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Non Sarai Mai Pronto per l’India

Creato il 16 febbraio 2014 da Angelozinna

Non Sarai Mai Pronto per l’India

Per l’India non è possibile partire preparati. Non importa quanto se ne sia sentito parlare, in quanti ci abbiano detto la solita frase “o la ami o la odi”, o quante immagini si abbia osservato. È inutile, perché ciò che riusciamo a vedere con gli occhi è forse la parte più piccola di una serie di sensazioni che prendono forma messo piede fuori dall’aeroporto. Non so esattamente quanto tempo sia necessario ad abituarsi a ciò che è la normalità in India, ma ciò di cui ci si trova circondati è, nelle prime 48 ore almeno, troppo da elaborare. Non sarai mai abbastanza pronto per ciò che troverai, ma ecco cosa ci si può aspettare all’arrivo:

Il numero di persone

Se al primo impatto, quello durante la collezione dei bagagli all’aeroporto, ti viene da pensare “che casino”, aspetta di uscire per strada. Non credo che ci siano numeri abbastanza grandi per contare quante persone vivano le città in India. Basta un giro per le strade di Old Delhi, o cercare di arrivare alla stazione di Howrah a Calcutta attraversando il ponte più trafficato al mondo (due milioni di persone al giorno), o il Golden Temple di Amristar, e ci si troverà all’interno di un fiume umano nel quale è facile annegare. Ma non è soltanto il numero di persone, è il numero di persone che occupano lo stesso spazio. Un sedile da tre persone? Ci entrano in sette. Un tuk tuk da due posti? Ci si stringono in nove. Bisogna lasciarsi alle spalle lo spazio vitale a cui siamo abituati e adattarsi al fatto che ci sarà sempre qualcuno molto, molto, molto vicino a noi. Che può che può causare una risata, o un attacco di claustrofobia.

Gli escrementi

Qualcuno potrebbe ancora avere in mente l’idea di un luogo che profuma di spezie e d’incenso, ma lasciami smontare questo mito perché ciò che ti aspetta è ben altro. L’olfatto in India avrà molte volte l’occasione di andare su di giri, ma non sempre in modo piacevole. L’odore che tra tutti però diventerà il più familiare è quello di merda. Il problema è che non sono solo le migliaia di mucche, libere e sacre, a scaricare i loro rifiuti un po’ dove capita, ma anche, e soprattutto, gli esseri umani che di ogni angolo fanno un bagno pubblico. E se di fronte a uno spettacolo del genere chiudere gli occhi è facile, chiudere il naso è un po’ più difficile. Gli odori non si fermano ovviamente agli escrementi, smog, fognature aperte, discariche abusive, gente che brucia plastica e tutto ciò che sia infiammabile sui marciapiedi, compongono il resto dello spettro olfattivo. E poi c’è l’incenso.

I suoni

Non apprezzerai mai il silenzio quanto dopo un viaggio in India. Arrivando diventa chiaro come mai tutte le principali tecniche di meditazione siano state inventate proprio qui: se non ci si chiude in un ashram isolato, non c’è luogo abitato che sia immune da un unico, grande, ininterrotto clacson. Si può godere delle viste, dei sapori, di alcuni degli odori, ma dei suoni? Impossibile.

Le foto ricordo

All’inizio vuoi essere gentile. Sei appena arrivato in fondo, se qui per entrare in contatto con i locali. E così accetterai quando qualcuno ti chiede una foto. Ma poi arriverà qualcun altro, e qualcun altro ancora, e prima che tu te ne accorga sarai su ogni profilo Facebook del continente. Non è chiaro perché ogni indiano sembra voler provare ai suoi amici di avere amici stranieri. Non è chiaro perché lo fanno tutti, si sa che non siete davvero amici. Rimane un azione inarrestabile. A nessuno interessa da dove vieni, come ti chiami o cosa fai. Tutto ciò che vogliono è una foto. E faranno di tutto per ottenerla.

Il dito nel piatto

Se c’è un errore che non devi commettere, è dare un’occhiata all’interno di una cucina indiana. Non lo fare. Mai. Questo non ti eviterà di notare che le dita sono affondate nel tuo mangiare, che le posate sono pulite con lo straccio con cui si puliscono i tavoli, e che i tavoli sono puliti con lo straccio con cui si pulisce il pavimento, ma almeno limiterà i danni. Non esiste il concetto di igene in India, prima accetterai questo fatto prima comincerai a mangiare di gusto. L’unica differenza tra street food e un ristorante, è che nel ristorante non vedi come cucinano. In India, poi, si mangia con le mani. Con la mano destra per l’esattezza, perché con la sinistra ci si pulisce il culo. La mano sinistra è considerata la mano sporca, ma nonostante non si utilizzi per mangiare, non sembra impedirgli di usarla per cucinare.

