Non scrivo più per…

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

Stavo giusto facendo due conti, e mi risulta che sono quasi 4 anni che ho ripreso a scrivere con intenzione, non più solo occasionalmente o ideando  bozze da lasciare in fondo a un cassetto. Le cose sono cambiata già in questi pochi anni, con obiettivi più regolari, il blog da seguire, la partecipazione a concorsi, gli ebook per allenarsi e far divertire chi li scarica. Insomma, qualche passo avanti l’ho fatto. E questi piccoli passi sono solo l’inizio di un cammino che voglio portare avanti fino alla tomba, se mi sarà concesso e le idee non mi abbandoneranno.
C’è qualcosa però che mi ha stancato, o meglio, qualcosa che non ho più intenzione di fare: scrivere per una tipologia di persone. Per arrivare a dire chi sono, devo premettere alcune cose. Sono mie opinioni, e sono pronto, con il dialogo, a discuterne. Con il dialogo, non con un flame stupido e sciocco, sennò è inutile.

Eccovi qui!

Hai capito male, ragazzo mio

La prima cosa che ho capito, e parlo di quasi 20 anni fa, è che non basta mettersi lì davanti a una tastiera, colti da ispirazione folgorante per scrivere. Voi direte invece si può fare, ed è vero in parte. Potete prendere in mano una chitarra domattina, e vedrete che qualche suono bene o male ne uscirà. Difficile che sia musica però. La stessa cosa è per la scrittura. Il talento, la predisposizione e quello che vi pare, vi può aiutare, certo. Aver letto molto pure. Però, per Dio, qualche briciola di teoria e tecnica, dovreste pur apprenderla.
Io sono partito anni fa con un primo saggio di scrittura, che manuale vero e proprio non si poteva definire. Era quello di uno dei miei autori preferiti all’epoca, ed è stato giusto così. Leggere i consigli e i metodi usati da qualcuno di cui conoscevo la scrittura, mi tornò utile. Niente di dogmatico, per carità, giusto dei suggerimenti e piccoli accorgimenti. E da lì, feci più attenzione sia nella scrittura che nella lettura.
E succede credo a tutti quelli che leggono molto e riportano su carta le proprie idee, di usare livelli diversi di lettura. Analizziamo anche la forma, inconsciamente. Io mi gusto molto di più un libro, ora che provo anch’io a scribacchiare. Un po’ come il chitarrista che strimpella ed entra meglio negli arrangiamenti di chitarra.
Cosa voglio dire con questo? È deludente accorgersi che non basta aver letto due libri presi sul tavolone centrale, o una serie di romanzi clone, per diventare improvvisamente uno scrittore.

Su, provate…

La gente giusta

Quello però che mi ha davvero aiutato, non sono stati solo i saggi di Gardner, di Carver o On Writing di King (che consiglio a più riprese a tutti), ma lo scambiarsi opinioni con chi ha la stessa passione. E lo si fa in modo disinteressato, proprio come fanno persone che si trovano al bar a parlare di pesca. Si condivide la passione, gli errori e le scoperte. L’atmosfera è stimolante, e ognuno si mette in gioco, sapendo che la strada è lunga. Possiamo chiamarla umiltà, o anche voglia di fare e farlo bene. Nessuno è arrivato, mai. Non basta sventolare una laurea e dichiararsi il nuovo Messia della letteratura, per poi dire che sì, prima o poi quel capolavoro che ho in mente lo scriverete. Ora non riuscite perché avete il lavoro, quell’altro impegno inderogabile… state raccontando delle cazzate, ma non a me, a voi stessi. Avete paura di mettervi in gioco, e se qualcuno lo fa, a voi brucia. Fate, poi criticate.

Eh, lo so. Se solo riusciste a scrivere quel romanzo…

Io sono nessuno

Io sono nessuno. Sono solo uno che si mette qui, batte i tastini sulla keyboard, e cerca di far saltar fuori qualcosa. Non ci campo. Non c’è scritto sulla mia carta d’identità. Non ho un garage pieno di auto d’epoca. Non vado a nessun party esclusivo. Non partecipo a talk show. Sono esattamente come voi, con la differenza che non faccio tanti bla bla, e quello che mi piace lo faccio. Avete da ridire su qualcuno che va a pesca e ha preso una trota da svariati kg? Probabile che qualcuno di voi lo faccia. Mi chiedo solo se aprendo bocca, con il modo di fare di chi la sa più lunga, riusciate davvero a esorcizzare i vostri piccoli bambini che grattano dentro alla pancia. Non sono demoni, sono bambinetti capricciosi, che sono rimasti dalle elementari, quando il vostro amichetto era più veloce alla gara di sillabazione, e voi, nonostante foste VOI, rimanevate indietro.

