Non moriremo democristiani/1 – Giulio Andreotti

Da Iomemestessa

Sette volte Presidente del Consiglio, otto volte Ministro della difesa, cinque volte Ministro degli Esteri, tre volte Ministro delle Partecipazioni Statali, due volte Ministro delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria, una volta Ministro del Tesoro, dell’Interno, dei Beni Culturali e delle Politiche Comunitarie.

Presidente del Consiglio dei Ministri durante il sequestro Moro.

Mino Pecorelli lo chiamava il Divo Giulio, i pentiti di Palermo Zù Giulio, Bettino Craxi la Volpe.

L’hanno preceduto tutti. E’ morto a 94 anni. I funerali di Stato, ce li siamo risparmiati solo per volere della famiglia.

E’ uscito assolto o prescritto dai processi che lo videro sul banco degli imputati, e con buona probabilità morendo ha portato con sé le risposte a molti dei misteri d’Italia.

La DC, la Balena Bianca (come Moby Dick), era un oceano di correnti, e tra esse, piccola e temutissima, Primavera, la corrente andreottiana. Un manipolo di uomini fidati che muoveva milioni di voti. Un manipolo di uomini fidati, che pareva uscito direttamente da un casellario giudiziario.

Vittorio Sbardella, lo Squalo, il signore delle tessere romane. Se cercate la foto su Google, avrete un brivido lombrosiano.

Franco Evangelisti, l’uomo al confine tra politica e affari. Il precursore di Tangentopoli. Intercettato con Francesco Caltagirone tuonò l’epocale ‘A Frà chetteserve?’. Tre parole a descrivere un’epoca. Ed un modus operandi.

Paolo Cirino Pomicino. Geronimo. Dimenticate l’aria faceta e l’innegabile simpatia. A Napoli questo simpatico signore spesso sorridente duellava coi Gava. E spesse volte vinceva. Non so se mi spiego.

Salvo Lima. E’ finito sparato su un marciapiede di Palermo. Come si confà a chi ha sgarrato. Tesseva amicizie con gli esattori Nino e Ignazio Salvo, che ovviamente non erano solamente esattori. Col senno del poi, quello che al Divo ha procurato più grane. Col senno del prima, quello che gli ha fornito presumibilmente più potere. E un immenso serbatoio di voti.

Claudio Vitalone. Che se lo scordano sempre tutti. E invece era un cardine, quello. Magistrato del Tribunale di Roma, quando quella Procura era chiamata il Porto delle Nebbie. Specialità della casa, insabbiare. Praticamente una immensa lettiera per gatti. Coimputato nel processo Pecorelli. Tra gli ispiratori del falso comunicato della Duchessa, in pieno sequestro Moro. Una vita nell’ombra. A tramare.

Giuseppe Ciarrapico. Imprenditore. Editore. Presidente della Roma Calcio. Fascista. Il braccio economico del potere.

Fiorenzo Angelini. Cardinale. Ministro della Sanità per la Santa Sede, da cui il soprannome Sua Sanità. Pare che non muovesse foglia, nel mondo farmaceutico, senza la sua (prezzolata) approvazione.

Vito Ciancimino. Il sacco di Palermo. Non credo serva altro.

L’unico che riuscì a sconfiggerlo politicamente fu Francesco Cossiga. Lo nominò senatore a vita, rendendogli impossibile la ricandidatura ed inutile, infine, la sussistenza stessa della sua corrente politica che iniziò di lì a poco a sfaldarsi.

In quella nomina un occhio candido potrebbe vedere il beau geste tra due vecchi ‘amici’ (tra loro si chiamavano così, in contrapposizione ai compagni comunisti) democristiani. Ma una lettura attenta può leggere la maligna vendetta di colui che fu nei giorni del sequestro Moro Ministro dell’Interno e che da quella vicenda uscì indelebilmente marchiato nella psiche. Mai fidarsi degli amici.

E se qualcuno di voi, questa sera, nel suo caldo lettino rimpiangerà le preferenze, o meglio, l’assenza delle medesime, pensi per un istante a questi sconci personaggi e rimembri perchè nel 1991 ci battemmo tanto per abrogarle.

E no, non stavamo meglio. Adesso non stiamo bene. Ma non stavamo meglio


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