Il libro Santa Evita, fosse stato per me forse non lo avrei mai comprato. E invece ringrazio Malvina ogni giorno di più per avermelo consigliato, perché fra quelle pagine mi sono completamente persa. Il motivo è semplice: Tomás Eloy Martínez, uno dei più noti scrittori e giornalisti argentini contemporanei, compone un romanzo-inchiesta straordinario sulla vita di un cadavere, sulle sue migrazioni, sulle passioni che seppe suscitare, esattamente come si trattasse di una persona viva. O forse qualcosa di più.
Eva Duarte morì il 26 luglio del 1952 a soli 33 anni. A portarsela via fu un tumore dolorosissimo e crudele, che la smagrì, la dissanguò, la costrinse nel letto per un periodo lunghissimo. Eppure, la sua morte non fu che l’inizio di una storia ancora più lunga, complessa e intricata di quella che aveva caratterizzato l’Evita attrice, puttana, moglie di Perón, amatissima dai descamisados e dai grasitas – le migliaia di poveracci che aveva aiutato regalando loro case, denari, lavori – e odiatissima da tanti altri. Prima di morire, Evita rivolse a Perón una semplice richiesta: «Quello che non voglio è che la gente mi dimentichi, Juan. Non permettere che mi dimentichino». E Perón diede ordine che il suo corpo fosse imbalsamato, affidandolo alle cure dell’anatomista spagnolo Pedro Ara, rendendolo di fatto uno dei più celebri cadaveri della storia.
Il corpo di Evita suscita passioni grandissime e tremende preoccupazioni. «Da morta quella donna è ancora più pericolosa che da viva. Il tiranno lo sapeva e per questo l’ha lasciata qui, perché ci faccia ammattire tutti quanti. In qualsiasi tugurio ci sono foto di lei. Gli ignoranti la venerano come una santa. Sono convinti che uno di questi giorni possa resuscitare e trasformare l’Argentina in una dittatura di mendicanti». Per questo motivo viene chiamato in causa il colonnello Carlos Eugenio de Moori Koenig cui viene dato l’incarico di “occuparsene”, di farla diventare «una morta qualsiasi». Ma è piuttosto Evita a occuparsi del colonnello e degli uomini del suo seguito. Perché il suo cadavere maledetto, che profuma di mandorle e lavanda e che è bellissimo, non lascia scampo. Ne vengono realizzate delle copie, a ognuna dev’essere data sepoltura, ma il viaggio di ognuna di esse è incerto, è “pedinato”, perché i grasitas non vogliono permettere che a occuparsi del LORO cadavere siano i generali, i colonnelli, quelli che la odiano.
Moori Koenig lentamente e inesorabilmente viene avvinto da lei, fino a precipitare nell’alcolismo e nella follia. Vorrebbe disfarsene, ma allo stesso tempo vorrebbe appropriarsene, trascorrere più tempo con lei, contemplarne la sovrumana bellezza. E mentre il colonnello è avvinto da lei, chi legge è lentamente e inesorabilmente avvinto da queste pagine di altissima letteratura, dove verità e invenzione si mescolano così come si mescolano le vicende dei vivi e quelle dei morti confondendo i piani e facendoci chiedere cos’è accaduto davvero e cos’è frutto di invenzione.
«Le anime hanno una loro forza di gravità: non amano la velocità, l’aria aperta, l’ansia. Se qualcuno rompe i vetri della loro lentezza, si disorientano e sviluppano una forza di maleficio che non sono in grado di controllare. Le anime hanno abitudini, manie, antipatie, momenti di fame e di noia, desiderio di andare a dormire, di stare sole. Non vogliono che le si tiri fuori dalla loro routine perché l’eternità è questo: routine, frasi che si incatenano senza fine, àncore che le ormeggiano a cose conosciute. Ma così come detestano essere spostate da un luogo all’altro, le anime aspirano che qualcuno le scriva. Vogliono essere raccontate, tatuate sulle vette dell’eternità. Un’anima che non è stata scritta è come non fosse mai esistita. Contro la fugacità, la scrittura. Contro la morte, il racconto». Leggete Santa Evita, perché è un libro bellissimo.
Tomás Eloy MartínezSanta Evita
Sur 2013
Pubblicato in oltre 60 paesi, Santa Evita è il romanzo più tradotto della storia della letteratura argentina. Basato sulla leggendaria figura di Eva Perón, la first lady argentina passata alla storia con il vezzeggiativo di Evita, “Santa Evita” inizia là dove finisce la vita della sua protagonista. Mentre ripercorriamo a ritroso la vicenda della piccola sgraziata attricetta di provincia che fece innamorare il presidente della Repubblica argentina e l’intera nazione, siamo stregati dall’avventurosa vita post mortem del suo corpo: prima affidato da Perón alle cure di un imbalsamatore cui spetta il compito di rendere immortali le spoglie di Evita; poi moltiplicato in più esemplari con l’obiettivo di sottrarlo a macabri tentativi di rapimento; trasferito, nascosto, ricercato addirittura dai servizi segreti, infine idolatrato, reso mitico dall’aura di “santità” che emana la leggenda di Evita. Un classico contemporaneo in cui saga familiare, storia d’amore, romanzo politico e spy story s’intrecciano con leggerezza e sapienza narrativa.