Quella nell’azienda di Riccardo Baldi è una visita che si apre nel modo peggiore, perché lungo la strada inizia una burrasca di acqua e grandine che dura circa venti minuti, fin quando riusciamo a raggiungere la cantina e incontriamo lo sguardo misto di rabbia e desolazione di Riccardo. I danni si conteranno l’indomani, scendendo in campo a verificare lo stato delle uve ma già ha l’amaro in bocca, a maggior ragione dato che la stagione stava procedendo bene e i grappoli erano davvero belli.
Con Riccardo ci conosciamo dall’ammo scorso, quando ho avuto il piacere di scoprire i suoi Verdicchio a Vinessum, per poi rivederci quest’anno a Vinitaly, dove ho potuto apprezzare le nuove annateeil bel restyling delle etichette. È un ragazzo sveglio e in gamba, gran lavoratore, che è cresciuto nelle vigne e si è appassionato al suo lavoro prestissimo, assorbendo per osmosi le scelte agronomiche biologiche (verso il biodinamico) di Lucio Canestrari, vicino di casa, o meglio di cantina, e ancor più amico ancor prima che collega. Quindi nelle vigne di La Staffa si lascia inerbito, si opera con rame e zolfo, cercando di intervenire tempestivamente sugli eventuali problemi fitosanitari delle piante.
La prima vigna che si incontra arrivando, sulla sinistra della strada che scende verso la cantina, risale al 1972, ed è dedicata al Verdicchio Classico Superiore Riserva Rincrocca. In totale si contano 6.5 ettari attorno all tenuta, a Castellareta, cui si aggiunge un ettaro e mezzo sempre a Staffolo, ma in direzione di Cupramontana, ad una quota di ben 500 metri, con piante risalenti al 1974, le cui uve daranno vita a un metodo classico, ancora in gestazione, insieme ad altri esperimenti nati dalla fervida mente del Golden Boy del Verdicchio.
Anche in cantina tante cose in comune con Fattoria Coroncino, come l’uso diffuso del cemento per fermentazioni (a temperature controllate tra 16 e 18 ºC) ed affinamento, con appoggio anche in vasche di acciaio specie per il Verdicchio Classico Superiore, che affina tre mesi sulle fecce fini prima dell’imbottigliamento. Evita chiarifiche quando l’affinamento ripulisce automaticamente il vino, e opera una filtrazione finale, per garantirne la pulizia
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2014 La Staffa si arricchisce delle uve del Rincrocca, che a casua delle limitate quantità dovute ai problemi dell’annata non ci sarà. Ne guadagna così il vino di entrata, dai profumi fini e tipici, di mandorla, ananas fresco, anice e pesca bianca, che al palato si distende con piglio sicuro, finale salato e bell’equilibrio tra acidità e calore.
Il Rincrocca 2013 sosta per ben 12 mesi sulle proprie fecce in vasche di cemento, prima di un ulteriore riposo in bottiglia. È uscito da poco e mostra già le sue doti, con sentori di frutto maturo di mela golden, salvia, anice stellato e sbuffi di nocciola. Al palato svela tutta la sua gioventù, teso sulla feeschezza che lo chiude in una percezione austera, che si distende solo nel finale, dove esce il calore e si diffonde il suo gusto lungo e ricco. Pochi mesi e sarà perfettamente integrato.
La mia ipotesi è supportata anche dall’assaggio del Rincrocca 2012, dove l’annata calda marca con sentori più dolci, di crema agli agrumi, cannella e anice, con tocchi di frutta secca. Qui tutto suona a tempo in una bocca dal sound jazz, dove tutto è fine e inserito ad arte, specie l’acidità, ricca e vibrante ma perfettamente fusa, come una base soft, di contabbasso e batteria che accompagna tutto il sound.
Chiudiamo con un vino a me ancora sconosciuto, di cui avevo letto solo sul sito aziendale, il Rubinia 2011, Marche Rosso da uve Montepulciano. Poche le bottiglie, solo 1500, per questo non è facile incontrarlo. Lungo affinamento di due anni in barrique e tonneau usati, cui segue altrettanto tempo in bottiglia prima dell’uscita. In questa versione un mese e oltre di macerazione sulle bucce, fino a svolgere anche la mallolattica, attendendo 10 giorni per il deposito delle fecce e andando in botte prima di Natale, una piccola attenzione che permette di avviare subito la concentrazione dei tannini in legno. Per la cronaca, in vetro con soli 35 mg di solforosa totale.
Non mi aspettavo questo rosso, ma anche qui il nostro Baldi dimostra di avere manico. Il colore è tipico, concentrato, impenetrabile, il naso fonde spezie di vaniglia e pepe con toni di liquirizia e un nitido frutto scuro di more e visciole, fresco di soffi di lavanda. Al palato ha spessore, una trama fitta ma dal facile fluire, il tannino ancora fitto e vivo, ma ben modulato, con finale fruttato e saporito, con l’eleganza non facile da ottenere lavorando su questo vitigno (ma ne conosco altri molto bravi in questo, specie nella regione confinante).
Mi anticipa un’uscita limitatissima a novembre, con un vino rosso da uve Montepulciano vendemmiate tardivamente dopo un attacco di muffa nobile, vinificato in tonneau aperto di ciliegio e affinato 18 mesi in barrique nuova. Solo trecento esemplari ne usciranno, e chissà che non riuscirò ad assaggiarlo!
Questo ragazzo dimostra a ogni incontro di avere le carte in regola per diventare un grande, anzi mi devo correggere, perché già lo è.
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