Ecco, mi ricordate molto questo tizio. Quello con il collare, intendo…

Il pubblico che mi interessa

Niente cazzate: si scrive per essere letti. Da chi? Beh, mettendo le cose in rete e condivise pubblicamente, o realizzando un libro, il pubblico non lo decidete voi. La copertina, la sinossi e la promozione, possono suggerire a chi è indirizzato. In mezzo ci finiscono persone che non lo leggeranno mai il vostro romanzetto, altri che lo adoreranno e altri ancora che ci sputeranno sopra.
Si parlava l’altra sera di chi critica il vostro lavoro, e salta sempre fuori il vecchio luogo comune che bisogna avere le palle per farlo leggere agli estranei, perché loro vi diranno la verità. E certo, tu, scrittorucolo, lo hai fatto leggere alla morosa, alla mamma, all’amico del cuore, e quelli vi hanno detto che è bellissimo, da Nobel per la letteratura, da Pulitzer! Però, suvvia, fatelo leggere a un campione di estranei e vedrete quanti insulti vi arriveranno.
Rido. Rido di fronte a questa scemenza. Inutile che tiri fuori l’esempio di Lucas, che se avesse ascoltato gli amici, non avrebbe appena messo in saccoccia altri 4 miliardi di dollari, vendendo Star Wars, quel ridicolo film (secondo De Palma, suo caro amico) e il mondo che gli gravita intorno. Uno dei tanti stroncato dagli amici, amato dal pubblico.
Se io faccio un bilancio, ho avuto critiche da un pugno di persone, con risatine e minuzie degne di Sgarbi. Quel pugno di persone le conosco di persona. Ancora non mi capacito allora, del perché invece recensori estranei, gente mai incontrata e con cui non avevo mai scambiato due parole, fino al momento in cui le ho ringraziate, mi abbiano dato giudizi positivi. Non parlo di capolavoro, parlo di positivo.
Quindi, qual è il pubblico per cui voglio scrivere? Per quello che mi dice di aver riso in quella scena, per aver riflettuto nell’altra, per essersi divertito nel momento X. Non parlo di salamelecchi o di lusinghe, ma di aver divertito alcuni lettori.
E queste recensioni, le ho trovate in rete, anche per caso. Scritte spontaneamente insomma. Datemi quindi un motivo per cui dovrei interessarmi a opinioni di persone che non riescono a cogliere un omaggio evidente che ho inserito nel mio romanzo, un omaggio a uno dei miei autori preferiti, Charles Dickens, ma stanno a perdere tempo parlando di strampalate analogie con film.
Stai leggendo un romanzo e pensi a un film? Dici sul serio? Devo anche ascoltarti?

Serriamo i ranghi

Lo dico in tutta onestà: voi, che siete là in fondo alla valle, che dovete prima o poi scrivere quel famoso romanzo (cazzo, mi ricordate troppo Brian dei Griffin), fatelo e non rompete i coglioni. Quello che scrivo non è per voi. Mentre lo scrivo non penso a voi. Non vivo per stupirvi. Non scrivo per avere da voi un complimento. Perché siete fasulli, e non per le vostre critiche, ma per il motivo per cui criticate. Inutile quindi che vi sgoliate per parlare dell’onestà intellettuale che sta dietro alla critica. Rileggete un attimo: onestà e intellettuale. Pensateci bene, e se corrispondete a una di queste due caratteristiche, forse non avete ancora capito nulla.

Sì, questo è il metodo giusto. Io ho tolto l’audio.

In fondo a questo sermone

Dopo tutto questo pistolotto, se siete giunti fino a qua, siete stati bravi. Io non credo che ce l’avrei fatta. Devo dare spazio anche ai ringraziamenti, sennò non sarei coerente con le mie idee. Non scriverò più per i soggetti sopra elencati, quelli noiosi, quelli che sanno di muffa e di bruciato. Scriverò per quelli che a loro volta scrivono, o per quelli che si fanno due risate nel leggere la battuta a pagina 5. Scriverò per quelli che non mettono in discussione se sia possibile o meno che quella cosa possa accadere. Scriverò per quelli che amano leggere. E sono obiettivi e onesti. Intellettualmente.
E a queste persone non posso che dire grazie.


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