Ho visto Munch 150, il racconto della grande mostra che ha celebrato a Oslo il centocinquantesimo anniversario dalla nascita di Edvard Munch, e volevo dire che L’urlo è il meno interessante dei quadri di Munch, come La Gioconda è il meno interessante dei quadri di Leonardo, e volevo dire che per me Munch sta all’arte come Kafka sta alla letteratura, cioè Munch – ma anche Kafka – è come un sassolino in una scarpa che ti rovina il ballo e allo stesso tempo ti ricorda che non sei nato per ballare.
Da qualche giorno ho un’idea fissa che consiste in questo: reperire da qualche parte il risultato di un calcolo (che sia più o meno approssimativo) su quanto costa, in media, vivere una settantina di anni in questa parte di mondo in questi ultimi settant’anni, e mettere a confronto questo risultato con il risultato di un calcolo (che sia anch’esso più o meno approssimativo) su quanto costava, in media, vivere una settantina di anni in questa parte di mondo, però, diciamo, una decina di secoli fa. Il calcolo dovrebbe comprendere tutti i costi a cui un essere umano deve fare fronte nel corso della propria vita (compresi i costi che non sostiene di persona, come per esempio i pannolini e il sussidiario delle elementari e la quota agli scout, che verosimilmente gravano sulla sua famiglia). In altre parole, la mia idea fissa è sapere quanti soldi dovrò ancora accantonare e quanti ne ho spesi fin qui per garantirmi l’esistenza, in altre parole voglio andare nel cuore dell’espressione “costo della vita”, ficcarmi bene in testa che quando alla televisione parlano di “costo della vita” dicono una cosa ben precisa, una cosa che è un numero, un numero che corrisponde a una certa quantità di soldoni, ma non sono così sicuro che la maggior parte della gente lo abbia capito.