"Perché l'hai fatto?", gli chiesi ad ogni piè sospinto con voce acuta e fastidiosa.
Fino a quando, mosso da disperazione, fervida fantasia ed innegabile talento, decise di darmi una spiegazione.
Una spiegazione che merita di essere condivisa.
"Quel giorno avevo scritto quattro righe, quando arrivò una telefonata e dovetti lasciare tutto per correre al lavoro.
Presi la giacca, che avevo poggiato accanto al pc, e andai verso la porta.
Mi tuffai giù veloce per le scale scivolando sul passamano. Evitai la Signora del terzo piano e saltai sulla moto. Anzi no, quella mi era stata rubata. Saltai su un motorino lentissimo. E, lentissimamente, volai verso l'ufficio.
Arrivato in Studio presi a discutere in modo veemente con la collega detonaballe. Lo scambio di vedute differenti si fece diatriba. La diatriba divenne diaspora. La diaspora andò un momento in bagno a cambiarsi, e tornò incazzata che sembrava una lite. E fu a quel punto che, giunto sul cocuzzolo più alto del mio sermone, mi prese una paresi.
Muto. La bocca spalancata nel bel mezzo della parola "impo-ssibile".
Cos'era accaduto? Non riuscivo a realizzare la stranezza che mi era presa e pensai a un brutto male. Fino a quando l'occhio della insopportabile collega cadde in basso, a terra. Fu lei a farmi notare che mi pendeva qualcosa. Proprio lì dietro a me.
Guardai atterrito.
Nella frenesia del momento m'era rimasta impigliata addosso l'ultima parola di quelle quattro righe, e mi ero tirato appresso tutto il resto. Ero partito da casa e avevo sfilato via l'intero blog.
Provai a ripercorrere la strada e riavvolgere tutta la collana verbacea, ma dopo un centinaio di metri il filo era rotto. Le parole perdute.
La mia azione era stata troppo violenta. Insostenibile in sintassi."
Ha chiuso il blog ma non ha smesso di scrivere. Per fortuna.
Ed è un piacere, oltre che un onore, poter ospitare questo suo surreale e delizioso racconto.
Chi ne è l'autore? Sta a lui palesarsi.
Ma solo se lo desidera.