“La più sublime, la più nobile tra le Fisiche Scienze ella è senza dubbio l’Astronomia.
L’uomo s’innalza per mezzo di essa come al di sopra sé medesimo,
e giunge a capire la causa dei fenomeni più straordinarie”
Giacomo Leopardi
Svariate citazioni, numerosi libri e manuali scientifici sono stati scritti nel corso degli anni per descrivere l’Astronomia, scienza che, sin dall’antichità, ha affascinato gli uomini, letteralmente rapiti dall’immensità e dal fascino misterioso dell’Universo e del cielo.
La parola “osservare” deriva dal latino “observare” che significa “serbare, custodire, considerare”. In effetti, osservare il cielo vuol dire in qualche modo considerare i suoi molteplici, affascinanti e misteriosi aspetti, “custodirli” dentro di sé per poi rielaborarli e metterli su carta. Lo strumento di cui ci si avvale per studiare il profondo e sconfinato Universo è il telescopio. A tal proposito non possono non essere menzionati gli osservatori astronomici, strutture adibite appositamente per l’osservazione dello spazio cosmico.
Universo
Facendo un passo indietro, ritornando al 1700, secolo dei Lumi, ripercorreremo la storia un po’ intricata legata alla nascita dell’Osservatorio di Capodimonte, il primo Istituto italiano in assoluto adibito a tale funzione. Si annovera anch’esso tra uno dei tantissimi ed importanti primati del Regno delle Due Sicilie, che hanno fatto la storia.
Correva l’anno 1753, il più prospero per quanto riguarda il progresso della scienza astronomica nel Sud Italia: non a caso la disciplina fu inserita per la primissima volta tra i programmi delle scuole superiori, grazie all’intervento del giovanissimo re Carlo di Borbone, che approvò il piano di riforma dello Studio napoletano, a cura di Celestino Galiani. Oltre alla riorganizzazione delle cattedre dei docenti, la cattedra di politica e di etica venne sostituita da quella di astronomia e nautica.
Il matematico Pietro De Martino fu il primo a detenere la cattedra di astronomia presso l’Università, nel 1734, seguito da Felice Sabatelli e da Ferdinando Messia da Prado. Inizialmente si trattò di un insegnamento prettamente teorico, in quanto non c’era ancora a disposizione una Specola, ovvero un vero e proprio osservatorio volto ad espletare tale funzione. Esistevano infatti soltanto alcune Specole private, più che altro gestite da religiosi, quali la Specola del Collegio Reale delle Scuole Pie, gestita da padre Nicola Maria Carcani, gli Osservatori privati, a San Carlo alle Mortelle, di Lord Acton e del principe Ferdinando Vincenzo Spinelli di Tarsia. L’Università stessa proponeva studi scientifici basati per lo più sulla matematica e sulla medicina.
Nel 1791 re Ferdinando IV diede inizio ai lavori di edificazione della Specola, scegliendo come location la parte nord-orientale del Real Museo di Capodimonte, che ben presto sarebbe stato trasformato nel “Museo Generale ed Accademia delle Arti e delle Scienze”. Il progetto architettonico fu affidato all’architetto romano Pompeo Schiantarelli, ma purtroppo i lavori non furono mai portati a termine. Dopo l’ascesa al trono di Giuseppe Bonaparte e grazie all’introduzione del decreto del 29 gennaio 1807, che incise fortemente anche sulla fondazione dell’Orto Botanico, il Monastero di San Gaudioso sulla collina di Sant’Agnello fu destinato alla fondazione della Specola, in corrispondenza dell’acropoli della greca Neapolis. L’astronomo Giuseppe Cassella iniziò ad essere operativo, utilizzando pochi ma personali strumenti, ma il caso volle che morì prematuramente proprio in seguito all’osservazione di una cometa, nel 1808. La sua morte dunque coincise anche con la fine dell’esistenza della Specola di San Gaudioso.
Osservatorio astronomico di Capodimonte
Con Re Gioacchino Murat si ebbe una vera e grande svolta: in primis nel 1809 Federico Zuccari, giovanissimo insegnante di Geografia Matematica nel Collegio Militare, fu nominato direttore della Specola. A tal proposito trascorse, guidato dall’astronomo Barnaba Oriani, due anni presso la Specola di Brera per perfezionare al massimo le sue conoscenze. Solo il 4 novembre del 1812, anno precedente alla fondazione del Museo Zoologico, iniziarono a Napoli i veri e propri lavori per l’edificazione dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, grazie al decreto del Re ed al progetto coordinato da Zuccari e dall’architetto Stefano Gesse. Il luogo prescelto fu la colina di Miradois (dallo spagnolo “mira a todos” ovvero “guarda tutto”) nei pressi della Reggia Borbonica di Capodimonte, che prendeva il nome dalla villa cinquecentesca del marchese di Miradois, reggente della Gran Corte della Vicaria. Purtroppo non andò tutto liscio: per quanto il progetto fosse degno, peccava comunque di funzionalità, tant’è che i lavori proseguirono con molta lentezza. Furono spesi molti fondi da parte di Zuccari, che non riusciva a gestire il denaro, in quanto la ditta appaltatrice si rivelò davvero disonesta.
Il decreto del 1817 fu decisivo: padre Giuseppe Piazzi ideò un piano vincente per il locali tecnici, seppure con grossa difficoltà. I lavori, tra alti e bassi, terminarono nel 1819, quando Ferdinando I, tornato sul trono di Napoli già nel 1815, approvando lo stanziamento degli ultimi finanziamenti all’interno del piano globale di revisione urbanistica della capitale. In questo stesso anno furono messi a punto il piazzale, il fossato, il muro di cinta, le decorazioni e le stanze sotterranee, che portarono alla tanto attesa inaugurazione. Ancora oggi è possibile vedere scorgere due “targhe” dedicati alla dinastia Borbone: una scritta dedicata al Re Ferdinando “FERDINANDUS I / ASTRONOMIAE INCREMENTO / MDCCCXIX” ed un bassorilievo che ritrae il re che viene incoronato da Urania, opera di Claudio Monti. Nacque così la prima struttura in Italia destinata in maniera esclusiva alla funzione di Osservatorio Astronomico.
Nel 1820, grazie agli astronomi Antonio Nobile ed Ernesto Capocci, fu effettuata la prima misurazione delle distanze meridiane del Sole e di undici stelle e l’anno successivo ci si dedicò alle prime osservazioni astronomiche. Nel 1833 subentrò Ernesto Capocci, nipote di Federico Zuccari. Ben presto fu impegnato, in collaborazione con Leopoldo Del Re, nella compilazione della carta celeste, con l’assegnazione di una regione da osservare compresa tra -15° e +15° di declinazione e 18 e 19 ore di ascensione retta, utilizzando il cerchio meridiano di Reichenbach, misurando in tre anni le posizioni di circa 7900 stelle. Riscontrò inoltre la posizione di circa cento stelle doppie. Infine, fino al 1860, subentrò Leopoldo Del Re.
Ecco un breve ma interessante video, a cura di Valoridinapoli, nel quale si ripercorre a grandi linee la storia dell’Osservatorio, attraverso una serie di bellissime immagini esplicative.
Fonti
http://www.oacn.inaf.it/