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Non si esce vivi dagli anni Novanta - Recensione - PC

Creato il 23 maggio 2014 da Intrattenimento

Per mettere in fuga i fantasmi indonesiani servono scatti da Pulitzer

Nota: per il momento è stata rilasciata solo la prima parte di DreadOut, comunque godibile e meritevole di essere giocata. Nel prezzo del gioco è incluso anche l'aggiornamento con la seconda metà dell'avventura, che uscirà speriamo prima dell'estate. Digital Happiness ha in programma anche un DLC con una modalità free-roaming e nuovi fantasmi da affrontare. Quest'ultimo pacchetto sarà a pagamento. Dreadout comincia come tante pellicole dell'orrore. Una gitarella in auto fra studenti in compagnia di una loro insegnante. Tutti così belli da sembrare figli di Bayonetta.

Non si esce vivi dagli anni Novanta
Poi però si ritrovano fuori strada con una cittadina abbandonata al di là di un ponte crollato. Gli studenti scendono dalla macchina, si sgranchiscono le gambe e scambiano fra loro commenti da commedia pomeridiana. L'insegnante non sa che pesci pigliare. Ma noi abbiamo finalmente la possibilità di muovere Linda, protagonista muta le cui natiche sono tenute in evidenza dal design della gonna e dal posizionamento della telecamera. Anche questa è una scelta di stile: tutto deve sembrare un B-Movie senza pretese estetiche. Comunque, una volta nei panni di Linda, siccome non vediamo passaggi, ci incamminiamo in direzione opposta a quella da cui siamo arrivati, immaginando di trovare presto un muro invisibile piazzato dagli sviluppatori. E invece questo non succede. Abbiamo camminato per oltre quattro minuti, e la strada modificava pure la sua pendenza, come per incoraggiarci. Nessuna indicazione esterna, zero interfacce. Spaesamento. Panico. Perché nessuno ci aiuta? La risposta è semplice: perché questo è un survival horror come si facevano negli anni Novanta. Nessuna mano tesa a indicare la via e sviluppatori che, come vedremo più avanti, sono sadici bastardi.
Non si esce vivi dagli anni Novanta
Avrete già capito che DreadOut si ispira più che a ogni altro gioco a Fatal Frame, con un po' di Silent Hill. Qualcuno griderà che Fatal Frame era cento volte meglio. Forse era migliore, sì, ma su PC non c'è, perciò ben vengano giochi come DreadOut, che offrono un'esperienza horror oggi molto rara, e che merita di essere provata almeno una volta. Torniamo comunque a Linda e al passaggio verso la cittadina (per la cronaca: abbiamo ricaricato, farcela di nuovo a piedi fino alla macchina pareva una punizione eccessiva). Una volta messo piede sulle strade che attraversano la zona urbana devastata si nota come gli sviluppatori abbiano svolto un incredibile lavoro di ambientazione per sopperire ai limiti di budget. DreadOut non avrà effetti da capogiro, ma quand'è che si può ammirare un ambiente nel quale nessun modello tridimensionale viene replicato? Grazie a questa accortezza il valore dell'esplorazione è altissimo. Si respira un'atmosfera autentica, per noi senza dubbio esotica, e viene da chiedersi chi vivesse in quelle case, cosa li abbia spinti a fuggire. O sono invece tutti morti? Mentre ci facciamo queste domande un nostro compagno scopre una gigantesca scuola abbandonata. Inutile dire che tutti si lanciano in una forsennata esplorazione, maestra compresa. Solo Linda rimane fuori con la sua amichetta del cuore. Il tempo di un altro dialogo da sopa opera, che dovrebbe forse prepararci al fatto che Linda è una dura, e poi tutto sfugge di mano. E vabbé, era telefonato, ma quando avviene, complici anche le musiche, e soprattutto il buio che è calato nel frattempo, la voglia di fare gli smargiassi passa in un battito di ali di falena.

Selfie col morto

Il primo atto di Dreadout dura circa quattro ore, qualcosa di più se decidete di scoprirne anche i segreti. Ci sono infatti fantasmi nascosti in città e aree esplorabili al di fuori della scuola, se indovinate il momento giusto per farlo. Inoltre, completando il gioco tre volte, si sblocca ogni volta un costume diverso per Linda. Queste accortezze sono un'altra piacevole sorpresa e dimostrano come Digital Happiness abbia fatto grossi sforzi per offrire la migliore esperienza di gioco possibile con i mezzi a disposizione, sacrificando il comparto meno importante, la grafica. Ma la parte migliore sono i contenuti d'azione.