I topi

Non ci sarà molto da mangiare per gli esseri umani in alcune parti dell’India, ma i topi stanno alla grande. Sono ovunque. Il treno è senza dubbio il loro mezzo di trasporto preferito e ogni tanto si vedono passare velocemente sotto alla cuccetta, ma non mancano di frequentare ristoranti, strade e anche gli hotel più economici. Non voglio dire che ai topi ci si abitua, perché continuano a fare schifo non importa quante volte si incrocino, ma dopo un po’ si inizia a aspettare di vederli.

Gli hippie

Non sono estinti, gli hippie esistono ancora. Europei scalzi che vengono a cercare se stessi in India perché nella opprimente società capitalista occidentale hanno perso la via. Li trovi vaganti per le strade nei loro pantaloni viola in fibra di canapa con gli occhi che luccicano di fronte all’autenticità di questo popolo così onesto e generoso. Qui non si perdono perché vanno tutti negli stessi posti. All’arrivo, nelle prime 48 ore li troverai al Main Bazaar di Delhi a bere bhang lassi, per poi dirigersi a Rishikesh in fila indiana per seguire gli insegnamenti di un baba che è li ad attenderli. I baba sono gente vestita di arancione.

L’amore per i soldi

In quella fuga dall’opprimente società capitalista occidentale si arriva in India e ci si trova ad aver a che fare con un popolo che ama i soldi più di quanto li amiamo noi. Sì perché uno pensa che qui sono tutte preghiere, fiorellini e sorrisi, ma questa non è l’impressione quando si mette piede in una qualsiasi delle grandi città, a meno che questa impressione non ci si forzi ad averla per non rimanere delusi. Gli indiani se possono fregarti, ti fregano, e non ci pensano due volte. C’è chi non se ne accorge perché qualche euro non cambia niente e chi fa finta di non accorgersene perché non è quello che si vorrebbe raccontare a casa, ma è qualcosa con cui ci si scontra ogni giorno e alla quale, ancora, ci si deve adattare. Non c’è criminalità, non avvengono furti, ci si sente al sicuro. Ma è un paese di affaristi e persone che troveranno ogni modo legittimo ti entrarti in tasca. Se sei bianco il doppio del prezzo è un buon prezzo. Con tutte le giustificanti del caso, ossia che fanno bene a fregarci che tanto noi i soldi ce l’abbiamo e che ogni spicciolo fa la differenza in un posto dove la vita vale così poco, spesso si supera il limite e ci si rende conto che linea che separa un bisogno da un’ossessione è molto sottile. Anche chi crede di avere una certa esperienza nel viaggiare in paesi del terzo mondo e sa come muoversi tra tassisti e venditori, in India non c’è tecnica che regga, il tentativo di fregarti è talmente costante che prima o poi avrà successo. Il bello è che magari non te ne accorgi, e quindi va bene così.

La fila

Dato il numero di persone, non esiste biglietto che non richieda una fila chilometrica per essere comprato. Il problema è che in India la fila non è una linea retta. È più un triangolo. È una lotta, in cui la pazienza non paga. Bisogna spingere ed essere spinti, sgomitare, litigare, allargare le braccia, conquistarsi ogni millimetro di spazio. E poi amici come prima.

La burocrazia

Ecco, qui la pazienza aiuta. Non a portare le cose a termine ma ad evitare che una furia omicida si scateni su chiunque si incontri. Nel resto del mondo per comprare un biglietto del treno si va allo sportello e si compra il biglietto del treno. In India si va allo sportello, poi si viene mandati ad un altro sportello, dal quale si viene spediti ad un ufficiale, che poi ci accompagnerà ad un ultimo sportello, nel quale ci viene detto di compilare un foglio, dopo il quale ci viene chiesto il passaporto che abbiamo lasciato in guesthouse, quindi andiamo in guesthouse e torniamo alla stazione, ma poi c’è la fila, così facciamo la fila, ma poi il treno è pieno così ne prenotiamo un altro, ma questo parte da un’altra città e arriva in un posto dove non volevamo andare. Chi lavora in organizzazioni governative, come le ferrovie, è solitamente disponibile e di aiuto, ma questo non facilità le cose perché tutto sembra essere più complicato del necessario. Il treno va sempre prenotato in anticipo, per ogni hotel in cui si entra vanno compilate due pagine di moduli, per alcune aree sono richiesti permessi speciali.

Viaggiare è anche uscire dalla propria zona di comfort. Non c’è luogo migliore dell’India per farlo.


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