si rende conto che il signor Olin non mentiva: nessuno resiste nella 1408 per più di un’ora…
Come altri film di cui vi ho parlato in passato, 1408 non è un capolavoro, ma resta un horror estremamente interessante; non vi è dubbio, infatti, che lo svedese Mikael Håfström abbia saputo fare di un racconto breve di Stephen King il punto di partenza di un interessante esperimento cinematografico. Gli sceneggiatori Matt Greenberg, Scott Alexander, Larry Karaszewski hanno dovuto lavorare, infatti, su una storia che per gran parte del suo svolgimento si fonda sulla presenza di un unico protagonista, il cui ruolo è minato dall’ingombrante presenza di una stanza, un luogo che dalla mente di King si è esteso al grande schermo con una forza straripante.
E ingombrante è anche la figura del direttore Olin, interpretato con enfasi quasi caricaturale da Samuel L. Jackson, presente in minima parte del film ma capace di rendersi protagonista del dialogo migliore dell’intera pellicola, in cui viene pronunciata la battuta “è una fottutissima camera del male”, divenuta poi una frase simbolo dell’intera “operazione 1408″. E ad un grande come Jackson si perdona anche quella che, di fatto è la scena forse più imbarazzante del film, in cui il suo personaggio rimpicciolito parla a John Cusack dall’interno di un frigo bar. Ma ad un horror che pretende di spaventarci si può concedere il lusso di un sospiro in cui l’incredulità si sospende del tutto a favore di una parentesi che sfiora il ridicolo.
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