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Non so voi ma io sto dalla parte del Grinch

Creato il 23 dicembre 2012 da Astorbresciani
Non so voi ma io sto dalla parte del Grinch Lo so, fra poche ore è Natale e dovrei essere più buono del solito, più docile. Ma confesso che il Natale di quest’anno mi sta sul piloro, come gli ultimi Natali per altro. Se non fosse che ho tre nipotine molto piccole, alle quali non posso certo sottrarre le illusioni e le atmosfere natalizie che resteranno impresse su di loro come un imprinting, disferei l’albero. Alla faccia dello Spirito del Natale di Dickens e di Babbo Natale! – dirà qualcuno. A proposito di Santa Claus, mi vengono in mente le parole di Jack La Motta, il grande pugile statunitense ma di origini italiane conosciuto come “Toro scatenato”. Diceva: “Eravamo così poveri che a Natale il mio vecchio usciva di casa, sparava un colpo di pistola in aria, poi rientrava in casa e diceva; spiacente ma Babbo Natale si è suicidato”. No, non è un aneddoto macabro. Se mai, è realista e attuale. La Motta era nato nel 1921 e da piccolo conobbe i Natali della “Grande Depressione”. Noi stiamo conoscendo Natali non meno depressivi e non solo perché c’è la crisi. La verità è che i Natali del XXI secolo sono affannose corse ad ostacoli verso il pranzo ipercalorico e i regali vacui e anziché indurre gioia e benevolenza sviluppano emozioni negative, sentimenti di rabbia, disgusto e rifiuto. Si sa che la gente si scanna per un parcheggio in centro alla vigilia di Natale, salvo poi convertirsi al buonismo per poche ore il giorno dopo, quando fa finta di credere che sia nato il Bambinello. Da tempo il Natale è asservito alle logiche perverse del consumismo e la sua sacralità si è progressivamente liquefatta, sicché il periodo natalizio assomiglia sempre più alle umilianti forche caudine. Bisogna passarci sotto per forza, con fatica, cercando di contenere le spese e limitare i danni. Ma è una prova che infiamma i nervi e genera stizza. Senza contare - è una questione di prospettive che andrebbero considerate - che Natale significa perpetrare l’olocausto degli animali. Come dice l’oca Ferdinand nel film Babe: “Natale significa mangiare e mangiare significa morte! La morte significa carneficina; il Natale è una carneficina”. In effetti, bisognerebbe chiedere ai tacchini e alle oche cosa pensano del giorno in cui Gesù venne al mondo in mezzo al bue e all’asinello. A parte questo, mi chiedo come si possa festeggiare ancora una ricorrenza in cui emergono in modo drammatico e odioso le sperequazioni sociali, le ingiustizie umane, l’egoismo e l’ipocrisia che i mediocri indossano come fosse un abito di gala. Confesso che mi viene il prurito alle mani quando penso che una minoranza della comunità cristiana ha troppo e sperpera cafonescamente mentre la parte più cospicua si nutre di vane speranze e rimpianti. Senza contare che ci sono persone che non possono permettersi nemmeno di sperare o rimpiangere. Due anni fa, il quotidiano La Provinciadi Como, Lecco, Varese e Sondrio pubblicò un mio editoriale dal titolo: “E se abolissimo il Natale per scoprire quanto ci manca?” (http://www.giuseppebresciani.com/2011/01/e-se-abolissimo-il-natale-per-scoprire.html). Già allora mi lamentavo di cosa è diventato il Natale e perché sarebbe giusto abolirlo e insieme festeggiarlo ogni giorno. La mia proposta è caduta nel vuoto, naturalmente, e anche quest’anno abbiamo assistito alla liturgia mondana del Natale con scoramento, preoccupazione, mestizia. Il Natale 2012 è come una coperta sempre più corta e ruvida. Quest’anno ho deciso di non fare regali né di accettarne. È una forma innocua di contestazione e non ne abbiano a male coloro che pagheranno lo scotto della mia protesta. 
Quest’anno, e lo dichiaro senza riserve, sto apertamente dalla parte del Grinch. Avete presente di cosa parlo? Il Grinch è un personaggio fantastico creato nel 1957 da Dr. Seuss e fece la sua prima apparizione pubblica nel libro How the Grinch stole Christmas (“Come il Grinch rubò il Natale”). La sua popolarità negli Stati Uniti d’America è pari a quella di Pinocchio in Italia. La sua fama si è diffusa anche da noi grazie all’omonimo film uscito nelle sale cinematografiche dodici anni fa e interpretato dall’attore comico Jim Carrey. Chi ha visto il film ricorderà che il Grinch è una creatura verdognola, pelosa e sgradevole che vive come un eremita sulla cima di un monte e detesta il Natale, tant’è che ruba gli alberi natalizi dei Nonsochì, gli abitanti di Chinonso. Perché il Grinch odia il Natale? Perché non sopporta l’ipocrisia della gente, che passa la maggior parte del proprio tempo in preparativi, acquistando regali, addobbi e alimenti per festeggiare. Il suo fastidio lo porta persino a fulminare le luminarie. In città c’è una sola persona che si preoccupa di lui, è la piccola Cindy-Lou, che come il Grinch si sente a disagio a causa della ritualità del Natale e diventa sua amica. Il film ha un lieto fine; quando i Nonoschi capiscono il vero significato del Natale, anche il Grinch inizia a festeggiarlo. Io preferisco il Grinch prima maniera a quello che si converte a una religiodel Natale la cui liturgia è insopportabile. Sì, preferisco il Grinch che punta il dito sul Natale e lo sconfessa dal momento che è consacrato allo scambio di doni forzati, all’ingordigia, all’ubriachezza, al sentimentalismo più melenso, all’impostura, alla noia e alle false virtù domestiche. La verità è che siamo tutti legati a un Natale che non esiste più e forse non è mai esistito. Un cordone ombelicale fatto di ricordi irrinunciabili e affetti ci vincola ai giorni di Natale della nostra infanzia, quando eravamo puri, ingenui al punto di credere a Babbo Natale, alle renne e alle strenne, e alla bontà del cuore. Ma siamo cresciuti e i tempi sono cambiati. L’umorista inglese Wodehouse profetizzava che “il Natale ci arriverà presto alla gola”. Aveva ragione. Credo che il Natale 2012 abbia provocato in molti italiani qualche conato. Non si è arrivati al punto di vomitare, sia chiaro (questo sfogo è più facile pensando alla miserabile casta dei politici nostrani), tuttavia è come se l’immaginario natalizio provocasse una reazione allergica. Un tempo non era così. Sono diventato un aspirante Grinch lentamente, gradualmente. Non ne posso più di fingermi felice e buono in base al calendario, di essere obbligato a spendere per compiacere i commercianti e l’industria, di salutare un avvento che è svuotato di sacralità e non rispetta le verità storiche. Non sarebbe ora di spiegare ai giovani che Gesù non è nato il 25 dicembre e che questa data fu scelta dai “politici” della Chiesa per sovrapporsi alla principale festività del mitraismo e fagocitarla? E non sarebbe il caso di raccontare ai bambini che il vero eroe del Natale non è l’omone con la barba bianca e la veste rossa ma il povero, scorbutico Grinch? In ogni caso, auguro ai miei lettori Buon Natale. E buona digestione, stomaco permettendo.

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