Non mi abbandonare al mio silenzio

Creato il 17 agosto 2011 da Ilpescatorediperle
Due giorni fa mi ha scritto Facebook. Mi ha detto che un'immagine da me utilizzata era stata rimossa perché violava un copyright. All'inizio non riuscivo a capire di quale si trattasse - in fondo ne ho postate a piene mani.Poi eccola, infine: la fotografia incriminata era un ritratto di Giuni Russo, a far da profilo alla pagina da me dedicata all'amatissima artista siciliana - ai suoi acuti vertiginosi che fanno il verso ai gabbiani, che possiamo ascoltare in brani come Un'estate al mare e L'addio.E' la seconda volta che succede la stessa cosa, per non parlare delle canzoni condivise da YouTube e puntualmente rimosse. Probabilmente Maria Antonietta Sisini, collaboratrice e vedova della cantante, a capo della fondazione a lei dedicata, si sta adoperando con cura a proteggere la memoria di Giuni.Ora, che Russo sia tutelata e che i relativi diritti d'autore siano difesi mi sembra più che giusto - e, per quel che vale, considerato quanto poco fu tutelata la sua arte mentre era viva (vero Caterina Caselli, o tu che ci ammorbi con enogruppi pugliesi?), doveroso.Qui però non stiamo parlando di questo. Per carità, non parleremo nemmeno della Rete, del "popolo di Facebook", della cultura orale rediviva e di "Marshall McLuhan, ... ma lei sa niente di Marshall McLuhan?". Penso solo che qualcuno potrebbe scrivere la storia della canzone dal punto di vista delle vedove, da Yoko Ono in giù (no, un momento: in su). Un capitoletto corposo potrebbe andare alle italiane, dalle monomaniache à la Grazia Letizia Veronese alle prodighe à la Dori Ghezzi, e in questo capitolo qualcuno parlerà anche di Sisini (basta che non lo scriva Vincenzo bravobravissimo Mollica).Penso, soprattutto, che la memoria, avviluppata in troppi divieti sotto spoglia di diritti, inaridisce e muore. "Muore" che è quasi l'anagramma (che è certamente il contrario) di "Omero", cioè di: "raccontala e raccontala e trasmettila e trasformala e tradiscila anche magari, ma così se la ricorderanno per sempre".Forse è solo che in questi giorni ho letto L'arpa d'erba di Capote: "Senti? E' l'arpa d'erba, che racconta qualche storia. Conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, e quando saremo morti racconterà anche la nostra." Ecco, lasciamola suonare invece di falciarla via.

da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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