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Cannes 68: Mon Roi di Maïwenn (Concorso)

Creato il 19 maggio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2015
  • Durata: 130'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Maïwenn

Nel 2011 Maïwenn aveva lasciato la croisette impugnando il Premio della Giuria per il suo acclamato Polisse. Con Mon Roi l’attrice e regista francese si lascia alle spalle quella composita indagine umana ed esplora piuttosto le vicende amorose di due personalità diverse che si attraggono senza mai riuscire a combinarsi in una relazione funzionante.

Vincent Cassel ed Emmanuelle Bercot si incontrano in un club: lui, irresistibilmente affascinante, inaspettatamente generoso e maliziosamente brillante ama le belle donne e non si nega nessun tipo di divertimento, mentre lei è un avvocato “delle cause perse” che osserva come un pesce fuor d’acqua l’ambiente in cui Georgio si muove come fosse il re. Da questo incontro fortuito e insospettabile non ci aspetteremmo che una notte d’amore, e invece Tony e Georgio ci sorprendono con una love story tanto briosa ed esplosiva, quanto travagliata e distruttiva.

Mon Roi non è un film che si può amare in toto: se da un lato viene da pensare che il cinema francese abbia sviscerato quasi tutto dalla tematica amorosa, e di certo non sarà Mon Roi ad arricchire l’antologia dell’amore secondo i francesi, dall’altro lato fatichiamo a lasciar andare alcuni suoi aspetti ben scritti e recitati.

Il film si apre con l’incidente di Tony e si dipana attraverso un lungo periodo di riabilitazione per recuperare appieno l’uso del ginocchio. “Il ginocchio è il simbolo di qualcosa che fatichiamo a lasciarci alle spalle”, le dice la terapeuta. Che il suo sia stato un tentativo di suicidio? O forse una richiesta d’aiuto? Allo spettatore spetta il compito o il piacere di esplorare la psicologia della donna, la cui ferita più dolorosa e difficile da sanare non è di certo dovuta all’incidente con gli scii.

Cassell è in massima forma nell’interpretare il “re dei bastardi”. Nei ricordi della donna rivediamo tutti i momenti più importanti della loro relazione, a cui non avremmo dato più di un giorno di vita e che invece tra passione, amore e odio va avanti per 10 anni, con matrimonio e figlio annessi. È facile affermare l’impossibilità di una relazione tra due persone appartenenti a mondi così diversi e la certezza di infelicità reciproca nel momento in cui questo assioma viene violato, eppure Maïwenn gioca – purtroppo non sempre – sulle sottigliezze, su quelle sfumature dove bianco e nero si sfiorano. Sarebbe riduttivo scrivere e pensare che Georgio è un Casanova qualunque e che Toni è la solita vittima inerme, sebbene i danni della crisi si palesino solo in lei, mentre Georgio soffre “a modo suo” andandosene in Australia a smaltire la morte del padre, ad esempio.

Mon Roi non è un film perfetto, non è un film memorabile e non può definirsi innovatore nell’investigazione delle complicate dinamiche amorose. Ciononostante, in questo spazio di imperfezioni e fastidiosi avvenimenti prevedibili, avvisaglie di buone idee disseminate ora nell’ottima interpretazione, ora in dialoghi imprevedibili o in situazioni folli ed efficaci visivamente non possono non essere avvistate. Lo spartiacque piuttosto netto nella storia, ossia il tentato suicidio dell’ambigua ex ragazza di Georgio, è l’inizio di una lenta e progressiva erosione dell’amore straordinario ricordato da Toni. Maïwenn gestisce questa dolorosa e litigiosa seconda parte forse con meno decisione della prima. Toni è depressa, piange, si dispera fino a diventare imbarazzante davanti a un uomo che scivola nel cliché del tipico egoista-narcisista, piagnucoloso quando viene colto in fragrante.

Cassel riesce a dare spessore e rotondità a un personaggio altrimenti detestabile e scontato, e la Bercot gli sta accanto incarnando senza alcun tipo di timore tutte le contraddittorie emozioni che la sua posizione le pone davanti. Louis Garrel ha anche lui un piccolo ma ben delineato e misurato ruolo  nei panni del fratello ironico e accudente, geloso e lucido, pronto ad esserci quando la sorella crolla.

Francesca Vantaggiato



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