Non, je ne regrette rien

Creato il 06 agosto 2010 da Monique

Sapeste che sogno poter intervistare Louis Garrel. Poi la mia carriera potrebbe anche finire lì e che importa... (no, non è vero, ma sono cose che si dicono).Louis Garrel. Esiste un attore contemporaneo più charmant di Louis Garrel?! Per me è fuori questione, essendo che giust'appunto ormai spendo parte delle mie giornate nell'ossessionante e delirante ricerca di foto che lo ritraggano - possibilmente nudo. E chiaramente è fidanzato con un'italiana, la bella? attrice Valeria Carla Bruni: Italia-Francia è (sempre) un'accoppiata vincente, e non parlo necessariamente in relazione a esperienze personali. Ormoni a parte, non posso che amare anche i film in cui il suddetto Garrel, figlio d'arte del regista Philippe, classe 1983, è protagonista. Quelli con la puzza sotto il naso/lamentosi incalliti/visceralmente poco inclini a ritrovare l'arte anche laddove l'arte ti sputi in faccia, costoro, non avranno difficoltà nell'iniziare a blaterare che questa meraviglia modellata direttamente dalle mani del Creatore altro non faccia che interpretare sempre e solo la parte del giovane maledetto, del rivoluzionario sessantottino con il pallino wildiano dell'art for art's sake, l'esteta un pò anarchico che non riesce a fare i conti con la realtà, insomma tutti temi che riescono a fare facilmente presa sull'immaginario della nostra cara, carissima generazione decadente ( e lo dico forse in senso non troppo culturale, decadente). 'Il cinema d'autore, che cosa chic!'Che parlino pure tali bocche indigeste, io consumerei il registratore a furia di guardare e riguardare tanto The dreamers (2003), regia di Bertolucci quanto Les amants règuliers (2004), diretto proprio dal padre Philippe Garrel. Nel primo, oltre alla presenza di alcuni temi cari a Bertolucci e che ritroviamo anche in altri suoi film quasi come stampe del suo marchio, si tratta soprattutto dell'intelligente gioco, che sembra via via assumere sempre di più i tratti della sfida, di una sfida pericolosa, che i tre giovani protagonisti ingaggiano tra cinema e vita, una corsa sfrenata alla ricerca del proprio Eliso dove l'esistenza somigli a quella delle scene in bianco e nero racchiuse in una pellicola. Solo alla fine, nell'ultima scena, il sonno dei tre sognatori innocenti viene interrotto -salvezza dalla morte- dalle urla che provengono dalla strada , dalla realtà concreta di un '68 in fiamme che nel frattempo stava raggiungendo il culmine della sua protesta."In strada! In strada! In strada!", lo scatenarsi della violenza laddove prima tutto era quiete dei sensi e rarefazione, la voce di Edith Piaf che canta "No, non rimpiango nulla".Il secondo invece è forse da considerarsi l'opera definitiva che la Novelle Vague - movimento cinematografico nato negli anni '50- ha voluto lasciarci in eredità. Tralasciando anche per un attimo il contesto politico -seppur fondamentale- in cui si svolge la vicenda, è come se l'intero film fosse un inno all'arte, tanto quella di preservare e portare avanti l'opera dei grandi maestri del cinema, quanto l'arte quale monumento incorruttibile -alla Lucrezio-, che resta e dà un senso anche quando gli ideali politici vengono abbattuti e fatti a pezzi. Del resto, anche solo lasciarsi cullare dal maestrale e struggente gioco di luci e ombre diretto da William Lubtchansky, nel quale le scene vanno a inserirsi come visioni oniriche può essere un buon motivo per voler guardare il film, il tutto accompagnato dalla musica ipnotica di Nico.Una piccola perla, insomma, che si consuma tra un citazionismo prepotente e gli occhioni scuri e ammalianti del nostro caro Louis (altri due buon motivi che da soli basterebbero per guardare il film, nel caso in cui di tutte quelle cavolate altisonanti non vi importasse nulla!)
Per concludere, cosa risponde Garrel a una giornalista che gli chiede come mai loro, attori francesi, sembrano quasi tutti esprimere una grande angoscia esistenziale?!«Ha ragione, somigliamo a un gruppo di vecchi tristi, anche se non abbiamo ancora compiuto trent'anni. Ci vorrebbero 155 buoni psicoanalisti per poter guarire l'angoscia della giovane generazione di attori francesi. Il nostro è un cinema che si nutre di quella malinconia, tipica di un certo teatro. Ci divertiamo a farci del male».
NON, JE NE REGRETTE RIENNON, JE NE REGRETTE RIEN"NEW YORK HERALD TRIBUNE!"

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