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Non era solo un brutto sogno

Creato il 20 maggio 2012 da Barbaragreggio
Non era solo un brutto sogno  (Afp)
Oggi piove, fa freddo. Resto chiusa nella mia stanza, sfoglio una rivista. Ieri era una giornata bellissima, di quelle che il sole scalda e batte forte sulla testa. Era sabato. Sono salita sull'autobus già per metà pieno, mi sono seduta in fondo, a destra, lato finestrino. La provincia scivolava come sabbia tra le dita, poi, dopo la curva, la città. Avevo lo zaino colmo di libri, c'era l'interrogazione di italiano. Rannicchiata sul sedile consunto ho aperto l'antologia letteraria e ho cercato la pagina di Verga. Le righe erano sottolineate a matita, piccoli solchi trapassavano i fogli e si imprimevano su ciò che veniva dopo. I Malavoglia li ho letti l'altra settimana, in un'edizione economica che mia madre teneva sullo scaffale alto della libreria. C'era mare, tanta acqua in quella storia. Morivano un po' tutti, alla fine. Come solo nei romanzi accade. Il prof non ha neanche interrogato. Abbiamo fatto lezione con la leggerezza degli ultimi giorni, di quelle settimane dell'anno scolastico che odorano già di estate e spiaggia. A ricreazione sono uscita in cortile e ho raccontato a Veronica di Mario, di come mi batte forte il cuore quando mi guarda dritto negli occhi senza dire una parola. Sgranocchiavo crackers e intanto contavo le ore prima del nostro incontro. L'ora di matematica è stata una palla, ma alla fine è passata. In autobus, al ritorno, faceva un caldo che si soffocava. Strano, ieri faceva un caldo terribile, che mi pareva di bruciare, e oggi ho tanto freddo. Mia madre ha cucinato le orecchiette al pomodoro, per pranzo. Ho mangiato poco, avevo fretta di uscire, scendere alla spiaggia. Veronica mi aspettava davanti al Castello, seduta sull'erba. Sembrava un'indiana, con le gambe incrociate e scoperte. Abbiamo preso l'autobus e, lungo tutto il tragitto, abbiamo parlato di moda. Ci piacerebbe andare a Milano, dopo la scuola. Magari troviamo lavoro da qualche parte, insieme. Lei è brava, ha talento. Disegna dei modelli da urlo. Dice lo stesso di me. Siamo fantastiche insieme. Alla spiaggia abbiamo trovato alcuni amici. La sabbia era tiepida, solo in alcuni punti bruciava come ad agosto. Niente ombrellone, solo la sacca con il cambio. Ho vinto la gara di calcetto, poi abbiamo mangiato un gelato e siamo tornate a casa. La notte scorsa non ho dormito bene, mi faceva male dappertutto, avevo un gran caldo. Mi sono svegliata e attorno a me non c'era nessuno. Devo smetterla di mangiare la pizza prima di andare a letto, poi lo so che mi vengono gli incubi. L'anno prossimo mi trovo un lavoro in città, d'estate, faccio la cameriera da qualche parte, e metto da parte un po' di soldi. Mi piacerebbe andare a Londra. Adesso, però, ho freddo.
Guardo fuori dalla finestra e tutto è nero, eppure è pieno giorno. Ieri c'era quel bel sole!
Chiamo la mamma, magari mi misura la febbre. Avrò preso freddo in spiaggia e così ora mi toccherà di stare a letto tutto il giorno. La chiamo di nuovo, ma lei non risponde. A dire il vero non sento la mia voce uscire dalle labbra. Non sono a casa, non so dove mi trovo. Ho paura. Freddo, tanto freddo. Sono spaventata come quella volta ai giardinetti, che avevo cinque anni e non vedevo più la mamma, ma lei era solo nascosta dietro un albero. Cerco il cellulare, chiamo Veronica. Mario. Papà. Non sentite che vi chiamo? Perché nessuno sente la mia voce che adesso non è più parola, ma urlo atroce? Piango. Voglio solo che torni il sole. Poi, d'improvviso, ricordo tutto.
Ieri era sabato, metà maggio. Tra un mese sarebbe finita la scuola. C'era un bel sole, ancora tiepido. Ero scesa dalla corriera, svoltato l'angolo, camminavo accanto a Veronica. Ero felice, avevo i capelli sciolti che cadevano lunghi sopra lo zaino. All'ingresso della scuola c'era un cassonetto blu, non l'avevo mai notato. Ma, in fondo, quante cose non si notano? Poi è accaduto che il cassonetto non 'era più, c'era solo fumo nero, brandelli di ferro e fuoco e carne e libri. Veronica a terra, io pure. Dolore, fiamme, un caldo atroce. Tanta paura.
Poi più niente.
Non andrò al mare oggi pomeriggio. Non ci sarà più sole per me, né abbracci, né tenerezza. Non andrò a Londra con Veronica. Non diventerò mai una stilista famosa. Non sarò mai più felice. Non avrò figli, né un uomo da amare.
Sono morta ieri, su un pezzo di asfalto senza nome, nell'incrocio tra due strade che conoscevo. Sono morta senza un motivo, perché io non ho mai fatto male a nessuno. Sono morta mentre andavo a scuola, in un istituto praticamente femminile, dove stavo solo imparando a crescere.
Chi ha spezzato la mia vita penserà mai che io non c'entravo niente con i suoi piani? Che io avevo il diritto di vivere, di diventare una persona adulta? La mano che ha azionato la bomba che mi ha uccisa capirà mai che io volevo solo essere una ragazza normale, come tutte le mie amiche? Spero tanto che Veronica ce la faccia, che lei abbia più fortuna di me. Che non venga qui, dove ci fa un freddo cane ed è tutto buio. Che le altre ragazze riescano dove io non ho potuto.
Chi asciugherà le lacrime di mamma, adesso che io non ci sono più? Come farà papà senza di me?
Anche il freddo se n'è andato.
Ora piango un po', magari mi addormento. E quando mi sveglio scopro che questo incubo era solo brutto sogno. Che non sono morta a sedici anni, un sabato mattina di maggio che andavo a scuola.
Non era solo un brutto sogno. Putroppo. Melissa è realmente morta a sedici anni, un sabato di maggio che andava a scuola.
Barbara Greggio


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