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“E se fossimo solo ombre?”Era una domanda che ci poneva spesso a lezione, la mia professoressa di Filosofia al liceo. A sedici anni la trovavo una frase tanto affascinante quanto oscura, ma credo di aver finalmente capito cosa la prof voleva dirci.Mi ritrovo nuovamente a parlare di narrativa nipponica, ancora di un libro estremamente tenero e triste, ma sembra che in questo periodo non riesca a leggere altro che romanzi su questo genere. Questa volta si tratta di “Non Lasciarmi” di Kazuo Ishiguro romanzo balzato in cima alle classifiche, nonostante sia stata pubblicato in Italia nel 2006, grazie alla recente trasposizione cinematografica fatta da Mark Romanek. Il romanzo è estremamente e, oserei dire, paurosamente visionario, ma grazie alla delicatezza di Ishiguro non sarete mai attraversati da un senso di inquietudine durante la sua lettura. Apparentemente si tratta di una grande storia d’amore, di quelle struggenti dove delle anime che sanno di appartenersi da sempre, riescono sempre e solo a sfiorarsi. La realtà però è ben diversa. Su queste anime pesa un giogo, un giogo crudele inflitto dall’uomo. Kate, Ruth e Tommy, infatti, non sono venuti al mondo per caso, la loro vita ha uno scopo preciso e niente o nessuno devierà il percorso che devono percorrere.La loro storia ci viene raccontata da Kate, ormai trent’enne, che prima di iniziare finalmente il suo ciclo, ha deciso di rivivere l’unica, vera cosa che ha e che nessuno le potrà mai portare via: i suoi ricordi. Inizia così a raccontarci di Hailsham dove lei Tommy e Ruth sono cresciuti, un mondo evanescente ed incantato dove agli studenti veniva chiesto di esprimere la loro anima attraverso l’arte, dove li si istruiva sul sesso e sulla natura dei rapporti umani. Una scuola che apparentemente preparava i suoi studenti per affrontare il mondo, ma in realtà ne stava semplicemente costruendo uno ad hoc per quelle piccole e fragili creature. I ricordi di Kate passano in rassegna anche l’esperienza ai cottage, il primo vero contatto con realtà per gli studenti di Hailsham ed ancora l’inizio del suo praticantato e la vita, che per undici anni, ha condotto come assistente. Attraverso i suoi ricordi impariamo a conoscere anche Ruth, Tommy e tutti gli abitanti di quel piccolo mondo al quale appartengono e che, fondamentalmente è fatto d’amore, d’amicizia e di sogni sussurrati la notte, prima di dormire, all’amica del cuore. Ma sui loro sogni e sui loro sentimenti pesa il crudele giogo del destino. Man mano che ci facciamo trascinare dal vorticoso ritmo della storia, ci rendiamo conto che Kate, Ruth e Tommy non sono altro che ombre, piccole ombre che si affacciano sulla soglia della vita. Loro sono semplicemente state create per noi, anzi da noi, ma di loro non ci curiamo, perchè non riteniamo debbano aver diritto alla stessa dignità nel vivere che abbiamo noi. Ma la domanda che ci fa porre Ishiguro alla fine del romanzo, e che forse è quello che la mia prof al liceo cercava di dirci, è: sebbene apparentemente il mondo appartiene a noi, agli esseri umani, non possiamo dimenticare che esistono anche loro, le ombre. Sia loro che noi siamo venuti al mondo per compiere un ciclo. Loro, come noi, sanno come andrà a finire, ma sperano sempre, fino alla fine, di poter chiedere una proroga, un rinvio. Vivere da ombra o da uomo fondamentalmente non cambia le cose, perchè sia noi che loro alla fine del nostro ciclo ci ritroveremo ad avere un solo ed unico rimpianto: quello di non aver vissuto abbastanza.
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