Per molti anni, in particolare quelli caratterizzati dall’idillio tra la Cancelliera Merkel e il Presidente Sarkozy, ribattezzato dai media Merkozy data la comunanza di visione politica, si è sostenuto che l’intera impalcatura dell’UE si reggesse sul asse Franco-tedesco e di come quest’asse garantisse il perdurare dell’Euro.
Le cose sono leggermente cambiate con l’elezione a Presidente di Hollande. Il nuovo Presidente francese infatti sembra non condividere, almeno a parole, le politiche incentrate sull’austerità promulgate dalla Germania, questo ha fatto si che alla Cancelliera Merkel, che in campagna elettorale aveva pubblicamente sostenuto e auspicato la rielezione di Sarkozy, sia venuto a mancare non tanto un vero alleato, perché la Francia rimane tale, ma l’immagine, o l’idea, che l’Unione si reggesse appunto sull’alleanza tra i due grandi Paesi e che non fosse, come adesso invece risulta chiaro ai più, la sola Germania a detenere il controllo.
Come ha già spiegato nella nostra ultima intervista il dott. Fortis, la Francia ha degli indubbi benefici, sopratutto a livello economico/finanziario, a rimanere comunque alleato della Germania e a non tirare troppo la corda sulla crescita rispetto all’austerità: “La realtà è che lo spread francese sinora è rimasto basso perché ciò conviene anche alla Germania. Perché se venisse a cadere la Francia l’eurozona si ridurrebbe, di fatto, solo alla Germania e quindi non esisterebbe più. La Germania ha bisogno della Francia per poter dire che questa Europa, ben lontana da quella immaginata dai padri dell’europeismo, esiste ancora. E la Francia per i tedeschi è la foglia di fico con cui possono giustificare lo status quo delle attuali politiche economiche disastrose da essi stessi imposte ai Paesi partner.”
Le ultime notizie d’oltralpe che arrivano nel nostro Paese stanno però disegnando uno scenario politico radicalmente mutato. In un recente sondaggio pubblicato dal settimanale di sinistra Nouvelle Observateur il Front National, partito nazionalista ed euro-scettico fondato da Jean-Marie Le Pen e ora guidato dalla figlia Marie Le Pen, è attestato al 24% due punti in più del partito di centro-destra e cinque in più del Partito Socialista. Inoltre, la vittoria del Front National nelle comunali di Brignoles garantisce una spinta notevole al partito, soprattutto in vista delle elezioni europee del maggio di quest’anno, dove i francesi voteranno con il proporzionale e non con il doppio turno, che storicamente penalizza i partiti minori.
Naturalmente un’ondata di critiche ed allarmi si è levata al crescere del Front National e alla luce dei sondaggi citati; il Presidente Hollande ha richiamato i francesi e tutta l’opinione pubblica a “rialzare la testa di fronte agli estremismi e alla xenofobia”, richiamo molto simile a quello effettuato qui in Italia contro i populismi dal Presidente della Repubblica Napolitano e dall’ex Presidente del Consiglio Mario Monti che quand’era ancora in carica ipotizzò la programmazione di un summit europeo a Roma contro la crescita dei populismi in Europa.
Naturalmente la bocciatura di populismo ed estremismo è stata automatica, mentre screditata e sminuita la sempre maggior insofferenza dei cittadini transalpini per le sempre più frequenti intromissioni dei vertici comunitari nelle politiche nazionali interne, come sottolinea anche Krugman in un suo post:
“Sul suo blog, l’economista oxfordiano Simon Wren-Lewis ha fatto notare che la Francia sta adottando politiche di bilancio severissime, molto più di quello che sarebbe logico in questo contesto macroeconomico. Wren-Lewis fa anche notare, però, che il Governo di Parigi ha eliminato il suo disavanzo di bilancio strutturale attraverso aumenti delle tasse, più che attraverso tagli alla spesa.
E Olli Rehn, il commissario agli affari economici e monetari dell’Unione Europea, invece di elogiare i francesi per la loro responsabilità nella gestione dei conti pubblici e la loro disponibilità a sfidare le leggi basilari della macroeconomia pur di abbracciare il vangelo dell’austerity, dichiara furibondo che la temperanza finanziaria deve venire dai tagli alla spesa.
Come fa notare Wren-Lewis, il signor Rehn in questo caso sta palesemente travalicando i suoi compiti: la Francia è una nazione sovrana, con un Governo regolarmente eletto, e tra l’altro non ha chiesto alla Commissione aiuti speciali di alcun genere. Pertanto Rehn non ha nessun titolo per dire ai francesi se e quanto grande debba essere il loro settore pubblico.”
Questo sentimento d’insofferenza verso le istituzioni europee e la moneta unica, non impensabile in un Paese tra i fondatori dell’UE ma dotato di una forte tradizione nazionalista come è la Francia, fino ad ora era delimitato appunto a partiti minori e a quella che potremmo definire la periferia dei grossi centri di governo nazionali. Questo era vero fino a pochi giorni fa.
L’ultima feroce critica all’euro arriva infatti da quello che si potrebbe definire un “insider”, un uomo delle istituzioni: François Heisbourg; personalità del Quai d’Orsay, il Ministero degli Esteri francese, è stato un ardente federalista europeo e sostenitore di lunga data dell’UEM, e attualmente presidente del prestigioso International Institute for Strategic Studies (IISS).
Nel suo ultimo libro, La Fin du Rêve Européen, La fine del sogno europeo, il prof. Heisbourg spiega come all’interno dello scenario europeo l’accanimento, non delle politiche d’austerità, ma dell’esistenza dell’euro sta mettendo in pericolo l’Unione stessa: ” . . Il sogno si è trasformato in un incubo. Dobbiamo affrontare la realtà: la stessa Unione europea è minacciata dall’euro. Gli attuali sforzi per salvarlo stanno ancor più mettendo in pericolo l’ Unione”.
“Non c’è niente di peggio che dover affrontare le livide mattine (matins blêmes ) di una crisi senza fine, ma non abbiamo intenzione di evitarle negando la realtà, e Dio sa che il rifiuto della realtà è stato per molto tempo, per impostazione predefinita, il modo di operare dei responsabili delle istituzioni dell’Unione europea.”
Il prof. Heisbourg, anche ammettendo che egli stesso che sarebbe molto felice di assistere al grande balzo in avanti verso un superstato federale dell’UE, definisce questo sogno “pura fantasia” e dichiara esplicitamente fallito il tentativo di creazione di un popolo europeo: “L’integrazione ha raggiunto i limiti della sua legittimazione“, definendo le intrusioni dell’UE, una volta sopportate come “sgradevoli”, oramai “insopportabili”.
Si può essere d’accordo o meno con le tesi espresse dal prof Heisbourg, ma è innegabile che la sua conversione ci dice molto circa gli umori negli ambienti politici francesi, e manifesta le crepe che si nascondono sotto la facciata del progetto europeo. Dopo la piccola Brignoles, ora tocca al cuore diplomatico di Parigi e una volta che il Quai d’ Orsay inizia a infrangere il tabù, potremmo essere vicini ad un punto di svolta politica.
Le peggiori paure delle élite dell’Unione Europea iniziano a diventare realtà. Ed è tutta colpa loro.