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Non si vive di solo vino

Creato il 17 maggio 2014 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr
Non si vive di solo vino

In un precedente pezzo ho parlato di vino, precisando che l’argomento mi appassiona e che mi piace gustarlo, ora vorrei aggiungere che c’è un altro alimento per il quale sento uguale trasporto e passione. Amo la terra e i suoi prodotti più semplici: pane e vino che sono alla base di tutte le culture antiche. Si sente spesso paragonare una persona buona a un pezzo di pane, questo perché non c’è cibo più importante e fondamentale per una corretta e sana alimentazione. Il profumo del pane appena sfornato mi ispira il ricordo delle bionde spighe mature che a giugno nei campi si piegano sotto il peso dei chicchi, e attiva in me tutti i sensi: mi stimola la vista con il suo colore dorato, l’olfatto col quel profumo unico e inconfondibile, il tatto sfiorandone la crosta ruvida, l’udito quando toccandolo sento il suo “croccante” rumore sotto le dita e, naturalmente, il gusto con il suo sapore che sazia e non stanca. Pane e olio, pane e pomodoro, pane in una bella ciotola di latte fresco, conoscete qualcosa di meglio, di più genuino? Il pane è un cibo antichissimo e la conoscenza casuale di questo alimento risale addirittura al paleolitico, quando si pressavano i chicchi schiacciandoli tra due pietre e la farina così ottenuta veniva mescolata con acqua per formare una poltiglia che si mangiava cruda fino a quando un giorno per caso ne cadde un poco su una pietra rovente e l’uomo, (o forse meglio la donna chissà?) si accorse che il cibo “cotto” cambiava completamente sapore. Gli Egiziani perfezionarono l’alimento con la scoperta della fermentazione e per loro il pane divenne simbolo di ricchezza. Anche i Greci furono bravi panettieri e seppero migliorarlo aggiungendo altri prodotti semplici della terra quali latte, olio, miele, olive e erbe aromatiche, come si fa ancora oggi. Il pane non mancava mai sulla tavola degli antichi Romani. Prima veniva preparato nelle case, mentre in seguito allestirono dei veri e propri forni pubblici, dando inizio alla produzione del pane artigianale. Un’arte sviluppata e promossa perché alla base delle campagne militari dell’antica Roma, in quanto ai legionari veniva data come razione giornaliera pane e formaggio che poteva essere consumata anche durante la marcia. La storia del pane si perde dunque nella notte dei tempi, sempre presente nella corretta alimentazione di tutti i popoli fino ad arrivare ai giorni nostri . Lo conosciamo sotto varie forme, usiamo diversi nomi a seconda delle località in cui viviamo e diventa rosetta nel Lazio o coppia nel ferrarese e ancora piadina in Romagna, pane d’Altamura in Puglia, pane carasau in Sardegna, e si potrebbe continuare l’elenco perché se ne conoscono oltre 200 tipi in tutta Italia.

Concluderò questa amena dissertazione con un breve accenno storico ricordando il famoso agronomo Nazareno Strampelli, marchigiano nato in provincia di Macerata nel 1866 e morto a Roma nel 1942, che fu uno dei più importanti esperti italiani di genetica agricola del suo tempo. I suoi sforzi lo condussero alla realizzazione di decine di varietà differenti di frumento, che egli denominò "Sementi Elette” alcune delle quali ancora coltivate, che consentirono, in Italia e nei paesi che le impiegarono, importanti aumenti nella produzione media per ettaro, con conseguenti benefici sulla disponibilità alimentare delle popolazioni. Contribuì coi suoi studi e le sue sperimentazioni alla riuscita della “battaglia del grano” quando nel 1925 Mussolini decise di promuovere l’autosufficienza nella produzione di tale prezioso cereale e fu nominato membro del Comitato permanente del grano. Mussolini si rivolse a tutti gli accademici per avere un riscontro sulla situazione effettiva nel territorio nazionale, e furono incrementati i finanziamenti per aumentare il numero di addetti alle ”cattedre ambulanti” soprattutto al sud, affidando loro il compito di istituire campi dimostrativi di almeno un ettaro in ogni comune. Lo scopo era quello di aumentare la propaganda e la sperimentazione agraria. Ulteriori finanziamenti vennero poi concessi alle regie stazioni agrarie ed ai vari istituti agrari, e in ogni provincia venne istituita una commissione per la propaganda granaria. Vennero assunti anche importanti provvedimenti per il credito agrario, ai fini di incoraggiare dissodamenti, soprattutto per le aree a coltura estensiva del sud e per quelle appena bonificate delle grandi paludi. Infine un altro decreto introdusse i concorsi a premi tra gli agricoltori per la produzione frumentaria. Soltanto sei anni più tardi, l'Italia riuscì ad eliminare un deficit sulla bilancia commerciale di 5 miliardi di lire e a soddisfare quasi pienamente il suo fabbisogno interno di frumento, inferiore solo di poco alle aspettative perché nel frattempo era aumentata la popolazione. Nello stesso anno l’Italia raggiunse anche un primato internazionale: superò per la produzione di frumento per ettaro gli Stai Uniti che avevano un record fino ad allora considerato ineguagliabile. Nelle scuole per educare i piccoli all’amore verso il grano, si studiava la poesia scritta dallo stesso Mussolini nel 1925: Amate il pane: cuore della casa, profumo della mensa, gioia del focolare. Rispettate il pane: sudore della fronte, orgoglio del lavoro, poema di sacrificio. Onorate il pane: gloria dei campi, fragranza della terra, festa della vita. Non sciupate il pane: ricchezza della Patria, il più soave dono di Dio, il più santo premio alla fatica umana.

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