Non si esce vivi dagli anni Novanta
Se prendiamo solo i fantasmi all'interno della scuola la varietà è notevole. Non ce n'è uno uguale all'altro, e per un gioco di poche ore sono pure tanti, così che a ogni scontro ci sentiamo di nuovo sulle spine, alla ricerca di un mezzo per scacciare la presenza con il nostro smartphone. E non pensiate che sia uno scherzo. Gli sviluppatori si sono ingegnati molto per metterci in difficoltà. Allo stesso tempo hanno avuto intuizioni brillanti per dare a Linda possibilità sempre nuove nonostante le azioni che le sono concesse siano molto limitate. Possiamo accendere o spegnere la luce del cellulare, inquadrare e scattare una foto. Fine. Vi possiamo già dire che scoprire il punto debole di alcuni spettri è stata dura; bisogna osservare con molta attenzione, perché gli indizi sono ridotti al minimo e poco vistosi. In compenso le indicazioni ci raggiungono stimolando la vista e l'udito. A volte è un cambiamento nella melodia, altre volte un gatto che ci conduce davanti a una balconata distrutta. O il modo in cui arretra un fantasma. Se stiamo all'erta come starebbe chi è in pericolo, la soluzione dovrebbe arrivare. Invece il puzzle principale che domina questo primo atto è forse un po' troppo criptico, roba da farvi maledire il giorno che siete entrati nella scuola. Per venirne a capo dovrete mettercela tutta e cogliere le sottigliezze dello scenario, oltre a trovare gli oggetti necessari. Ci è piaciuto il fatto che Linda non debba usare gli oggetti con un'azione extra. Solo il fatto di averli con sé le permette di espandere i suoi poteri, per esempio vedendo con la macchina fotografica simboli che prima non c'erano. Questa scelta minimale va di pari passi con la totale assenza di interfacce. Provate a giocare al buio con le cuffie e vi sentirete come se foste presenti in quella scuola maledetta. DreadOut - Teaser trailer ufficiale
Non si esce vivi dagli anni Novanta - Recensione - PC
DreadOut - Teaser trailer ufficiale

C'è vita dopo la morte

Non sappiamo dirvi se DreadOut faccia effettivamente paura. Il gioco non sembra troppo interessato a cercare l'urlo nel giocatore, quanto piuttosto a creare un'atmosfera inquietante e densa di presagi. In questo riesce benissimo. Qualche sbavatura comunque c'è. Piccoli bug visivi e un sistema di comandi che durante i combattimenti negli spazi ristretti richiede più fortuna che abilità. Alla fine comunque non si muore tanto in DreadOut, ma si muore in pochissimi secondi, soprattutto durante gli scontri con i boss. Per batterli è necessario capire cosa fare, ci vuole testa e un pizzico di abilità manuale, ma una volta risolto l'enigma, diventano quasi banali.

Non si esce vivi dagli anni Novanta
Solo che, il tempo in cui restiamo vivi è poco: da lì quella rabbia che una volta era accolta come un guanto di sfida e che oggi molti potrebbero trovare frustrante. Una volta morti comunque non si ricomincia subito. Succede invece qualcosa di strano, Linda si ritrova in un limbo. Fino a qui sembrerebbe solo un espediente narrativo come un altro, mentre in realtà in questo limbo dobbiamo agire, correre verso una luce che ha la forma di due ali. Nel frattempo gli sviluppatori ci lanciano qualche commento beffardo, del tipo, Forse dovresti passare a un casual game, o ancora, I vincenti non usano droghe (citazione di una vecchia scritta che compariva nei cabinati delle sala giochi). Perché farsi questa scarpinata verso la luce ogni volta? Un po' perché lo scopo non è correre alla fine del gioco, ma pazientare e cercare di risolvere l'enigma che abbiamo di fronte. E un po' perché ricominciare subito di fretta e furia potrebbe solo generare una serie infinita di morti. O magari gli sviluppatori avevano solo bisogno di una scusa per caricare il gioco senza darlo a vedere. Il limbo si può amare oppure odiare. Dipende da che tipo di giocatore siete. Comunque anche questa è una scelta di stile, per altro in linea con la serie di cliché con i quali Digital Happiness pare divertirsi parecchio. Dove invece non c'è niente di già visto è nel comparto audio, che sfrutta musiche e rumori in maniera magistrale per attirare la nostra attenzione su un particolare o semplicemente per farci scorrere un rivolo di sudore lungo la schiena. Per quello che abbiamo potuto vedere fino a qui, DreadOut ha le potenzialità per diventare un ottimo survival horror. La chiusura del primo atto è perfetta e ci lascia pieni di domande e di curiosità per gli orrori che seguiranno. Adesso Digital Happines deve solo sfruttare il tempo e il nuovo budget a disposizione per smussare gli spigoli e dare una ripulita alle meccaniche di gioco. Noi restiamo in attesa. Finché c'è batteria, c'è speranza.

Requisiti di Sistema PC

  • Configurazione di Prova
  • La redazione usa il Personal Computer ASUS CG8250
  • Processore Intel Core i7 2600
  • 8 GB di RAM
  • Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
  • Sistema operativo Windows 7
  • Requisiti Minimi
  • Processore Intel Dual-Core 2.4 GHz o AMD Dual-Core Athlon 2.5 GHz
  • RAM 2 GB
  • Scheda video NVIDIA GeForce 8800GT o AMD Radeon HD 3830 o Intel HD Graphics 4000 con 512 MB VRAM e minimo 128 Bit
  • Direct X 9.0c
  • Sistema operativo Windows Windows 7 / 8 64 bit

Pro

  • Fa un ottimo uso di rumori e melodie
  • Tantissimi spettri per i quali servono strategie sempre diverse
  • Atmosfera densa e autentica
  • Ambientazioni appaganti da esplorare

Contro

  • Finché dura tiene i nervi a fior di pelle, ma sono solo poche ore
  • Il puzzle principale avrebbe bisogno di qualche indizio in più
  • Bisogna attendere l'uscita della seconda parte
  • Ha bisogno di un po' di pulizia

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